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la tragedia di tremestieri

La piccola Elena uccisa con un coltello da cucina, la mamma era gelosa della compagna dell’ex. La Procura: “Omicidio premeditato”

Il colonnello dei Carabinieri Sica in conferenza stampa: "Martina non tollerava che la figlia si affezionasse alla donna". "E' emerso il quadro di una famiglia non felice, in cui la gioia della figlia non ha compattato la coppia. I due ex non apparivano rispettosi l’uno dell’altro"

Di Redazione |

 L’ha colpita più volte con un coltello da cucina all'orecchio, al collo e alle spalle e poi ha messo il corpicino in dei sacchi neri, uno dentro l'altro, prima di nasconderlo sotto terra. Così Martina Patti, secondo quanto lei stessa ha raccontato a investigatori e inquirenti, ha ucciso la figlia Elena. La donna, sottolinea la procura, ha anche precisato di aver «portato a termine l’orrendo crimine in maniera solitaria».  Sul corpo della bambina, un primo esame medico legale «ha evidenziato molteplici ferite da armi da punta e taglio alla regione cervicale e intrascapolare». 

Elena potrebbe essere stata uccisa dalla madre Martina Patti «per via di una forma di gelosia nei confronti dell’attuale compagna dell’ex convivente» in quanto non tollerava che alla donna «vi si affezionasse anche la propria figlia» scrive la procura di Catania in una nota in cui ricostruisce l’omicidio della piccola.

L’accusa contestata dalla Procura di Catania a Martina Patti nel fermo per omicidio volontario pluriaggravato e occultamento di cadavere è quella che avrebbe premeditato l'omicidio della figlia. La contestazione si basa sulla ricostruzione della dinamica del delitto da parte dei carabinieri. Alla donna, nella prima fase dell’inchiesta, è stato anche contestato anche il reato di false informazioni al pubblico ministero per avere mentito.

L’ipotesi che la piccola Elena fosse stata rapita da un gruppo di uomini incappucciati, come denunciato dalla madre nel pomeriggio di ieri, è stata smentita dalle telecamere di sorveglianza, «nonostante una strenua difesa ad oltranza della propria versione» da parte della donna. Lo afferma la procura di Catania sottolineando che «le prime risultanze investigative hanno consentito di accertare la mancata corrispondenza al vero del fatto denunciato, attesa l'assenza di gruppi 'armati' in via Piave nelle fasce orarie indicate».   Secondo il racconto della donna, il rapimento della figlia sarebbe stato «una conseguenza del comportamento dell’ex compagno, per non aver ascoltato precedenti messaggi minatori fattigli recapitare presso la propria abitazione in ragione del tentativo posto in essere di individuare il reale complice di una rapina ai danni di una gioielleria di Catania al posto del quale venne arrestato» il 15 ottobre del 2020 e «successivamente assolto nel settembre 2021 per non aver commesso il fatto». 

 Quello che è emerso dalle indagini è un «quadro di una famiglia non felice, in cui la gioia della figlia non ha compattato la coppia» ha detto il comandante del reparto operativo dei Carabinieri di Catania, il colonnello Piercarmine Sica, in conferenza stampa dopo il fermo della madre della piccola Elena, escludendo che vi sia «il coinvolgimento di altri» nell’omicidio.   Il movente, ha confermato l’ufficiale, «può essere la gelosia nei confronti della nuova compagna dell’ex convivente ma anche per l’affetto che Elena mostrava nei confronti della donna». Su questo però Martina Patti «non ha detto nulla. E’ rimasta sul vago, come se non si fosse resa conto di quello che ha fatto. E' come se avesse detto 'l'ho fatto ma non so perché».

La situazione familiare è emersa dalle testimonianze raccolte per tutta la notte dagli investigatori, a partire da quella delle stessa Martina Patti e dell’ex compagno Alessandro Del Pozzo. E’ emerso, dice la Procura, «un triste quadro familiare costituito da due ex conviventi che, a prescindere dalla gestione apparentemente serena della figlia Elena, avevano allacciato nuovi legami e non apparivano rispettosi l’un l’altro». 

 Per tutta la notte, però, la mamma di Elena ha continuato a raccontare la sua versione – e per questo gli è stato contestato anche il reato di false informazioni al pubblico ministero – e solo nella tarda mattinata ha ceduto, quando i Carabinieri «si apprestavano a effettuare i rilievi nell’abitazione» dove Martina ed Elena vivevano. A quel punto ha confessato.

«E' stato un interrogatorio drammatico» di una «donna distrutta e molto provata che ha fatto  qualcosa che neppure lei pensava di poter fare», agendo come se "qualcuno si fosse impadronito» di lei, dimostrandosi "tutt'altro che fredda e calcolatrice». Così l’avvocato Gabriele Celesti che difende Martina Patti, la 23enne fermata per l'uccisione della figlia Elena, di 5 anni. «Farò incontrare la mia assistita con uno psichiatra di fama – aggiunge il penalista  – aggiunge il penalista – per verificare le sue condizioni e dopo decideremo sulla perizia. Devo dare atto di grande correttezza ai carabinieri e  alla Procura». COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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