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Il caso

A Catania la guerra per il servizio idrico: la società mista spacca sindaci e partiti

In ballo ci sono dieci miliardi di euro. I primi cittadini in rivolta contro il «colpo di mano» di Raffaele Lombardo. Con la complicità del Pd

Di Mario Barresi |

Come ogni conflitto che si rispetti, anche questo – la guerra dell’acqua, spietata e feroce, che si combatte sotto l’Etna – per i vincitori prevede un bottino. Ricchissimo. Quasi dieci miliardi, fra investimenti su reti e depurazione, progetti in pancia e bollette da incassare per quasi 30 anni. Va da sé che, al netto delle pulsioni affaristiche dei privati, anche la politica vuole metterci le mani. Dentro questo groviglio c’è di tutto: rancori pluridecennali e nuove ostilità, consolidate amicizie e sodalizi trasversali. Il diritto dei cittadini etnei ad avere un servizio idrico di qualità pagando tariffe eque? Rimane sullo sfondo. Annacquato. Anzi: affogato.

Il casus belli

Il casus belli è legato ad alcune recenti pronunce della giustizia amministrativa, al culmine di un lungo e intricato contenzioso. Di fatto è un viaggio nella macchina del tempo, indietro di quasi vent’anni: il Cga siciliano ha dichiarato «valida ed efficace» la convenzione per l’affidamento del servizio idrico integrato nei 58 comuni della provincia, firmata il 24 dicembre 2005, fra l’Ati (all’epoca era Ato) Acque di Catania e il soggetto unico individuato in Servizi idrici etnei. Ovvero una Spa mista: al 51% pubblica (la Provincia, nel frattempo diventata Città metropolitana, più tutti i 58 Comuni) e al 49% privata con Hydro Catania. Quest’ultima Spa che già gestisce il servizio idrico in sette centri del Calatino, di fatto socia di maggioranza relativa di Sie, è sua volta controllata per due terzi dal Csge (Consorzio stabile gestione infrastrutture), che unisce i gruppi riconducibili agli imprenditori Oreste Virlinzi, Sergio Cassar e Mario Zappalà; a complicare ancor di più il quadro è la presenza, dentro Hydro Catania, oltre che di altri privati (Acque di Casalotto, Acque Carcaci del Fasano e Sielte), anche di consorzi e società a partecipazione pubblica che gestiscono l’acqua in oltre una ventina di comuni (capoluogo compreso): Acoset, Sidra e Ama, per circa il 17% delle azioni.

La società mista

La società mista dovrebbe già essere il gestore unico del Sii (Servizio idrico integrato) in tutta la provincia di Catania per i prossimi 29 anni. Ma, nonostante l’ultima sentenza del Cga del 13 dicembre 2022 avesse concesso 60 giorni di tempo, l’Ati non ha ancora stipulato la convenzione con Sie. E così, in barba agli obblighi di legge, il settore resta in un ginepraio di 79 gestori, 26 Comuni in house e 53 privati, con reti colabrodo (70% la media delle perdite secondo un dossier della Cisl), un utente su due che non paga le bollette e lo scenario di perdere circa 2,5 miliardi (di cui uno per la depurazione) di investimenti, Pnrr compreso, sulle infrastrutture idriche. E poi c’è il «flusso da tariffa»: la stima dell’ultimo Piano d’ambitodel 2020 è di circa 150 milioni l’anno. Che, per una durata di 29 anni, fanno 4,4 miliardi di incassi dalle bollette, senza considerare le ovvie proiezioni d’incremento in un lasso di tempo così lungo. A conti fatti, dunque, ballano poco meno di una decina di miliardi. E 500-600 posti di lavoro soltanto nella gestione. Al netto degli appalti. Ma è tutto fermo. La ragione del blocco? La Sie è ostacolata da se stessa, o meglio dal 51% di soci pubblici che remano in gran parte contro il passaggio di consegne ordinato dalla magistratura. Tant’è che la Regione, qualche giorno fa, ha nominato una commissaria ad acta (Francesca Spedale, una dirigente del dipartimento Acqua e Rifiuti) per sostituirsi ai sindaci dell’Assemblea territoriale idrica e approvare la nuova convenzione con Sie. Sarebbe un paradosso kafkiano, se non fossimo nella terra delle maschere di Pirandello.

I sindaci che si oppongono

E qui, finalmente, si entra nel vero scenario bellico. Quello della politica. Locale, ma non soltanto. Il blocco dei sindaci che si oppongono all’avvio dell’era del gestore unico misto raggruppa tutto il centrodestra. Con un’unica eccezione: l’Mpa. Raffaele Lombardo è da sempre ritenuto il big sponsor di questa operazione, non soltanto per il suo antico rapporto di reciproca stima con l’imprenditore Cassar. Ed è Fabio Mancuso, sindaco autonomista di Adrano, nel ruolo di presidente dell’Ati, a lanciare – dopo l’ennesima assemblea andata deserta – l’allarme a Palermo: «La mancata approvazione della convenzione espone quest’Ati al rischio di perdere i finanziamenti già concessi con il Pnrr e quelli che potrebbero essere resi disponibili a breve a seguito della rimodulazione dello stesso Pnrr». In allegato tre tabelle dettagliate col dettaglio dei progetti: dai 19,5 milioni per la «riduzione delle perdite idriche nelle reti di distribuzione» finanziati ad Acoset ai 68,8 milioni per lo stesso scopo con progetti «ammessi e ripescati» per Acque Aurora, Comune di Bronte, Sidra, Sie e Sogip-Ama, fino ad altre cinque proposte al ministero dell’Ambiente sulla depurazione a Calatabiano, Vizzini, Santa Maria di Licodia, San Cono e Licodia Eubea per circa 13 milioni di finanziamenti richiesto. La tesi di Mancuso è che per «l’impossibilità di prorogare nel periodo transitorio necessario al trasferimento degli impianti al gestore unico, le convenzioni di salvaguardia delle gestioni esistenti» (scadute lo scorso 31 gennaio), le società attuali «diventerebbero gestori “di fatto” privi di titolo a gestire». L’effetto? Stop all’accesso al credito con «gravi conseguenze»: l’«acuirsi della crisi finanziaria delle gestioni», il ritardo o la revoca dei finanziamenti e «l’impossibilità di accedere all’aggiornamento delle tariffe». A racogliere l’assist di Mancuso è l’assessore regionale (autonomista) Roberto Di Mauro, che – una settimana dopo la nota del 21 dicembre, con Natale in mezzo – nomina la commissaria per scavalcare l’Ati.

La rivolta del fronte del no

È già scattata la rivolta del fronte del no. Martedì, in un’animata videocall, ne hanno discusso i sindaci. E alcuni, ieri, hanno scritto all’assessore Di Mauro, ma anche al governatore Renato Schifani, chiedendo di revocare la nomina del commissario. A metterci la faccia sono i primi cittadini del centrodestra: da FdI con Enrico Trantino (Catania), Massimiliano Giammusso (Gravina) e Antonio Bonanno (Biancavilla) a Forza Italia con Roberto Barbagallo (Acireale) e Marco Corsaro (Misterbianco) e alla Lega con Santi Rando (Tremestieri). Vogliono vederci chiaro sulla «piena consapevolezza» e sulla «trasparenza» di un affidamento «la cui portata economica e durata sono epocali». E ribadiscono al governo regionale i dubbi già espressi a Mancuso: la convenzione «va adeguata e integrata nel rispetto del prevalente interesse pubblico». A partire dalla verifica dei requisiti di Sie, «e in particolare del socio pubblico Hydro Catania».E allora contro quello che viene definito «un colpo di mano» di Lombardo c’è una sfilza di nemici: tutte le correnti di FdI (il musumeciano Ruggero Razza, ma soprattutto Salvo Pogliese e Gaetano Galvagno), con in mezzo il conflitto d’interesse di Fabio Fatuzzo, commissario nazionale per la depurazione ancora in sella da presidente di Sidra, doppiamente restio a “regalare” i progetti a Sie; entrambe le anime forziste catanesi (Nicola D’Agostino e Marco Falcone); e, naturalmente, il salviniano Luca Sammartino, finora “laico” sulla questione. Ad astenersi, in apparenza, dalla contesa sono i sindaci del Pd. Ma nel vertice online a sostenere la svolta Sie sarebbe stato Ignazio Puglisi (Piedimonte), molto legato ad Anthony Barbagallo. È l’indizio – sospettano il centrodestra e il M5S – di un asse fra il leader autonomista e il suo ex giovane attivista, oggi segretario regionale del Pd, «come già avvenuto per altre questioni idriche»? Altra notazione: fra i consulenti del gruppo dei privati c’è l’ex sottosegretario dem Giuseppe Berretta, in veste di autorevole legale. Ed è solo un caso che sia stata la Filtem-Cgil etnea a esultare per il commissariamento, «fondamentale per il non più rimandabile avvio del sistema idrico integrato e per evitare di perdere 75 milioni di Pnrr utili a nuovi investimenti»? E fra i firmatari della nota alla Regione c’è anche Pino Firrarello, sindaco di Bronte, storico nemico di Sie (ma soprattutto di Lombardo), che aveva già presentato un esposto con diversi destinatari: l’Anac, l’Arera, l’Agcm e la Corte dei conti regionale. L’ex senatore forzista (il cui genero, Giuseppe Castiglione, deputato di Azione, da presidente della Provincia spinse molto sulla gestione di un consorzio pubblico) denuncia alle Authority e alla magistratura contabile che, senza «l’attualizzazione dell’offerta economica (di Sie, ndr) e la sua asseverazione», l’aggiornamento della convezione del 2005 «comporterebbe la determinazione incongruente di una tariffa che peserebbe sull’utente senza garanzie per l’equilibrio economico della gestione del servizio idrico destinato “a priori” a non centrare gli obiettivi di una sana e proficua gestione». Una denuncia di 19 pagine. Pesantissima. E se anche il Granducato del Pistacchio, con tutti i generali del centrodestra catanese, ha firmato la sua dichiarazione contro i privati protetti da Lombardo con la complicità del Pd, allora è chiaro che non sarà un conflitto-lampo. Ma una guerra di nervi. Oltre che di potere. Tanto potere.

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