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Ex province, il gelo di Palazzo Chigi

Ex province, il gelo di Palazzo Chigi «L’impugnativa è una ipotesi concreta»

Il prof. Cariola: "Ma la Delrio non è la Bibbia col copia e incolla"

Di Mario Barresi |

CATANIA. «Cosa pensa il governo nazionale della riforma delle Province in Sicilia? Allora, faccia una cosa: stampi la legge Delrio e poi stampi pure la vostra legge regionale. Poi trovi le differenze e le segni con un evidenziatore. Ebbene, quasi tutto quello che troverà in giallo rappresenta evidentemente un potenziale profilo di incostituzionalità». La giunta regionale, da poco più di una decina di minuti, ha fissato al prossimo 29 novembre l’elezione dei presidenti dei Liberi consorzi e dei sindaci metropolitani.

E da Roma arriva un’ondata di gelo polare. A Gianclaudio Bressa, sottosegretario agli Affari regionali, sottoponiamo l’ipotesi – sempre più diffusa a livello di rumors palermitani – di un’impugnativa di Palazzo Chigi sulla legge regionale 15/2015, che istituisce e regolamenta i cosiddetti “enti di area vasta” in Sicilia. Si parlava addirittura di un inserimento all’ordine del giorno della seduta del Consiglio dei ministri di ieri (ma non è stato così) o magari della prossima settimana. Niente date. Ma Bressa non usa mezzi termini: «Quella dell’impugnativa è un’ipotesi più che concreta sul tavolo del governo». Ammettendo che «il dossier della riforma siciliana delle ex province è già da qualche tempo allo studio dei nostri uffici, che hanno evidenziato già numerosi elementi di difformità rispetto alla legge nazionale».

IL COSTITUZIONALISTA CARIOLA: LA DELRIO NON E’ LA BIBBIA

Gli sottoponiamo i profili a rischio di impugnativa: la mancata previsione del “voto ponderato” (per distinguere il peso in base alla grandezza dei Comuni), ma soprattutto il paletto posto per candidarsi a presidente di Libero consorzio o a sindaco metropolitano, ovvero almeno 18 mesi di mandato davanti. «Sì, anche queste – ammette il sottosegretario Bressa – sono difformità analizzate, ma ce ne sono altre riguardanti le competenze e gli organismi di governo. Le potrei fare un elenco lunghissimo, ma non è questo il punto… ». E allora qual è? «La legge Delrio ha il rango di riforma socio-economica di interesse nazionale – scandisce l’esponente del Pd – e questo è uno dei limiti costituzionali anche per l’autonomia delle Regioni a statuto speciale. E poi vi ricordo che io sono di Bolzano e di autonomismo me ne intendo… ».

E ora? «A metà della prossima settimana – anticipa il sottosegretario Bressa – ci sarà un incontro a Roma, fra i rappresentanti del ministero degli Affari regionali e la Regione Siciliana per un approfondito confronto. Ma è chiara una cosa: le due leggi sono lì, nero su bianco… non è che ci sia poi così tanto da discutere». E dunque l’impugnativa del governo è davvero dietro l’angolo? Risposta: «Ci risentiamo la prossima settimana… ». Una bomba a orologeria. L’ennesimo boomerang su un’altra delle riforme degoverno di Rosario Crocetta? E nemmeno stavolta è una sorpresa. Già da tempo l’Anci Sicilia aveva storto il naso. «Esprimiamo forti perplessità su aspetti di dubbia legittimità costituzionale della legge», aveva ribadito giovedì il presidente dell’associazione dei Comuni siciliani, Leoluca Orlando, a margine di un incontro al Viminale. Il tema è molto caro al primo cittadino di Palermo, poiché – votando il 29 novembre – non può candidarsi a sindaco della Città metropolitana, mentre col recepimento integrale della Delrio diventerebbe super-sindaco senza passare dalle urne.

Una norma contra Leolucam, nata già così all’Ars. E non soltanto. Si racconta che ieri, durante il vertice di maggioranza a Palermo, sia arrivata una telefonata dall’assessore alle Autonomie locali, Giovanni Pistorio, che ipotizzava anche l’8 novembre come data per il voto. In quel caso Orlando avrebbe avuto i 18 mesi di mandato utili per essere della partita. Ma la proposta è stata subito impallinata, con la motivazione “istituzionale” che si tratterebbe di una data troppo ravvicinata, soprattutto nella concreta ipotesi – evidentemente avvertita anche a Palazzo d’Orléans e dintorni – di un’impugnativa da parte del governo nazionale. Se si votasse l’8 bisognerebbe avviare subito la macchina – è stata la riflessione condivisa fra gli alleati – e non ci sarebbe il tempo di rispondere, magari con delle modifiche all’Ars, ai rilievi di incostituzionalità di Palazzo Chigi. E dunque è passata la linea delle urne rinviate al 29 novembre. Con buona pace dell’inferocito sindaco di Palermo.

Anche Giovanni Ruvolo, sindaco di Caltanissetta (il cui Libero consorzio è già “orfano” di Gela e in procinto di perdere anche Niscemi) sbarra la strada alla riforma in salsa sicula, che «presenta numerosissime criticità e problemi attuativi anche rispetto all’omogeneità territoriale dei nuovi enti e preoccupa non poco gli amministratori locali». E ieri Anci Sicilia ha ribadito il no alla legge perché «pur rendendo i primi cittadini protagonisti, di fatto – per una arbitraria scelta a tutela di interessi inconfessabili – ne esclude la gran parte dalla possibilità di candidarsi». Crocetta va avanti dritto come un treno: si vota il 29 novembre, anche per «dare ai sindaci un periodo più ampio possibile, per consentire loro di preparare le candidature e raggiungere gli accordi necessari». Ma tutto rischia di diventare inutile. No Delrio, no party. E si torna alla casella di partenza.

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