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Gioele, il pianto del padre sulla bara con resti ricomposti tra ricerche (finite) e dolore

Di Redazione |

Caronia (Messina) – Daniele Mondello, il padre del piccolo Gioele di 4 anni, è in lacrime sulla bara dove sono stati adagiati i resti umani trovati questa mattina nelle campagne di Caronia che potrebbero appartenere al figlioletto, scomparso il 3 agosto scorso insieme alla madre poi trovata morta. Il feretro è stato composto al termine del sopralluogo compiuto dai medici legali e dalla scientifica, alla presenza del procuratore di Patti Angelo Cavallo che sta coordinando le indagini. Alla scena straziante stanno assistendo anche i familiari che cercano inutilmente di consolarlo. 

La tragica svolta in questa triste vicenda è arrivata dopo 16 lunghissimi giorni: i resti del piccolo Gioele sono stati trovati a 700 metri dalla radura in cui l’8 agosto fu scoperto il cadavere di sua madre, Viviana Parisi. Per essere certi che si tratti del bambino sarà necessario effettuare l’esame del Dna, anche se qualcuno tra gli inquirenti si sbilancia sostenendo che è lui «al 99 per cento». Quel che resta del corpicino, orrendamente mutilato dagli animali selvatici, è stato messo in una bara. Tra i singhiozzi il padre del bimbo ha pregato appoggiandosi al feretro. 

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Il procuratore di Patti Angelo Vittorio Cavallo fa trapelare la quasi certezza dell’identità da attribuire ai resti (il tronco, la testa il tronco, gli arti e brandelli di vestiti) trovati sotto rovi e boscaglia dall’ex carabiniere di Capo d’Orlando, Giuseppe Di Bello. «Abbiamo trovato dei resti umani che sono compatibili con quelli di un bambino dell’età di Gioele». «I resti sono compatibili con un bambino di 3 o 4 anni – ha puntualizzato il magistrato – ovviamente ancora non possiamo dare certezze scientifiche, vanno fatti tutti gli accertamenti medico legali». Il procuratore ha aggiunto che sono stati ritrovati anche i frammenti di alcuni indumenti che adesso saranno mostrati al padre e ai familiari del bimbo per una conferma che si tratti di quelli che Gioele indossava al momento della scomparsa. «In questo momento – ha aggiunto Cavallo – ci dobbiamo stringere attorno a questa famiglia e a questo bambino. Abbiamo sempre pensato che si trovasse in questo posto e i fatti ci hanno dato ragione. Ringrazio tutte le persone che a qualsiasi titolo hanno contribuito alle ricerche. Ora dobbiamo lavorare come abbiamo fatto fin’ora e andare a fondo a questa storia triste». «Ci siamo fatti delle ipotesi su quanto sia successo, se ne sono rafforzate alcune ne abbiamo scartate delle altre», aggiunge il procuratore . «Perdono quota – prosegue Cavallo – piste riconducibili ad ambiti familiari. Ma lasciateci lavorare e fare tutti i ragionamenti del caso. Molte ipotesi restano ancora in piedi dobbiamo lavorare e riflettere. L’autopsia verrà effettuata a breve». 

Sulle ricerche c’è già aria di polemiche. Il marito e il suocero della donna, Daniele e Letterio Mondello, hanno lamentato da subito inefficienze nelle ricerche. Rivendica, invece, l’impegno di giorni di perlustrazioni Ambrogio Ponterio, vice dirigente del comando provinciale dei vigili fuoco, che ha coordinato dal primo giorno le operazioni di ricerca di Gioele. «Le zone vanno esaminate a vari livelli, ci sono tratti in cui si cerca una persona viva, altri in cui si cerca qualcosa di più. Poi ci sono livelli in cui si cercano parti introvabili e si va con un’altra intensità», dice. «È arrivata questa persona che è un conoscitore dei luoghi – spiega Ponterio – con strumenti atti a farsi spazio tra la vegetazione: aveva un falcetto che gli consentiva di passare dove riescono a intrufolarsi gli animali selvatici». Eppure la zona, un’area impervia di circa 7 chilometri quadrati, è stata battuta per giorni da decine di esperti: vigili del fuoco, carabinieri uomini della Forestale e soldati dell’esercito. E droni, cani molecolari, geologi, sub che hanno dragato i laghetti vicini. Ma di Gioele fino a stamattina non si è trovata traccia. Nonostante, come sua madre, fosse a un passo dal luogo in cui tutto è cominciato. I due corpi, straziati dagli animali, erano infatti a poche centinaia di metri dalla piazzola della Messina-Palermo in cui Valeria Parisi, la mattina del 3 agosto, ha abbandonato l’auto prima di sparire tra i boschi di Caronia.

La donna, da mesi in cura per una depressione e, dicono anche i familiari, a tratti poco lucida, ha avuto un incidente in autostrada all’imbocco di una galleria, ha lasciato la macchina ed è fuggita, evidentemente sotto choc, con Gioele in braccio. I testimoni – alcuni automobilisti di passaggio – raccontano che il bambino stava bene. E allora: cosa è accaduto a Viviana e al figlio? Le indagini dovranno rispondere a molte domande: dove fosse diretta la dj, che sarebbe dovuta andare a Milazzo e si trovava invece a 100 chilometri da casa; perché abbia lasciato la macchina sul ciglio della strada e sia fuggita via, come sia morta e se abbia ucciso lei Gioele. L’ipotesi che gli inquirenti continuano a privilegiare è quella dell’omicidio-suicidio: Viviana, fragile e depressa, sconvolta dopo l’incidente, sarebbe fuggita via col bambino, lo avrebbe ammazzato, sarebbe salita sul traliccio sotto al quale è stata trovata cadavere e si sarebbe lanciata giù. Una tesi a cui non vogliono credere i familiari. «Amava mio figlio, non gli avrebbe mai fatto del male», ha sempre detto il marito. Oppure, la donna e il bambino potrebbero essere stati aggrediti e uccisi: gli inquirenti stanno analizzando le celle telefoniche della zona per capire se sul posto ci fossero altre persone. Infine la pista del branco di animali selvatici che potrebbe averli attaccati. Risposte importanti arriveranno dagli esami autoptici sui due corpi: quello sul cadavere di Viviana è stato già eseguito, ma restano dubbi sulla data e sull’ora precisa della morte, dati non secondari per la ricostruzione del giallo. I medici legali hanno ipotizzato che il decesso della donna sia stato causato da una caduta da un’altezza elevata. Ora si dovrà capire cosa abbia ucciso Gioele. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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