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Pizzo a tappeto e piazze di spaccio h24 Ecco gli affari dei clan mafiosi di Riposto

Di Mario Previtera |

Un durissimo colpo quello inferto dai carabinieri della Compagnia di Giarre alla famiglia di Cosa Nostra catanese Santapaola – Ercolano che, attraverso un agguerrito gruppo capeggiato da Benny la Motta, elemento di spicco, opera a Riposto e Giarre, gestendo a piene mani le estorsioni in danno di numerosi esercizi commerciali, in particolare ristoranti e pizzerie (le vittime subivano passivamente senza denunciare la regola dl pizzo) e un vorticoso traffico di sostanze stupefacenti. VIDEO

Gli investigatori hanno ricostruito l’ingente volume d’affari illegali, il sistema di gestione delle piazze di spaccio h 24, le modalità di approvvigionamento e la cessione di cocaina, marijuana e hashish oltre al mantenimento degli affiliati detenuti.

TUTTE LE FOTO DEGLI ARRESTATI

Indagini che hanno consentito di ricostruire numerosi episodi di violenza sfrenata come il pestaggio a sangue di un ladruncolo ripostese reo di avere messo a segno – in autonomia – una rapina in danno di una pizzeria di Riposto che risultava però “coperta” dal gruppo di La Motta, versando il pizzo e che pertanto esseno sotto l’”ombrello” del clan non poteva essere soggetto ad alcun tipo di azione predatoria.

I maggiori ricavi si ottenevano dallo smercio della droga, marijuana in grande quantità, attraverso una capillare rete di pusher. Durante le indagini sono state arrestate in flagranza di reato di detenzione di droga 10 persone e sono stati sequestrati 210 kg di marijuana, 320 grammi di cocaina, 40 grammi di hashish, una piantagione con 170 piante di canapa indiana, quattro proiettili calibro 7.65 e 4.715 euro in contanti. Come detto, la direzione e la gestione del clan era riconducibile a Benedetto La Motta, 62 anni, tra i destinatari del provvedimento restrittivo, indicato da svariati pentiti come referente del clan catanese, coadiuvato da alcuni fedelissimi tra i quali Antonino Marano di 76 anni, noto come il «killer delle carceri» .

La Motta e Marano nel luglio della scorsa estate sono stati raggiunti recentemente da una ordinanza di custodia cautelare in carcere per l’efferato omicidio del giovane pizzaiolo giarrese Dario Chiappone, sgozzato, mentre era appartato con una donna in fondo ad un vicolo alla periferia di Riposto. I carabinieri nel corsi delle indagini hanno anche accertato che, in seguito all’arresto di La Motta, gli sarebbe subentrata la moglie, Grazia Messina. La donna avrebbe avuto un ruolo centrale poiché non solo avrebbe ricevuto i proventi delle estorsioni ma, come hanno evidenziato alcune intercettazioni, ha dimostrato di saper amministrare anche la giustizia criminale commissionando un pestaggio e di assicurare i proventi di sussistenza necessari per i parenti di soggetti finiti in carcere.

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