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Pentito in aula: «Raffaele Lombardo ha incontrato Angelo Santapaola»

Pentito in aula: «Raffaele Lombardo ha incontrato Angelo Santapaola»

Le accuse del boss all’ex presidente della Regione nell’appello per concorso esterno alla mafia Duro confronto con gli avvocati al controesame. Emerse contraddizioni e tanti «non ricordo»

Di Orazio Provini |

Quella di Rosario Di Dio, detenuto in regime di 41 bis e con un passato oltre che di associato a “cosa nostra” anche di politico, è una delle testimonianze più attese del processo d’appello per concorso esterno in associazione mafiosa che si celebra ai danni dell’ex presidente della Regione Raffaele Lombardo.

Di Dio, ancora sotto processo in Appello a Catania in “Iblis” (20 anni in 1° grado, chiesto un congruo sconto di pena in secondo) è indicato come personaggio di rango dell’organizzazione, un boss insomma, con un passato di consigliere comunale, assessore, vicesindaco e sindaco di Castel di Iudica e uomo di “peso” a Palagnia.

«Ero nel Psi, dice in videoconferenza ai pm Agata Santonocito e Sabrina Gambino dal carcere dove è detenuto, assistito dal suo avvocato Francesco Passanisi, che gli siede poco distante (nell’aula di Bicocca ieri a rappresentarlo c’era anche l’avvocato Ornela Valenti). Ho fatto politica attiva fino al 1992».

Alcune sue dichiarazioni su Lombardo, rilasciate tra fine 2014 e metà 2015 in due verbali ai sostituti procuratori Agata Santonocito e Antonino Fanara, hanno suscitato polemiche e insinuato qualche “sospetto” nel collegio difensivo dell’ex fondatore del movimento per l’Mpa. Di Dio non si è mai pentito. Si è dissociato dalla mafia, senza saltare come si dice il “fossato”, ma ha voluto rendere dichiarazioni solo su Lombardo.

Quando nel controesame uno dei legali dell’imputato (avvocato Benedetti) glielo fa notare, lui risponde dicendo «di averci pensato a lungo in cella e di essersi voluto in qualche modo liberare la coscienza». Di Raffaele Lombardo dice: «Conoscevo da tempo la sua azione politica e l’ho conosciuto anche personalmente. I suoi genitori passavano spesso dal mio distributore di carburante lungo la Catania-Gela e anche lui, insieme a suo fratello, si fermava spesso quando andava in zona per vicende politiche o per fatti personali. Una volta mi fece dire di andarlo a trovare a Catania per questioni riguardanti i candidati del comitato di gestione dell’Asl in ambito provinciale. Eravamo di partiti diversi e in quel periodo non avevo mai avuto problemi con la giustizia».

Continua Di Dio, che aggiunge: «Poi fui arrestato e condannato per fatti di mafia e la mia posizione di “associato” divenne quindi di dominio pubblico. Nel 2006 Raffaele Lombardo mi chiese comunque un appuntamento con Angelo Santapaola perché doveva chiarire alcune questioni legate alle elezioni e a dei candidati da appoggiare. Venne a casa mia con il fratello Angelo a tarda sera e senza preavviso. Non ricordo bene l’orario, eravano intorno alla mezzanotte. Parlammo una ventina di minuti e gli fissai un appuntamento per un paio di giorni dopo con Angelo Santapaola nel distributore di carburante di Anania, in territorio di Belpasso. Rischiai la galera per andarci, perché ero sorvegliato speciale e gli feci in qualche modo da garante, rischiando anche la vita. Quell’appuntamento ci fu e loro parlarono di accordi per due/tremila voti in cambio di altro. So che si rividero, considerato che si conoscevano da prima. Santapaola però dopo le elezioni mi disse «… sto ancora aspettando il tuo amico, riccillu… ».

Di Dio ha accusato Lombardo di avergli promesso, senza mantenere l’impegno, anche un appuntamento al Consorzio di bonifica affinché il figlio risolvesse questioni legate a ingenti danni subiti nella campagne. «Non fece però nulla, racconta. Mio figlio un giorno aspettò a lungo in quell’ufficio e io ci rimasi molto male».

Nel controesame, i difensori di Lombardo, avvocati Dinacci e Benedetti hanno incalzato a lungo il teste, chiedendo precisi riferimenti e riscontri, per esempio su modalità e orari dei vari incontri e ottenendo numerosi «non ricordo», suscitando non pochi imbarazzi e qualche perplessità. Sarebbero emerse contraddizioni tra alcune dichiarazioni riportate nei verbali e non confermate in aula, ma anche qualche stranezza, come per esempio quando ha raccontato di avere deciso lui, comunicandolo ai Lombardo, giorno e ora dell’appuntamento di Anania con Santapaola, senza prima parlare con il capomafia. Uno “scontro” dialettico anche aspro tra le parti, con il presidente della Corte, Tiziana Carrubba, costretta un paio di volte a chiedere a Benedetti di abbassare il tono della voce. In chiusura la richiesta di Lombardo di rilasciare alcune dichiarazioni spontanee.

«Lo faccio per un paio di questioni, ha detto ai giudici. La prima è che io quel distributore di Anania non sapevo neanche che esistesse e a quel fantomatico incontro non sono mai andato. Inoltre il teste ha fatto una grande confusione su date elettorali, nomi di persone, circostanze e fatti. Come quel Natale Zuccarello, un caso di omonomia multipla. Inoltre la collocazione temporale di date e competizioni elettorali che non coincidono. Io sono stato, grazie al cielo! intercettato dai magistrati di Catanzaro per altre questioni per sette anni, dal 2000 al 2007 e non ero, o almeno il mio telefonino non lo era, in quei luoghi. Lo dicono i tabulati e anche altre intercettazioni a Santapaola dei Ros. Nel 2006 e nei periodi citati, per fortuna ero altrove». Prossima udienza il 27 Aprile.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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