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Valerio Vullo, il “geometra” del panettone che tratta il lievito madre come un bambino

Di Carmen Greco |

Catania – Addentare una fetta di panettone e sentire profumo di pane appena sfornato. Troppo interessante per non chiedere al cameriere di poter parlare con il pasticciere e scoprire così che, nella vita, non è mai troppo tardi per imparare un mestiere. Lo sa bene Valerio Vullo, 39 anni, che, otto anni fa ha deciso che il suo destino sarebbe stato in un laboratorio di pasticceria fra creme e cannoli. «Ma diventare pasticciere non era assolutamente nei miei programmi – racconta con un mezzo sorriso seduto al tavolo del suo “regno”, lo storico Café Sauvage a Catania -; ho studiato da geometra, avevo un’impresa di pulizie e i dolci mi erano sempre piaciuti ma solo da mangiare. Poi, con altri due soci, ho aperto un bar-pasticceria al lungomare e, dopo varie vicissitudini nella gestione della società, mi sono ritrovato nel laboratorio su invito del capo pasticciere secondo il quale ero “portato” per questo mestiere. Quel mondo mi affascinava e da quel momento non sono più uscito. Tre anni fa, quando abbiamo rilevato il “Sauvage”, sono diventato il responsabile del laboratorio di pasticceria».

Come si diventa pasticcieri dall’oggi al domani?

«Mi sono messo a studiare e a frequentare corsi, dove mettermi al pari con gli altri. Il mio tutor consulente è stato Fabrizio Donatone, il pasticciere che nel gennaio 2015 ha vinto, insieme con Francesco Boccia ed Emmanuele Forcone, la Coupe du Monde de la Pâtisserie. Lui mi ha fatto conoscere tanti dolci, insegnato tante tecniche, e mi ha “presentato” il lievito madre. Da quel momento in poi è diventata la “cifra” della nostra pasticceria. Tutti i prodotti lievitati sono rigorosamente preparati con il lievito madre, dai cornetti ai panettoni, passando per le brioche».

Il lievito madre per i pasticceri è la bestia nera…

«Infatti tenerlo in vita è difficilissimo, basta un grado di temperatura in più o in meno, o un piano di lavoro non perfettamente pulito, che il lievito, man mano, muore. È influenzato dall’acqua che utilizzi, dalla farina che utilizzi, da mille fattori… è molto “sensibile”, è il “bambino” del nostro laboratorio, le prime attenzioni sono per lui. Se dovesse “morire”, per rifarlo ci vorrebbero dei mesi e quello che utilizziamo noi proviene da un ceppo che ha quasi quarant’anni di vita, me l’ha regalato Donatoni».

Immagino che nel panettone ci sia questo lievito “bambino”.

«Assolutamente, e poi burro, nessun aroma chimico, nessun conservante. Infatti i nostri panettoni hanno una vita limitata non possono durare mesi. Utilizziamo la pasta delle arance, i baccelli di vaniglia, abbiamo dato questa “impronta” alle nostre lavorazioni e i nostri clienti se ne sono accorti».

Quand’è entrato fra i “maestri” del panettone?

«Il 18 e 19 novembre, a Milano, ho partecipato alla seconda edizione del concorso “Miglior panettone al cioccolato” organizzato da Italian Gourmet. All’inizio c’erano 126 partecipanti, in finale siamo arrivati in 15, io mi sono piazzato secondo, ha vinto Bruno Andreoletti, allievo di Iginio Massari, ma ho perso solo di tre punti. Nella giuria c’erano alcuni degli chef più famosi d’Italia che poi si sono cimentati in una gara fra loro, da Sal De Riso a Luigi Biasetto, Fabrizio Galla, Gianluca Fusto, Attilio Servi, tutti pasticceri di grandissima qualità».

Che caratteristiche ha il suo panettone al cioccolato?

«L’impasto è fatto con cioccolato Madagascar Domori, all’interno ha gocce di cioccolato ed è ricoperto di glassa al cacao».

Perché non quello di Modica Igp?

«Tecnicamente il cioccolato di Modica non si presta a questo tipo di lavorazione».

In Sicilia fanno tutti i panettoni artigianali, secondo lei perché?

«Per certi versi è diventata un po’ una moda di noi pasticceri, qualche volta esasperata, devo ammetterlo. Poi ci sono molti che si fanno aiutare dai semilavorati e lì è molto più facile fare un panettone fresco mediamente buono. Anche quello è “artigianale” perché si usa comunque lievito madre disidratato, ma secondo me non è la stessa cosa. Se usi lievito madre fresco, quando lo inizi a lavorare basta un punto di acidità sbagliato a, far “stracciare” tutto. Questa “difficoltà” di lavorazione è per un pasticciere un vero esercizio di stile che dà la misura delle sue reali capacità. Forse per questo molti si confrontano con questo dolce».

Valerio Vullo con da sinistra Giacomo Besuschio e Bruno Andreoletti

Ma il suo dolce preferito qual è?

«La torta al limone di mia nonna Nunziatina, una base di pasta frolla con crema al limone e pinoli. Esteticamente, forse, non era granché ma al gusto era insuperabile».

C’è una torta Nunziatina al “Sauvage”?

«Ancora no, ma potrebbe essere un’idea, magari ne faremo una rivisitando la sua ricetta».

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