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L'OMICIDIO SUICIDIO

«È complice del killer di Riposto», convalidato l’arresto dell’uomo che l’ha accompagnato in auto

Per il giudice, il 55enne ripostese Luciano Valvo è anch’egli responsabile dell’omicidio di Melina Marino

Di Mario Previtera |

Il Gip Luca Lorenzetti ha disposto la custodia cautelare in carcere per il 55enne ripostese Luciano Valvo, fermato dai carabinieri per concorso in omicidio, su disposizione della Procura di Catania, nell’ambito dell’inchiesta su uno dei due femminicidi di Riposto, dove l'ergastolano Salvatore "Turi" La Motta, 63 anni,  mentre era in permesso premio ha ucciso  Carmelina "Melina" Marino, di 48 anni (freddata nella sua auto nel lungomare Pantano), e Santa Castorina, di 50, assassinata sul marciapiede della centralissima via Roma, prima di togliersi la vita. Come conferma il suo legale, avv.Enzo Iofrida, secondo il Gip il Valvo è anch’egli responsabile dell’omicidio.

L’auto con cui l’assassino arriva e poi va via dal lungomare Pantano è la Volkswagen Golf nera di Luciano Valvo che era stato fermato  per concorso nell’omicidio di Melina Marino. Nell'interrogatorio davanti al Gip si era avvalso della facoltà di non rispondere dopo aver rilasciato dichiarazione spontante in cui ha affermato di essere «assolutamente innocente» e aver detto di avere dato «soltanto dato un passaggio in auto» a Turi La Motta. Ma evidente il Gip non lo ha creduto.

Il suo difensore, dopo l’interrogatorio di convalida, aveva precisato che «non è vero che Valvo abbia accompagnato La Motta a casa» dopo il delitto, «come si può rilevare dall’analisi del gps della sua auto» e che «non stava scappando quando è stato arrestato, perché era a casa».

Nel provvedimento il Gip riporta la ricostruzione del delitto fatta dalla Procura dopo avere visto il video del delitto ripreso da un sistema di sorveglianza del lungomare di Riposto. Si vede l’autovettura Volkswagen Golf di colore nero intestata e in uso a Valvo che si ferma pochi metri dietro l'autovettura della vittima.

Poi La Motta scende dalla Golf e si dirige verso la Suzuki Ignis della donna, entra nell’abitacolo dallo sportello posteriore destro. La Golf resta con il motore acceso, attende alcuni secondi e, poi, prima ancora che La Motta scende dall’autovettura della vittima, fa una piccola retromarcia e poi torna in avanti con una manovra che, è la tesi dell’accusa sposata dal Gip, «si posizionava per essere pronta per fare salire La Motta e ripartire senza dover fare altre manovre e così allontanarsi in pochi attimi».

Nel provvedimento il Gip Lorenzetti scrive che da «questa seconda condotta» emergerebbe «la consapevolezza di Valvo che ciò che doveva fare La Motta sarebbe durato pochi secondi, tanto da non dovere neppure spegnere il motore dell’autovettura» e che l'indagato dopo l’omicidio di Carmelina Melina Marino «l'autovettura doveva essere pronta per fare salire» l'ergastolano a bordo e «ripartire subito senza dovere fare altre manovre». Ma non solo, scrive il giudice Valvo, dopo il delitto, «riparte subito come se nulla di grave o inaspettato fosse successo».

«Mentre, come esattamente osservato dal Pubblico Ministero – osserva il Gip – qualora Valvo non fosse stato a conoscenza degli intenti del La Motta avrebbe verosimilmente tenuto una condotta diversa, magari uscendo dalla sua autovettura, dopo aver sentito l’esplosione di un colpo di arma da fuoco, per verificare cosa fosse successo, oppure aspettando il rientro del La Motta per chiedergli cosa fosse successo, ovvero, ancora, scappando dal posto per paura senza aspettare La Motta e chiamando i soccorsi e le forze dell’ordine».  COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA