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Catania, Carl Brave pronto a rendere magica la notte alla Villa Bellini

Di Giorgia Lodato |

CATANIA – Da sempre è un tipo notturno, perché di notte c’è un atmosfera diversa, magica. E senza dubbio il ventinovenne Carl Brave – nome d’arte di Carlo Luigi Coraggio – renderà magica anche la notte catanese, durante la tappa siciliana del tour estivo Notti Brave After, domani 2 agosto alla Villa Bellini.

«La notte ha un altro sapore, non ci stanno i rompi***, su Instagram nessuno posta e nessuno ti scrive, in giro ci stanno poche macchine e quindi c’è un silenzio che ti dà molta più concentrazione per lavorare», commenta con l’inconfondibile accento romano a cui canzone dopo canzone ci ha fatto affezionare il cantante che unisce trap, rap e pop in uno stile unico. I suoi testi nascono un po’ in strada e un po’ nella famosa mansarda che spesso cita nelle interviste. Scrive di ciò che vede in giro e di ciò che vive in prima persona, trasforma in musica vicende quotidiane comuni ma non banali, frame di vita in cui chiunque si può rispecchiare.

«Dentro le mie canzoni c’è tutta la mia vita. Sono molto autobiografico, guardo quello che succede durante tutti i giorni a me e alle persone che mi stanno vicino, ai ragazzi che frequento. Una mia canzone parte sempre, o quasi, dalla strumentale, che dà una certa emozione e un certo mood. Una strumentale triste, che mi dà l’idea da cui partire per scrivere cose tristi». Che in realtà Carl affronta anche con una certa ironia, sdrammatizzando le situazioni da buon romano.

Viene dal mondo sportivo lui, e sa quanta tenacia e quanto sacrificio ci vogliono per raggiungere gli obiettivi che ci si prefissa. «Ho sempre avuto la passione del rap, da quando avevo 13 anni, ma prima vedevo il mio futuro nel basket – racconta -. Sono arrivato in serie B e poi ho dovuto fare una scelta».

Ha scelto la musica perché aveva voglia di sporcarsi un po’, esprimersi e buttar fuori ciò che sentiva dentro. Per questo quando Carlo scrive qualcosa, difficilmente poi cambia idea. Ma non c’è solo il rap nel suo percorso di crescita musicale. «Ho ascoltato un po’ di tutto, sono passato dal rap con il classico Tupac all’elettronica e alla techno un po’ berlinese, e sono sempre stato in fissa con la radio. Penso che dalla mia musica si percepiscano le varie influenze». Il punto di riferimento resta comunque Roma, con cui Carlo ha un rapporto di puro amore. «È casa, è un rapporto madre-figlio, non la lascerò mai» dice. Ed è proprio lì che sta scrivendo il prossimo disco, su cui ancora non anticipa niente. «Non so quando uscirà ma sarà figo. Un disco più maturo, sarà una bomba».

Certo, all’inizio c’era il rischio che il dialetto romano potesse in qualche modo rendere la sua musica più di nicchia, ma per Brave «è più genuino se parlo come magno, è più real. E qualsiasi persona in fondo si può rivedere in quello che racconto, perché uso il romano nei vocaboli e nel modo di parlare, ma i testi sono comprensibili da chiunque perché le situazioni sono le stesse, ciò che cambia è il modo di raccontarle».

E spesso lo fa attraverso i featuring, da Franco 126 a Coez, da Francesca Michielin e Fabri Fibra a Guè Pequeno e Frah Quintale, fino ai più recenti Max Gazzè ed Elisa. Collaborazioni che nascono sempre in modo diverso. «Nei miei dischi sono sempre io che li cerco, nel caso del singolo di Elisa (Vivere tutte le vite, ndr) è stata lei a cercarmi. Aveva già fatto questo pezzo in una chiave diversa e mi ha chiesto di metterci un po’ del mio mondo di produzione, dando un bacetto all’estate in maniera elegante».

Brano che ovviamente non mancherà nella scaletta del concerto catanese, che si inserisce nella rassegna organizzata dall’Università Porte Aperte e a cui parteciperanno tanti studenti, ma non solo. «Ho un bel rapporto con i miei fan, sono molto tranquilli, è tutta gente carina che viene per divertirsi e fare festa. Andando avanti il pubblico diventa più variegato, soprattutto dopo che mi sono esibito nei teatri. Diciamo che lo zoccolo duro va dai 18 ai 26 anni, anche se ai live vedo gente più piccola come cinquantenni e genitori con i figli». E a proposito di bambini, da piccolo sognava di fare l’inventore Carl, e in un certo senso lo è diventato davvero. Non di oggetti particolari o di fantascienza, ma di musica, di storie. «Oggi non ho sogni particolari, semplicemente voglio continuare questo percorso e arrivare sempre più in alto, voglio fà bella musica». E quando sale sul palco non si sente un supereroe, un Clark Kent che si trasforma in Superman. «Sicuramente sono più fomentato, ma resto il Carlo Coraggio di sempre».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA