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Favignana: senza turisti (e senza più la mattanza) l’isola-farfalla stenta a volare

Di Mariza D’Anna |

L’isola-farfalla si sta risvegliano con grande fatica dalla lunga pausa che l’ha fermata nei mesi della pandemia. Se il coronavirus non è arrivato a sbarcare grazie al mare che l’ha protetta dai pericoli del contagio, concedendo ai suoi abitanti una relativa tranquillità, appena le maglie sanitarie si sono allentate – e poi sciolte dal 3 giugno – si è trovata spiazzata e sola: senza un turista in giro per le sue calette, con collegamenti insufficienti con la terraferma e anche senza mattanza. Penalità che, sommate insieme, sono un prezzo molto alto da pagare per l’isola abituata ad alti flussi turistici e «l’averla scampata», come dicono a Favignana riferendosi agli effetti del Covid-19, non basta a fare tornare il buon umore.

Ecco spiegato perché sul presente c’è molta incertezza. «Siamo senza un futuro» allargano le braccia gli operatori turistici ma, sotto sotto, confidano che passato il mese di giugno e l’incertezza, luglio e agosto possano rivedere un’accettabile fetta di turismo, «turisti qualsiasi – dicono – siciliani, italiani, stranieri, basta che arrivino».

Sembra invece che sulla stagione della pesca del tonno sia calato un velo di rassegnata accettazione. Sono poche le voci che si levano per una battaglia che Favignana non ha perso oggi ma molti anni fa quando, per diverse ragioni, nel 2007 – tredici anni sono quindi passati – si è consumata l’ultima stagione di pesca con le reti fisse, una tradizione a cui l’isola è indissolubilmente legata e che ha fatto le sue fortune, con la lavorazione del tonno allo stabilimento Florio prima e con il turismo poi.

Era il 1874 quando l’imprenditore Ignazio Florio fece realizzare, mettendo a frutto le idee progettuali dell’architetto Giuseppe Damiani Almeyda, il grande stabilimento industriale – lo chiamavano “Torino”, era la loro Fiat – e per primo avviò con il metodo della catena di montaggio, la bollitura e la conservazione del tonno che veniva messo sott’olio, inscatolato e poi commercializzato. I tonni, allora anche del peso di due o trecento chili, entravano nelle reti e arrivavano nella camera della morte, posizionata davanti alla costa, non lontano dalla terraferma e l’attività di pesca era la principale fonte di sostentamento per le famiglie dell’isola. Le vicissitudini legate alle sempre minori quantità di pescato dovute anche alle razzie compiute dalle tonnare volanti che bloccavano i pesci nella loro corsa primaverile e le minori entrate che l’imprenditore Castiglione realizzava stagione dopo stagione, hanno cambiato il corso della tradizione secolare. Poi battaglie locali, politiche comunitarie e nazionali, e gli ambientalisti hanno contribuito a fiaccare e rendere sempre più incerta la pesca del tonno. È spiegato dunque perchè, se anche quest’anno la mattanza non si farà, il grido di protesta sull’isola si è fatto più fievole e sordo.

L’investimento economico per calare le reti – che direttamente darebbero lavoro a una quarantina di pescatori – non è più vantaggioso e, nello spirito d’impresa, per Castiglione non è sostenibile. Ma cosa è successo di nuovo: quest’anno alla tonnara di Favignana è stata assegnata una quota di 33 tonnellate di pescato, a fronte delle 14 della passata stagione. Potrebbe sembrare un buon salto in avanti invece è sempre insufficiente a garantire proventi accettabili per l’attività economica; a questo poi si è aggiunto il ritardo nella pubblicazione delle quote da distribuire, uscite solo l’8 maggio, una data buona per la burocrazia ma pessima per organizzare, in così poco tempo, un tonnara fissa che, a differenza delle reti volanti dei pescherecci autorizzati che scorrazzano per il Mediterraneo, richiede un’attività preparatoria complessa e costosa prima di arrivare alla posa delle reti che compongono la tonnara: muciare (barche di pesca) da preparare, attrezzature da sistemare, boe da posizionare e tutto quello che è necessario per una buona riuscita della pesca.

La posa delle reti poi fa parte di una scienza esatta che solo il rais e i suoi aiutanti conoscono. E Favignana, orfana da due anni del suo capo, Gioacchino Cataldo, fatica a riprendesi dalla grave perdita di colui che è stato custode dei segreti della pesca, volto conosciuto e rimpianto per la sua capacità di attrarre l’attenzione dei turisti. Tocca al sindaco delle Egadi, Giuseppe Pagoto parlare a nome della sua comunità: «Siamo delusi – dice – C’è stato un incremento delle quote tonno assegnate, ma ancora non è sufficiente a rendere l’investimento sostenibile dal punto di vista finanziario, e poi il decreto è stato pubblicato molto in ritardo, quando non si sarebbe riusciti a calare le reti». Poi, gettando qualche ombra sui criteri di ripartizione e sulle logiche delle politiche sulla pesca, aggiunge: «Forse si è voluto agevolare chi era già pronto». Chi era pronto? Favignana era volenterosa ma non era pronta, intenta a togliersi di dosso la polvere del tempo, la Sardegna con Cala Vinagra, Carloforte Isola Piana, Capo Altano lo era, forse solo perchè le tonnare fisse lì non si sono mai fermate e per loro il ministero aveva disposto bene 392 tonnellate da spartirsi.

Quando la scorsa primavera l’impresa Castiglione voleva dare il via alla stagione di pesca, contava di ottenere dalle 70 alle 100 tonnellate di quota tonno, così ce l’avrebbe fatta, invece ne erano arrivate 14 e si era fermato, anzi non era neppure partito. Le accuse erano fioccate al governo gialloverde del tempo e l’opposizione di centrosinistra aveva denunciato la “mala gestio” ma ora che le quote sono sottoscritte da una governo di composizione diversa, con la ministra Teresa Bellanova del Pd a guidare il dicastero, la delusione è la medesima. «L’anno scorso esponenti dell’opposizione sembravano aver compreso il valore dell’impresa e la grande opportunità per la nostra regione – dice il sindaco di Favignana del Pd, vicino quindi politicamente al nuovo governo – e invece non sono riusciti ad interpretare le speranze della pesca locale». Hanno vinto le lobby si sussurra, quelle che ogni anno trasversalmente si muovono verso chi devono favorire. Una bella gatta, politica, da pelare che l’eurodeputato alcamese Ignazio Corrao dei 5 Stelle raccoglie nella sua denuncia: «Si devono modificare i criteri di assegnazione delle quote tonno – dice – Non è possibile privare l’isola di Favignana, dove la pesca del tonno ha fatto la storia, di una risorsa così preziosa per la comunità». Corrao, che si fa portavoce del malcontento locale, dice anche di aver chiesto alla Commissione europea «di intervenire immediatamente con nuovi criteri e principi per l’attribuzione delle quote tonno che potrebbero essere assegnate direttamente alle comunità locali, e ai Comuni come Favignana e ciò permetterebbe di supportare la pesca tradizionale del tonno in un’ottica di beneficio per l’intera comunità».

Se la Comunità europea, come dice l’eurodeputato, spinge gli Stati membri a favorire le tonnare fisse come quella di Favignana che praticano una pesca più “sostenibile”, allora c’è qualcosa che non torna, visto che il nostro ministero non adotta comportamenti equi e conseguenti.

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