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Palermo, razziavano gasolio e beni aziendali

Palermo, razziavano gasolio e beni aziendali Bufera alla Rap: Polizia arresta nove persone

Rubati 300 litri di carburante al giorno / FOTO / VIDEO1 / VIDEO2

Di Redazione |

Dipendenti della Rap di Palermo che «razziavano i beni della ditta». La Polizia ha documentato i furti di carburante e di altri beni aziendali ed ha eseguito diverse misure cautelari nei confronti di dipendenti della ditta a partecipazione municipale che gestisce la raccolta dei rifiuti a Palermo. Le indagini hanno accertato una serie di furti che «avvenivano quotidianamente, determinando la spoliazione della ditta, letteralmente razziata».

Approssimativamente, è stato calcolato che, durante il periodo al centro delle indagini, siano stati trafugati circa 300 litri di gasolio al giorno appartenenti all’azienda. L’indagine è stata condotta dal commissariato di polizia di Brancaccio e coordinata dal pubblico ministero Piero Padova e dal procuratore aggiunto Dino Petralia.

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Gli arresti domiciliari sono stati imposti ad Antonio Cardinale, Giovanni Di Franco, Carmelo Iacò, Francesco Mancuso e Salvatore Messina. Il gip ha poi disposto la misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per Accursio Cacciabaudo, Rosario Giglietti, Maurizio Lanzarone, e Girolamo Iacò, tutti tranne quest’ultimo dipendenti della Rap. Nel corso dell’indagine sono stati trovati tute da lavoro, sacchi, mazze, scope ma anche carta igienica e detersivi di proprietà dell’azienda e sottratti dagli indagati.

Sequestrata, inoltre, una grande quantità di carburante in possesso di Giglietti, Mancuso e Iacò. Nelle scorse settimane l’azienda è tornata al centro delle cronache per l’ennesima emergenza rifiuti in città. Proprio lamentando l’assenza di mezzi di lavoro i sindacati hanno organizzato assemblee di lavoratori durante le quali la raccolta è stata sospesa, con grossi disagi per i cittadini. Ciò ha portato la Procura ad aprire un’inchiesta, ancora a carico di ignoti, per interruzione di pubblico servizio.

I furto di carburante avveniva attraverso un espediente che avrebbe tutelato anche gli addetti alla colonnina, ammesso che a controlli si sarebbe fatto ricorso, essendo stati questi ultimi delegati a dipendenti, parimenti coinvolti nelle indagini. L’indebita appropriazione di carburante e di altri beni aziendali (di cui i dipendenti avevano la disponibilità in relazione all’attività dai medesimi espletata all’interno della società stessa) avveniva mediante il fraudolento riempimento di bidoni e taniche di varia natura, in occasione delle operazioni di rifornimento di carburante degli automezzi aziendali.

In altri termini, tali operazioni avvenivano, in taluni casi, mediante il rifornimento degli automezzi della Rap con un quantitativo di carburante inferiore rispetto a quello materialmente erogato dalle colonnine dell’impianto di rifornimento ubicato all’interno del deposito di via Ingham e risultante dalla relativa documentazione che gli stessi erano tenuti a compilare nell’interesse della stessa società. 

La conseguente appropriazione dell’ “eccedenza” veniva  dai medesimi versata all’interno di taniche ed altri recipienti di cui avevano la disponibilità. Le taniche venivano poi fatte uscire all’interno degli stessi automezzi aziendali e trasportate in altro luogo. Successivamente sarebbe stato smistato e ceduto a terzi a prezzi competitivi.

In altri casi, il furto sarebbe avvenuto mediante il versamento del carburante eccedente all’interno di un’apposita cisterna interrata, posta nelle immediate vicinanze dell’impianto di rifornimento, che fungeva, dunque, da “deposito abusivo” di carburante, dal quale poi attingere, nei momenti di maggiore tranquillità, e riempire le taniche da far uscire dal deposito di via Ingham con le medesime modalità.

Per verificare la “disponibilità” di carburante nella cisterna interrata (e quindi la perfetta corrispondenza con quello formalmente erogato) ed evitare di compiere furti troppo avventati, i correi sono stati sorpresi più volte a misurare con apposita asta la quantità di combustibile presente nella citata cisterna.    

Oggetto del peculato contestato ai dipendenti, non soltanto gasolio, ma anche tute da lavoro, sacchi, mazze, scope, carta igienica, detersivi ed arnesi di varia natura. Due importanti date nel corso delle indagini degli agenti sono quelle del 17 dicembre 2013 e quella del 5 febbraio 2014: in quei giorni, i poliziotti, anche per porre un freno all’allarmante escalation di furti, hanno effettuato due blitz che hanno portato all’arresto, complessivamente, di tre dipendenti e due soggetti estranei alla Rap che si sarebbero però appropriati di carburante della municipalizzata. Emblematico in ordine alla “caparbietà” criminale degli indagati che, neanche a seguito di queste operazioni di Polizia, essi abbiano attenuato la frequenza delle scorribande all’interno del deposito di via Ingham.

Il sodalizio criminale si avvaleva anche dell’attiva partecipazione di congiunti di dipendenti Rap che avrebbero agevolato la vendita a terzi di beni e prodotti aziendali o ne avrebbero tratto essi stessi vantaggio. Così è stato, per esempio, accertato nel caso del figlio di uno degli odierni destinatari, sorpreso dagli agenti ad avere allestito a Ballarò una bancarella “imbandita” di prodotti chiaramente riconducibili ad Amia e Rap. Quando la benzina sottratta non era destinata al consumo dei mezzi privati di dipendenti e congiunti, è stato accertato come servisse per alimentare un parallelo ‘mercato nero’ nel quale il carburante sarebbe stato venduto al prezzo concorrenziale di 1,00 euro al litro.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA