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Stefano Pompeo, ucciso a 12 anni per sbaglio: si riapre la caccia ai killer

Di Franco Castaldo |

Palermo. Mentre l’Italia intera si indigna e prega per la piccola Noemi, 4 anni, rimasta gravemente ferita in un agguato di camorra venerdì scorso a Napoli, a Favara rinnovate investigazioni aprono spiragli di luce nell’inchiesta giudiziaria che mira ad assicurare alla giustizia gli autori dell’omicidio di Stefano Pompeo, quasi 12 anni (li avrebbe compiuti il mese dopo la sua morte) avvenuto la sera del 21 aprile 1999.

La Direzione distrettuale antimafia di Palermo non ha perso ancora la speranza di acciuffare gli scellerati assassini riprendendo e rilanciando vecchie indagini, dando nuovi impulsi investigativi da associare con le più recenti evoluzioni della tecnologia e dei metodi di ricerca della prova, sistemi assolutamente impensabili venti anni fa.

La triste vicenda di Stefano Pompeo è stata rievocata qualche settimana fa, tornando prepotentemente alla ribalta della cronaca, da un pregevole docu-film realizzato dal giornalista Gero Tedesco.

Ma, lontano dai clamori di stampa, i magistrati della Dda e gli investigatori agrigentini, da tempo stanno riannodando le fila di un’intricata matassa difficile da dipanare ripartendo dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Maurizio Di Gati che ha vissuto da protagonista ed in prima persona tutti gli avvenimenti mafiosi del dopo delitto (i dettagli nell’articolo sotto).

L’omicidio di Stefano Pompeo turbò l’opinione pubblica nazionale.

Il bambino venne ucciso per un tragico errore.

La sera del 21 aprile 1999, Stefano volle andare con il padre, dato che quest’ultimo, di professione macellaio, doveva “scannare” un maiale per dar corso alla classica “arrustuta” e festeggiare, nella campagna di contrada «Ciavola» di Carmelo Cusumano, l’acquisto di un’imponente cava di pietrisco.

Stefano, insieme al padre, arrivò poco dopo le 18. Alle 20,40, tuttavia, il bambino, amante di auto e moto, non resistette alla voglia di farsi un giro su un fuoristrada luccicante di proprietà di Cusumano utilizzato da Vincenzo Quaranta per andare a comprare il pane al Villaggio Mosè.

E, lungo il tragitto, scattò l’agguato: sicari nascosti dall’oscurità e dall’erba alta, spararono tre fucilate a pallettoni contro il fuoristrada Toyota convinti di trovare alla guida Cusumano.

Un proiettile colpì alla testa il povero Stefano, illeso Vincenzo Quaranta. La folle corsa verso l’ospedale di Agrigento servì a poco: Stefano Pompeo arrivò al “San Giovanni di Dio” già morto.

Le investigazioni successive misero in luce che una guerra intestina tra clan rivali favaresi aveva decretato la morte di Carmelo Cusumano. Ed aveva così organizzato l’agguato sbagliando due volte l’obiettivo.

Un anno dopo la tragedia, lo Stato rispose con l’operazione “Fratellanza”, decimando le due famiglie mafiose in guerra. Trentaquattro arresti, compreso Cusumano e molti appartenenti alla cosca mafiosa capeggiata in quel tempo da Giuseppe Vetro, l’uomo forte della mafia favarese, divenuto capo provincia di Cosa nostra a suon di omicidi eccellenti.

Quell’inchiesta, che lo Stato volle a tutti i costi sull’onda emozionale provocata dalla morte di Stefano, si avvalse di una task force investigativa che coinvolse anche i servizi segreti. Tuttavia, sfociò in un processo che nulla chiarì sulla morte di Stefano Pompeo e, soprattutto, finì con l’assoluzione dal reato di associazione mafiosa di quasi tutti gli imputati.

Oggi Stefano Pompeo è riconosciuto dallo Stato come vittima di mafia.

Il 29 settembre 2002, la città di Favara ha intitolato in sua memoria una delle ville del paese e, dal 21 marzo 2014, anche la palestra dell’Istituto Comprensivo A. R. Chiarelli di Martina Franca (Ta) porta il suo nome.

Stefano Pompeo non è l’unico bambino in provincia di Agrigento ucciso per errore da mano mafiosa.

Infatti, il 10 agosto 1976, un attentato dinamitardo (autobomba contro portone di un basso, una piccola abitazione che dà sulla strada) compiuto da ignoti ai danni di Francesco Frenda, un emigrato rientrato da poco dagli Usa, provocò la morte di due persone innocenti: madre e figlioletta di quattro anni, raggiunti dalle schegge dell’auto mentre dormivano nella loro piccola casa.

Nel gennaio 2011, in un agguato del tutto simile a quello costato la vita a Stefano Pompeo, lungo la strada tra Santa Elisabetta e Sant’Angelo Muxaro venne ferito gravemente alla testa Salvatore Marotta, 6 anni, mentre era a bordo di un fuori strada preso di mira da un plotone di sicari.

E non va dimenticata la morte del piccolo Giuseppe Clementi, sei anni, avvenuta nell’aprile 1989 a Palma di Montechiaro, assassinato a coltellate da un rapinatore, poi arrestato, nel tentativo di difendere la madre aggredita.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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