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Terremoto a Catania, è colpa della faglia Fiandaca. L’Ingv: «Quando si muove può essere pericolosa»

Di Simona Tagliaventi |

Dall’alto dei suoi 500mila anni, l’Etna è uno dei vulcani più attivi al mondo e sta semplicemente facendo il suo mestiere. Parola di Eugenio Privitera, direttore dell’Ingv di Catania che da giorni sta seguendo la situazione soprattutto sulla faglia di Fiandaca, dove si è verificata la scossa che stanotte ha impaurito molti siciliani.

«Se si muove può essere pericolosa», dice Privitera. «Dal 24 dicembre mattina – spiega – si sono succedute circa 1000 scosse, molte piccole e rilevabili solo dagli strumenti, quattro uguali o superiori a magnitudo 4. Quello della scorsa notte è stato uno strano terremoto nel senso che è periferico rispetto alle altre manifestazioni. Stiamo monitorando la situazione, ma sembra che siamo in fase di declino eruttivo e di raffreddamento delle colate. Ma non è escluso che possano aprirsi bocche a quote minori come ad esempio a Piano del Vescovo, a sud della Valle del Bove».

Di «diminuzione del fenomeno eruttivo» ha parlato anche il capo della Protezione civile Angelo Borrelli.

Il sisma di magnitudo 4.8, causa la scorsa notte di crolli e paura, è «un fenomeno isolato – spiega Privitera – e non è altro che la risposta fragile del versante orientale del vulcano alla variazione di stress indotta dall’apertura della frattura eruttiva di tre metri nella faglia di Fiandaca. Questa faglia è una struttura che non si muoveva più da tempo: la situazione ora ricorda quella dell’ottobre 1984 che provocò un morto a Zafferana Etnea. Quando si muove è pericolosa e ora ha subito spostamenti per la spinta del magma che ha aperto una frattura di 3 metri».

Sull’Etna sono posizionate ben 160 stazioni di monitoraggio alle quali ne sono state aggiunte ulteriori 15 nell’area di Casa del Vescovo oltre a telecamere termiche. «I vulcani garanzie non ne danno, siamo noi che dobbiamo convivere col vulcano che è passato dal vulcanismo sottomarino all’attuale posizione dei crateri centrali che si sono spostati – spiega Privitera – Si pensi che 20.000 anni fa il cono è stato distrutto». E rassicura sul fatto che «non ci sono relazioni tra l’Etna e lo Stromboli perché appartengono a due contesti geodinamici diversi e hanno sistemi di alimentazioni separate. Siccome sono due vulcani molto attivi è alta la probabilità di una fase eruttiva nello stesso tempo, ma è puramente casuale».

Sta monitorando la situazione anche Fabio Tortorici, presidente siciliano della Fondazione Centro Studi del Consiglio nazionale dei geologi: «Il terremoto della scorsa notte è un evento che non ha nulla di eccezionale perché i terremoti nell’ area etnea hanno sempre una magnitudo medio-bassa e una profondità bassa. Questo significa che l’energia si distribuisce in una superficie molto ridotta, diversamente dai terremoti tettonici, come quelli, devastanti, di Messina del 1908 o del Belice». Secondo il geologo tuttavia, seppure i segnali vanno verso un declino della fase eruttiva «non mi sento di escludere che questo terremoto non abbia liberato tutta l’energia conservata nei dotti magmatici».

Tortorici lancia un allarme: «Se quanto sta accadendo non mi stupisce da un punto di vista geologico e sismologico, mi stupisce invece che tanti comuni non siano dotati dei piani di emergenza comunale».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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