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Stromboli, un algoritmo segnala il parossismo imminente

Le rilevazioni sugli eventi del luglio del 2019 danno nuove indicazioni agli studiosi

Di Redazione |

I dati del monitoraggio di Stromboli sono stati analizzati con un nuovo approccio dagli scienziati. Lo studio ha evidenziato possibili ulteriori segnali e meccanismi da tenere d'occhio nelle fasi di «irrequietezza» del vulcano (cosiddetta unrest).

È questo lo spunto offerto dalla ricerca «The 2019 Eruptive Activity at Stromboli Volcano: A Multidisciplinary Approach to Reveal Hidden Features of the "Unexpected» 3 July Paroxysm», recentemente pubblicata sulla rivista internazionale 'Remote Sensing' di MDPI.   

Lo studio, condotto da un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) in collaborazione con il prof. Roberto Scarpa dell’Università di Salerno e con il prof. Carmelo Ferlito dell’Università degli Studi di Catania, è stato effettuato analizzando a posteriori i segnali che hanno preceduto il parossismo di Stromboli del 3 luglio del 2019.   

«Osservando da un nuovo punto di vista i dati che vengono normalmente acquisiti a Stromboli dalle nostre reti di monitoraggio multiparametriche», spiega Mario Mattia, ricercatore dell’INGV e primo autore della ricerca, «siamo stati in grado di ricostruire la sequenza della fase di unrest del vulcano che ha preceduto l’evento del 3 luglio 2019».

Analizzando l’insieme dei dati a disposizione (dati geodetici, satellitari, delle telecamere, dati termici e di deformazione del suolo acquisiti tramite strumenti ad alta precisione), i ricercatori hanno scoperto dei possibili cambiamenti nello stato del vulcano evidenziabili nei momenti immediatamente precedenti la crisi parossistica. 

 «I parossismi come quello del 3 luglio sono particolarmente pericolosi poiché producono dei segnali estremamente difficili da interpretare: si pensi, ad esempio, al conteggio del numero delle esplosioni o degli eventi VLP, ovvero eventi sismici a bassa frequenza tipici dei vulcani attivi, che non vanno incontro a un incremento significativo nelle fasi precedenti un parossismo», prosegue Mattia. «Partendo da queste considerazioni, ci siamo concentrati su alcuni specifici parametri, come i segnali ad alta frequenza registrati dai dilatometri, ovvero dei sensori posti in foro profondo a circa 200 metri sotto la superficie che misurano le più piccole variazioni delle deformazioni del suolo: abbiamo notato che questi segnali corrispondevano effettivamente a quelli VLP registrati dai sismografi, tuttavia presentavano una forma d’onda specifica che, prima del 3 luglio, è improvvisamente cambiata», spiega.

Inoltre, utilizzando un algoritmo automatico sono state rianalizzate le immagini riprese dalle telecamere di sorveglianza presenti a Stromboli. In tal modo, i ricercatori hanno notato un incremento nell’intensità e nell’energia delle esplosioni del vulcano già a partire da circa un mese prima del parossismo di inizio luglio. "Riteniamo che questo approccio e questo modello proposto possano essere molto promettenti per il monitoraggio dello Stromboli», conclude Mattia.   COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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