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Mafia e colletti bianchi: arrestati avvocato romano e due carabinieri

Di Redazione |

GELA – Ci sono anche un avvocato romano e due carabinieri tra i 37 arrestati nell’operazione contro il clan gelese dei Rinzivillo. Nei confronti dei due militari l’accusa è di accesso abusivo alle banche dati delle forze dell’ordine: in sostanza avrebbero passato notizie riservate ai membri del clan, da sempre alleato dei Madonia e con i corleonesi. L’avvocato sarebbe invece il trait d’union tra i mafiosi e i professionisti.

Il blitz è scattato alle prime luci dell’alba, coordinato dalla Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo e disposto dalle Direzioni Distrettuali Antimafia di Roma e di Caltanissetta: nel mirino la famiglia mafiosa di Gela, nella sua articolazione territoriale denominata clan Rinzivillo. Seicento operatori di polizia, appartenenti al Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Roma, alla Questura di Caltanissetta, al Comando Provinciale dei Carabinieri di Roma nonchè alla Polizia Criminale di Colonia (Germania), hanno eseguendo due ordinanze di custodia cautelare (in carcere e ai domiciliari), nei confronti di 37 soggetti, affiliati al clan mafioso, in Sicilia, Lazio, Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna.

Sono ritenuti responsabili di plurime condotte criminali aggravate dal metodo mafioso. Arresti anche in Germania. Sequestrati beni e società per oltre 11 milioni di euro. 

«La corruzione, come la mafia, può e deve essere combattuta e sconfitta»: ha detto il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone nel corso della conferenza stampa per lillustrate l’ operazione che ha portato agli arresti dei presunti appartenenti al clan Rinzivillo. «C’è una frase del capo clan Salvatore Rinzivillo sulla ineluttabilità della corruzione. Questo – ha detto Pignatone – è un principio che noi rigettiamo in toto. Oggi ci siamo noi a combattere le une e le altre, domani ci saranno altri».

Il clan gelese dei Rinzivillo, di «cosa nostra», fu decimato nel 2006 con una operazione dei carabinieri, denominata «tagli pregiati», che portò in carcere 79 persone e il sequestro di beni per 20 milioni di euro, tra la Sicilia, il Lazio e la Lombardia. In manette finirono anche sei donne, accusate di avere garantito i collegamenti tra i boss detenuti e i luogotenenti che operavano all’esterno. L’inchiesta antimafia scattò dalla denuncia di un commerciante che denunciò un caso di estorsione. Con le successive indagini i carabinieri riuscirono ad accertare l’esistenza di un racket delle carni controllato dai Rinzivillo che riciclavano, in aziende del settore alimentare e nell’edilizia, i proventi degli affari illeciti come estorsioni, traffico di droga, usura, caporalato, furti e rapine. La loro organizzazione aveva stretto alleanze con il clan Santapaola, a Catania, e con le famiglie della ‘ndrangheta calabrese in varie regioni d’Italia e perfino all’estero. Anche allora, tra gli indagati, fu fermato un maresciallo dei carabinieri, accusato di avere passato ai clan informazioni riservate.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA