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la cattura del boss

Matteo Messina Denaro, le cure oncologiche sotto il falso nome di Andrea Bonafede

Alla Maddalena era stato operato un anno fa, ma i problemi di salute dell'ex latitante sarebbero molti

Di Fabio Russello |

Andrea Bonafede. Era questo il falso nome col quale Matteo Messina Denaro si era presentato alla clinica La Maddalena, un centro di eccellenza per le cure oncologiche, per sottoporsi alle analisi. La conferma è arrivata dalla stessa clinica che in una nota ha confermato: «In ordine all’arresto di Matteo Messina Denaro, eseguito oggi in area limitrofa all’ospedale La Maddalena, si precisa che lo stesso era in terapia oncologica, sotto falso nome, presso la Casa di cura». I vertici della clinica hanno fatto sapere che «sono state date immediate disposizioni all’amministrazione, alla direzione sanitaria, ai medici del reparto e al personale parasanitario di fornire alle forze dell’ordine, che si ringraziano, tutta la documentazione clinica del paziente e puntuali risposte alle informazioni richieste.

Negli ospedali presentava una carta d’identità rilasciata dal comune di Campobello di Mazara dove risultava nato il 23 ottobre 1963 e dove sarebbe stato residente in via Marsala. Il boss è nato invece a Castelvetrano il 26 aprile 1962. Il mafioso aveva anche un codice fiscale con i dati relativi a Andrea Bonafede. 

Che Matteo Messina Denaro avesse dei problemi di salute era un sospetto che gli amministratori nutrivano da tempo. E dai primi accertamenti sono arrivate le conferme: il boss un anno fa era stato operato proprio alla clinica Maddalena e da allora stava facendo delle terapie in day hospital. Problemi di salute che si avvertivano da tempo. Tracce del boss superlatitante risalenti al gennaio del 1994, quando in Spagna, a Barcellona, si sarebbe sottoposto, in una nota clinica oftalmica, ad un intervento chirurgico alla retina. Ma non solo: avrebbe accusato – sempre secondo risultanze investigative di alcuni anni fa- una insufficienza renale cronica, per la quale avrebbe dovuto ricorrere a dialisi. Per non rischiare l’arresto durante gli spostamenti per le cure ed i trattamenti clinici, il boss avrebbe installato nel suo rifugio pure le apparecchiature per la dialisi. Una importante conferma sulle patologie accusate dal superlatitante giunse nel novembre scorso dal pentito Salvatore Baiardo, che all’inizio degli anni '90 gestì la latitanza dei fratelli Graviano a Milano. Il pentito rivelò che Matteo Messina Denaro era gravemente malato e che proprio per questo meditava di costituirsi.

Il boss mafioso era stato operato nel 2021 per alcune metastasi al fegato. Un percorso clinico che era cominciato quando al capomafia era stato diagnosticato un cancro al colon. Sarebbe stato operato nell’ospedale Abele Ajello di Marsala. Da allora si era sottoposto a cicli di chemio e visite fino alla scoperta del tumore al fegato. Dopo l’operazione alla Maddalena si sarebbe sottoposto a cicli di chemio una volta ogni sei mesi. 

Non è il primo caso di boss che hanno bisogno di cure. Sessanta anni fa Luciano Liggio, apripista delle stragi «corleonesi» , si fece ricoverare sotto la falsa identità di Michele Centineo nella struttura pubblica Ospizio Marino di Palermo, contigua al Grand hotel Villa Igea, perché divorato dall’osteoporosi. Quando gli investigatori se ne resero conto, il latitante era già stato dimesso. La moglie di Totò Riina, Antonietta Bagarella, egualmente latitante, partorì in una clinica privata di Palermo, dove era registrata con il suo vero nome. Anche in questo caso la scoperta avvenne in ritardo. E sempre durante la latitanza Bernardo Provenzano fece ricorso ad una clinica di Marsiglia per un intervento alla prostata. Quando gli inquirenti si presentarono in quella struttura trovarono solo un frammento di «Binnu» – già dimesso – e cioè un suo campione di tessuto biologico sottoposto ad esame istologico.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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