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I 20 indicatori: chi sgarra torna alla fase 1. «Ma Sicilia pronta all’urto della fase 2»

Di Mario Barresi |

CATANIA – «La Sicilia, dal punto di vista sanitario, è pronta a reggere l’urto della fase 2». Parola dell’assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza. Che lo conferma anche alla luce i “compiti a casa” da fare dopo il 4 maggio assegnati alle Regione dal ministro della Salute Roberto Speranza.

Speranza ha detto che si sta lavorando a «un protocollo capace di monitorare con molta maggiore accuratezza che cosa avviene in ogni singolo territorio». E «questa sarà un’arma fondamentale – ha spiegato – per gestire la fase 2». E anche della bozza di questo protocollo, Speranza, ha parlato in videoconferenza con gli assessori regionali. Nel dossier si stima già che «nei primi 15-20 giorni dopo la riapertura è atteso un aumento del numero dei casi». Ma non viene precisato quanto. Anche se nel corso dell’incontro è stata esorcizzata, da entrambe le parti, l’ipotesi del «collasso delle terapie intensive» dopo la riapertura, con un fantomatico dossier scientifico, sul tavolo di Giuseppe Conte, in cui si parla di 151mila ricoveri in terapia intensiva in caso di riapertura totale. I rappresentanti delle Regioni hanno comunque chiesto a Speranza di poter consultare questo studio. «In ogni caso – scandisce Razza – il nostro sistema Covid è tarato anche sul potenziale aumento fisiologico dei contagi dopo le riaperture».

Nella bozza di Speranza si parla di un livello di guardia sui posti letto in terapia intensiva, che non devono superare il livello di guardia del 40%. I dati siciliani di oggi parlano di 429 pazienti ricoverati, di cui appena 30 in rianimazione. «A oggi la Sicilia s’è fermata al 60-70% del piano che prevedeva 3.405 posti letto: 2.800 per la degenza ordinaria e 605 per la terapia intensiva», rassicura Razza. Che, pur dicendosi «certo che in caso di necessità si può subito arrivare alla totalità del piano», è però convinto che «non ci sarà bisogno di spingere per aumentare i posti, ma semmai di razionalizzarli, evitando spazi vuoti e puntando su alcuni poli territoriali». Ma questo è un discorso da affrontare a tempo debito.

Anche perché prima ci sono le prescrizioni di Speranza. «Capacità di monitoraggio», «accertamento diagnostico, indagine e gestione dei contatti» e «stabilità di trasmissione e tenuta dei servizi sanitari» sono i tre assi d’azione in cui si dividono i 20 «indicatori» che il ministero affiderà alle Regioni per tenere sotto osservazione il contagio nella fase 2. Un sistema di “alert” che presuppone uno scambio continuo di dati con Roma, che avrà il quadro – locale, ma anche complessivo – e potrà «aprire di più o chiudere i rubinetti», dicono da Palazzo Chigi, sulle misure di contenimento dei governatori che scalpitano per avere regole più autonome.

Tra gli indici più importanti, oltre al dato sulle terapie intensive, c’è il «numero di nuovi casi di infezione confermata da Sars-Cov-2 per Regione non associati a catene di trasmissioni note». Su questo punto il ministero della Salute è chiaro: la «presenza di focolai» e di «nuovi casi di infezione non tracciati a catene note di contagio» richiede «una valutazione del rischio ad hoc» per decidere se la situazione in Regione richieda «un ritorno alla fase 1».

Su questo aspetto, Nello Musumeci punta molto su una misura che ha già chiesto al ministro dei Trasporti, Paola De Micheli: «Mantenere inalterate le norme per l’accesso in Sicilia». Con uno spiraglio che il governatore apre sul futuro: «Saranno, come sempre, i dati epidemiologici a suggerirci, nelle prossime settimane, quando avviare una lenta e graduale riapertura dei collegamenti con il resto del mondo».

Il sistema predisposto dal ministero della Salute prevede, per ciascuno dei 20 indicatori, una “soglia” e un’“allerta”. Per i tamponi, ad esempio, la soglia è sotto controllo «quando la curva di positivi è in diminuzione in setting ospedalieri e Pronto soccorso»; scatta l’allerta, invece, se in questi ambiti il trend è in aumento.

I 20 parametri, messi assieme, formano una matrice che definisce i rischi, una sorta di griglia del lockdown. Chi entra in “zona rossa”, con un rischio “alto” o “molto alto” di impatto del contagio retrocede alla fase 1. E deve tornare a chiudere tutto in gran fretta. «Ma la Sicilia – tranquillizza Razza – andrà avanti, senza strappi e in sicurezza, sulla strada della fase 2».

Twitter: @MarioBarresi

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