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Blitz antimafia contro i clan messinesi: così si dividono i rioni, 31 arresti

Di Redazione |

MESSINA – Associazione mafiosa, estorsione, trasferimento fraudolento di valori, sequestro di persona, scambio elettorale politico-mafioso, lesioni aggravate, detenzione e porto illegale di armi, associazione finalizzata al traffico di droga: sono le accuse contestate dalla Dda di Messina, guidata dal procuratore Maurizio de Lucia, a 33 persone coinvolte in un’operazione congiunta di Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia contro i clan mafiosi messinesi.

Per 21 è stata disposta la custodia cautelare in carcere, per 10 gli arresti domiciliari, per 2 l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. 

L’operazione è il risultato di diverse attività di indagine svolte dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale dei carabinieri di Messina, del G.I.C.O. della Guardia di Finanza e della Squadra Mobile, coordinate dalla D.D.A., che hanno consentito di svelare gli organigrammi e gli affari dei clan nelle estorsioni, nel traffico di droga e nel controllo di attività economiche nel campo della ristorazione e delle scommesse.

In particolare, le indagini dei Carabinieri hanno riguardato la cosca mafiosa che controlla il rione messinese di «Provinciale» capeggiata dal boss Giovanni Lo Duca e hanno portato al sequestro di un bar utilizzato come base logistica dal clan.

Le indagini della Guardia di Finanza hanno colpito le attività del gruppo criminale con al vertice Salvatore Sparacio, nel rione «Fondo Pugliatti», documentando il controllo di attività economiche e portando al sequestro di una impresa del settore del gioco e delle scommesse.

Al centro dell’inchiesta della Questura c’era invece il clan guidato da Giovanni De Luca, radicato nel rione di «Maregrosso» e da sempre attivo nel controllo della security ai locali notturni e nel traffico di droga. La cosca è stata già coinvolta nel 2019 nell’inchiesta denominata Flower. I tre gruppi presentano strettissimi profili di collegamento, adottano strategie criminali comuni e operano in pieno accordo dividendosi il controllo del territorio delle rispettive zone. 

I clan mafiosi di Messina «esercitavano un controllo capillare» dei rioni e «qualsiasi iniziativa assunta nel rione era assoggettata al preventivo “placet” di Giovanni Lo Duca che si proponeva quale soggetto in grado di sostituirsi allo Stato nella gestione delle “vertenze” sul territorio».

In particolare, le indagini dei Carabinieri di Messina hanno riguardato come detto la consorteria mafiosa egemone nel rione messinese di “Provinciale” capeggiata “dal noto esponente mafioso Giovanni Lo Duca”, attiva, fra l’altro, nelle estorsioni in danno di esercizi commerciali e nel traffico di sostanze stupefacenti e hanno portato al sequestro di un bar utilizzato come base logistica dell’associazione mafiosa.

Il boss e il territorio

Giovanni Lo Duca è stato in carcere per 13 anni, alcuni dei quali al 41 bis, e appena scarcerato è tornato alla guida del clan. Oggi però è tornato in cella arrestato da Carabinieri, Finanza e Polizia coordinati dalla Dda della città dello Stretto. Le indagini, avviate dopo la scarcerazione di Lo Duca, hanno accertato che il capomafia aveva riassunto le redini dell’organizzazione ed era riconosciuto come punto di riferimento criminale sul territorio, intervenendo «autorevolmente» nella risoluzione di controversie fra esponenti della criminalità. Dopo quasi due anni di intercettazioni e servizi di osservazione, i carabinieri hanno documentato come il suo clan, attraverso il sistematico ricorso alle minacce e alla violenza, con pestaggi e spedizioni punitive, era riuscito ad affermare il pieno potere e a controllare le attività economiche della zona.

Base operativa era il bar «Pino» gestito da Anna Lo Duca, sorella del capomafia che trascorreva le sue giornate nel locale e lì incontrava gli altri esponenti mafiosi per pianificare estorsioni e scommesse sportive anche per conto di un allibratore straniero. Il bar è stato sequestrato. Il boss gestiva le «vertenze» sul territorio (una donna si era rivolta a lui per far rilasciare figlio minorenne che era stato trattenuto contro la sua volontà da un pregiudicato che lo voleva punire per gli insulti postati su Facebook). Lo Duca sarebbe intervenuto ottenendo la liberazione del ragazzo.

Mafia e politica

C’è anche un candidato al Consiglio comunale di Messina, non eletto nel 2018, tra gli arrestati della maxi operazione. In manette è finito Natalino Summa, 52 anni, che nella primavera del 2018 si era candidato al consiglio comunale nella città dello Stretto. Ma il 10 giugno 2018 non fu eletto. L’uomo è accusato di voto di scambio.

Secondo l’accusa Summa, sottoposto agli arresti domiciliari, avrebbe pagato diecimila euro per il sostegno elettorale del clan Sparacio. Le indagini tecniche degli investigatori peloritani hanno consentito “di captare alcune inequivoche conversazioni”, inerenti proprio la prova dell’offerta di denaro, per una somma pari a 10.000 euro, effettuata “al boss dal candidato politico, affinché procurasse un congruo numero di voti per la propria scalata elettorale”, spiegano gli inquirenti.

Questa attività di procacciamento «vedeva in Francesco Sollima, 52 anni, ritenuto trade union tra il politico Natalino Summa ed il boss Salvatore Sparacio, che l’aspirante consigliere comunale incontrava con il padre Antonino Summa, 81 anni». «I riscontri eseguiti hanno consentito di documentare come l’accordo illecito raggiunto consentisse di raccogliere, nei quartieri di operatività del gruppo mafioso, ed altri a questo collegati, in totale, ben 350 voti», spiegano gli investigatori.

I nomi degli arrestati

Le persone arrestate nell’operazione stamani da parte dei carabinieri e portate in carcere sono Giovanni Lo Duca, 49 anni, Emmanuele Balsamo 39, Ugo Ciampi, 40, Tyron De Francesco, 24, Vincezo Gangemi,46, Anna Lo Duca, 47. Franceso Puleo, 52, Maria Puleo, 41, Giovanni Tortorella, 51, Domenco Romano, 38, Ernesto Paone,25, Giuseppe Marra, 32, Mahammed Naji,22, Emanuele Laganà, 40, Mario Orlando, 40, Giuseppe Surace, 35 mentre obbligo d presentazione alla pg per Gaetano Vinci, 50 e Antonina Cariolo, 50. La Guardia di Finanza, sempre nella stessa operazione, ha tradotto in carcere Salvatore Sparacio, nipote del boss Luigi, e ai domiciliari Mario Alibrandi, 47, Carlo Cafarella, 40, Letterio Cuscinà, 40, Antonio Scavuzzo, 47, Antonino Summa, 79, Natalino Summa,51, Francesco Sollima, 51. La polizia infine ha tradotto in carcere Giovanni De Luca, 32, Domenico Mazzitello, 27, Giuseppe Esposito, 28, Kevin Schepis, 22, mentre ai domiciliari Gabriella De Luca 23, Serena Ieni, 32 Antonino Soffli, 43. 

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