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L’economia siciliana arretra come il gambero. Armao: «Isola abbandonata dallo Stato»

Di Redazione |

PALERMO – In Sicilia la crisi, tra il 2008 e il 2014, ha bruciato 160 mila posti di lavoro. Come dire le intere città di Trapani, Enna e Caltanissetta messe insieme. E quest’esercito di espulsi dal mercato solo per un quarto è stato riassorbito nel quadriennio successivo.

E’ uno dei dati di Zoom Sicilia, il report Cisl-Diste di analisi congiunturale, approfondimento e outlook, che esamina l’economia siciliana alla luce delle variabili macroeconomiche principali: Pil, occupazione, investimenti, consumi, export, con riferimento all’andamento provincia per provincia. Il primo numero – “La marcia del gambero” – è stato presentato oggi a Palermo. Come un gambero, infatti, si muove l’economia della Regione Siciliana. Un passo avanti e due indietro. Annaspa, stenta, registra qualche timido segno più ma resta però tutto sommato “intrappolata sul fondo del ciclo recessivo” esploso nel 2008. Così, se per un verso brilla per esplosione di start-up innovative, per un altro l’Isola è ancora in fondo alla classifica d’Italia per imprese in grado di saldare le fatture nei termini di legge.

Nel rapporto si legge come stime preliminari di consuntivo 2018 prefigurino un calo dell’occupazione a 1 milione 363 mila unità, pari a una perdita netta di circa 4.000 posti di lavoro rispetto al 2017. In totale, dal 2015 al 2018, sono stati recuperati 41 mila occupati, sicchè per ritornare ai livelli dell’anno ante crisi (il 2007) restano ancora da riattivare 118 mila opportunità lavorative. Non è andato meglio il tasso di disoccupazione, fermo al 21,5% e quindi assai lontano dal 12,9% del 2007. Se insieme ai disoccupati “ufficiali” (370 mila circa) si tiene conto delle persone che vorrebbero lavorare ma non hanno fatto azioni di ricerca perchè scoraggiate, o per altri motivi, il numero dei potenziali disoccupati cresce a 900/950 mila e il tasso cosiddetto di mancata partecipazione al mercato del lavoro sale al 40,7%.

Quanto al prodotto interno lordo, si stima una crescita in termini reali dello 0,4% (0,3% nel 2016 e 0,5% nel 2017, secondo l’l’Istat) che porta il differenziale negativo sull’anno pre-crisi al 12,9%. Nel 2006 il prodotto per abitante era più basso del 33% della media nazionale, oggi rasentiamo il 40%. Con le dinamiche dell’ultimo quadriennio occorrerebbero come minimo altri vent’anni per tornare al punto di partenza. 

«La Sicilia è una Regione sostanzialmente abbandonata dallo Stato, e questo almeno da 10 anni. Una Regione in cui lo Stato non fa gli investimenti che dovrebbe ed è evidente che, di fronte a una crisi generale e all’idea che si possano risolvere i problemi del Mezzogiorno con il reddito di cittadinanza e non con investimenti, infrastrutture e attrazione di imprese, i numeri non possono che essere negativi», ha detto l’assessore regionale all’Economia Gaetano Armao a margine della presentazione del rapporto. «Semplificare e attrarre investimenti – ha aggiunto Armao – questo può far crescere di più la Sicilia».

Secondo Armao: «Con questo tasso di crescita torneremo a come eravamo nel 2007 solo nel 2030 e questo è inaccettabile. Non possiamo spiegare ai nostri figli che fino al 2030 qui non ce n’è per nessuno».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA