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Tra amicizie “altolocate” ed antimafia “buco” di 10 mln nell’Istituto Mangano: cinque arresti a Catania

Di Redazione |

CATANIA – Promotore di due premi antimafia: quello dedicato alla madre, l’’Antonietta Labisì e il ‘Saetta-Livatinò. Considerato un paladino della legalità, avrebbe creato insieme alla sua famiglia un ‘bucò di 10 milioni di euro nella gestione dell’Istituto medico psico-pedagogico Lucia Mangano di Sant’Agata li Battiati. E’ la doppia personalità, secondo l’accusa, che ha chiamato l’inchiesta “Giano bifrontè, di Corrado Labisi, 65 anni, già presidente del Consiglio di amministrazione dell’Istituto, arrestato dalla Dia di Catania, diretta da Renato Panvino, nell’ambito di una inchiesta coordinata dal Procuratore Carmelo Zuccaro su un presunto ‘bucò da 10 milioni di euro nella gestione della struttura. Il Gip ha disposto per lui gli arresti domiciliari, come per la moglie, Maria Gallo, di 60 anni, la loro figlia, Francesca Labisi, di 33, e due collaboratori. I reati ipotizzati sono di associazione per delinquere e appropriazione indebita, con Corrado Labisi indicato come ‘capo, organizzatore e promotorè della presunta frode.

Secondo l’accusa, avrebbe «gestito i fondi erogati dalla Regione Siciliana e da altri Enti per fini diversi dalle cure ai malati ospiti della struttura, distraendo somme in cassa e facendo lievitare le cifre riportate sugli estratti conti accesi per la gestione della clinica». In una intercettazione Labisi parla con un amico, già appartenente al ministero della Difesa, all’indomani di una perquisizione eseguita dalla Dia nell’Istituto e al suo commercialista e dice: «Dobbiamo capire a 360 gradi se c’è qualcuno che deve pagare perché questa è la schifezza fatta a uno che si batte per la legalità… vediamo a chi dobbiamo fare saltare la testa». In questa circostanza, sottolineano dalla Procura, «chiaro appare il riferimento alla struttura investigativa della Dia», diretta da Renato Panvino, e “ai magistrati inquirenti che svolgono le indagini», il procuratore Carmelo Zuccaro, l’aggiunto Sebastiano Ardita e il sostituto Fabio Regolo. Nei confronti dell’Istituto la magistratura catanese ha chiesto un’istanza di fallimento. Corrado Labisi avrebbe utilizzato per fini diversi 1,3 milioni di euro, la moglie 384.000 euro. Soldi spesi per loro, per le associazioni che finanziavano e per gli amici.

Il Procuratore della Repubblica di Catania Carmelo Zuccaro ha detto: «Dispiace veramente che si utilizzino nomi di magistrati a cui tutti siamo legati per il loro sacrificio della vita». “Labisi – ha aggiunto – è persona che non fa mistero di intrattenere rapporti con personaggi importanti e non fa mistero del fatto che, qualora lo ritenga utile possa ricorrere all’aiuto di questi soggetti. Non ci risulta in questa indagine che questi soggetti siano intervenuti a suo favore, così come noi non gli imputiamo l’appartenenza a logge massoniche deviate e l’appartenere alla massoneria, come voi sapete, non costituisce reato». «Ancora una volta – ha continuato – i soggetti maggiormente offesi sono i soggetti bisognosi che all’Istituto Lucia Mangano ricorrevano perche avevano bisogno di assistenza e inoltre i 180 dipendenti di questìIstituto, i cui posti di lavoro sono messi a rischio dalla gestione scellerata che nel corso degli anni Labisi ha fatto: oltre 10 milioni di euro di debito contratto». Ed è grazie a loro che i ricoverati hanno ricevuto le opportune «cure» nonostante il ‘bucò di bilancio: «se fosse dipeso da loro – accusano dei dipendenti – si continuerebbe a dare ai pazienti latte allungato con acqua, maglie di lana e scarpe invernali nel periodo estivo».

Intanto la Procura ha presentato un’istanza di fallimento della struttura.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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