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Riscossione, azienda come “morta che cammina” Quale piano salvezza negli scenari futuri?

Di Mario Barresi |

Palermo – Data di scadenza: 31 dicembre 2018. Tecnicamente è un’azienda “morta che cammina”. Riscossione Sicilia è in liquidazione. Lo è, per «perdite reiterate», nel “Documento di revisione straordinaria delle partecipazioni” della Regione. E lo è per legge: la convulsa 16/2017, che ebbe l’effetto (per ora l’unico) di cacciare, col consenso di Rosario Crocetta, l’ex amministratore unico Antonio Fiumefreddo.

Qual è il futuro dell’Equitalia sicula, ieri travolta dall’ultimo scandalo? Sull’inchiesta di Catania, il neo-presidente Vito Branca non commenta. Ma agisce: ieri mattina l’avvocato Enzo Mellia è stato incaricato della costituzione di parte civile nel processo a dipendenti infedeli e furbetti.

Ma, più del danno d’immagine, preoccupa lo scenario. Il governo regionale studia più soluzioni. La prima era indicata proprio nella legge dell’Ars: il passaggio all’Agenzia delle Entrate. Peccato che nessuno, dapprima, s’era posto il problema di sapere che ne pensasse la diretta interessata. L’assessore all’Economia, Gaetano Armao, ha provato a metterci una pezza, avviando una due diligence con l’Agenzia. E Nello Musumeci ha di recente incontrato i vertici delle Entrate, che «ci hanno fatto capire con molta onestà che il tema non si può risolvere a breve». E allora si fa spazio il piano B, abbozzato nel dossier partecipate: scioglimento-lampo e istituzione, con il placet dell’Ars, di «un ente pubblico economico che possa garantire la continuità della funzione riscossiva nel territorio regionale». Con la pressione dei sindacati, preoccupati per la sorte dei circa 686 dipendenti, molto più propensi, invece, al transito nell’Agenzia delle Entrate.

E poi c’è il rebus dei conti. Dopo una serie di “profondi rossi”, l’ultimo bilancio – come rivendicato da Fiumefreddo, protagonista di una guerra mediatico-esattoriale ai «morosi potenti» dell’Ars – s’è chiuso con un utile di 2,8 milioni. Grazie soprattutto a «proventi di natura non ricorrente», si legge nella relazione dei tecnici, dovuti al boom della rottamazione delle cartelle.

Una «situazione finanziariamente disperata» per Branca, al vertice di Riscossione dopo una serie di peripezie burocratiche e marce indietro sulle nomine di predecessori e compagni d’avventura. E dire che, secondo alcuni rumors , ci sarebbero problemi, sollevati da un componente del collegio dei sindaci, anche sui requisiti necessari per la sua carica di presidente. Legati al superamento dei 70 anni, età oltre la quale – secondo il decreto ministeriale 289/2000 – non si può essere legale rappresentante di una società iscritta all’albo delle riscossioni, pena la decadenza della concessione. «Un problema superato», assicurano a Palermo, sottolineando il fatto che, nel cda dello scorso 21 dicembre, l’organo di controllo non è andato avanti nella contestazione, ritenendola superata da una norma interpretativa della Madia: Branca, avvocato, è un libero professionista e non ricadrebbe in una fattispecie che avrebbe potuto anche inficiare gli atti fin qui firmati. Se ne riparlerà nel cda di sabato prossimo? Non più, secondo l’entourage del presidente che evoca un «fuoco di sbarramento», alimentato dai primi dossier scottanti. A partire dal mancato versamento di 58 milioni di tre mesi di tributi alla Regione, con una sanzione di 12,5 milioni dall’Agenzia delle Entrate. Branca è «uno che non lascia nulla al caso», è il commento degli uffici palermitani dove s’è da poco insediato il nuovo direttore generale, Ermanno Sorge, dopo le dimissioni di Gaetano Romano.

Uomo di fiducia di Musumeci, ma gradito anche ad Armao, Branca si trova davanti altre sfide. La più delicata è la strategia nel contenzioso con Montepaschi. Una super-partita da 200 milioni.

vito brancapresidente di Riscossione Sicilia, prestigioso avvocato catanese, 70 anni, uomo di fiducia di Musumeci molto gradito anche ad Armao. Ieri ha dato mandato a un legale per la costituzione di parte civile nel processo contro i dipendenti infedeli

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