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Scenari post Riina, Scarpinato: «Possibili nuove guerre di mafia»

Di Redazione |

Palermo– Dopo la morte di Riina «o ci sarà l’investitura di un nuovo capo, nella persona di Matteo Messina Denaro, che dovrebbe però avere un riconoscimento unanime come erede e allora potrebbe stabilire nuove regole, più moderne, per Cosa Nostra. O si aprirà una fase di transizione difficile, in cui alcuni personaggi emergenti potrebbero imporre la loro leadership con azioni violente. Oppure, ancora, potrebbe essere raggiunto un accordo tra i capi più prestigiosi che potrebbero ricostituire la Commissione, stabilendo nuove regole». A dirlo è Roberto Scarpinato, procuratore generale a Palermo, in un’intervista al Fatto Quotidiano.

«La morte di un capo assoluto e carismatico come Totò Riina determina certamente un cambio d’epoca per Cosa Nostra», afferma Scarpinato. «Ma il cambiamento è determinato anche da altre circostanze: in questi anni è completamente cambiato l’habitat sociale, economico e politico in cui operava la mafia nella Prima Repubblica. Oggi Cosa Nostra ha dovuto riconvertirsi al traffico degli stupefacenti, al settore del gioco on line e si sta trasformando in qualcosa di diverso». Con l’arresto di Riina e degli altri capi, «in Cosa Nostra si è creato un vuoto, non si è potuta più riunire la Commissione provinciale di Cosa Nostra. Negli ultimi tempi – spiega Scarpinato – si era costituita una sorta di ‘Cupolà anomala, con persone senza il ruolo formale di capo-mandamento, che hanno cercato di mantenere una direzione unitaria dell’organizzazione e di evitare conflitti tra le famiglie e di fare affari con tutti». Adesso che Riina è morto, conclude, «una ristrutturazione di Cosa Nostra adeguata alle nuove esigenze è possibile». 

Sul dopo Riina si pronuncia anche il questore di Palermo Renato Cortese in un’intervista al Messaggero: «Non ci sono dubbi che fino a ieri fosse Riina il capo, nonostante la lunga detenzione. Dunque la sua morte può avere conseguenze a vari livelli, criminale ma anche di ordine pubblico». «Oggi i possibili eredi possono essere animati da spinte per riorganizzare i mandamenti».

«Quando si parla di Cosa nostra non si parla solo di Palermo e Corleone o includendo Trapani, come qualcuno può pensare. Cosa nostra ha le anime catanesi, nissene, la pancia nell’agrigentino, gli interessi economici della zona orientale. Un capo – sottolinea Cortese – deve essere capace di mettere insieme identità diverse, lontane anche territorialmente». Per questo il trapanese Matteo Messina Denaro non è automaticamente il capo. «Lui ha ha come unica carta il carisma che gli deriva da 25 anni di latitanza. Basta questo per mettere tutti d’accordo, inclusa Palermo? Ad esempio, bisogna vedere – spiega Cortese – se i palermitani sono ancora disposti a lasciare la leadership a forestieri. Dalle evidenze raccolte, la sua nomina non è scontata». COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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