Palermo
Borsellino, ex pm Petralia davanti ai magistrati sceglie di rispondere
CALTANISSETTA – Ha scelto di rispondere in aula Carmelo Petralia, ex pm del pool che indagò sulla strage di via D’Amelio, citato al processo, in corso a Caltanissetta, sul depistaggio delle indagini sull’attentato che vede imputati di calunnia aggravata Fabrizio Mattei, Mario Bo e Michele Ribaudo, i funzionari di polizia che facevano parte del pool di investigatori che condusse l’inchiesta. Petralia, che non ha dato il consenso alle riprese, si sarebbe potuto avvalere della facoltà di non rispondere in quanto indagato di calunnia aggravata insieme alla collega Anna Palma, nel procedimento connesso a quello nisseno, aperto a Messina. Palma è stata sentita alla scorsa udienza.
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Secondo la ricostruzione della Procura, gli inquirenti dell’epoca – pm e investigatori -, avrebbero creato a tavolino pentiti imbeccandoli, costringendoli ad accusare otto innocenti e depistando, così, le indagini. Petralia è attualmente procuratore aggiunto a Catania, mentre Palma è avvocato generale a Palermo. Nei mesi scorsi i pm di Messina, che per legge hanno la competenza sulle indagini a carico dei colleghi catanesi – da qui la loro inchiesta su Petralia – ha scoperto una serie di bobine, mai analizzate prima, con le registrazioni delle intercettazioni di telefonate tra il falso pentito Vincenzo Scarantino, uno dei protagonisti chiave del depistaggio, alcuni investigatori dell’epoca e i due pm. A giugno la Procura della Città dello Stretto notificò ai due magistrati l’avviso di garanzia e l’iscrizione nel registro degli indagati contestualmente alla notizia che sulle bobine sarebbero stati effettuati accertamenti tecnici. Quelle conversazioni sono ora agli atti del processo in corso a Caltanissetta a carico dei poliziotti. Petralia, tra l’altro, dovrà deporre sia sul contenuto delle sue conversazioni con Scarantino, sia, più in generale, sulla gestione dei collaboratori di giustizia poi rivelatisi falsi che, secondo l’accusa, sarebbero stati istruiti e «telecomandati» dagli inquirenti.
«Dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio, visto lo choc generale subito dal Paese, ci fu un concorso di contributi investigativi incredibile. C’erano momenti in cui nella stanza del procuratore c’erano funzionari dell’Fbi o della polizia tedesca. E in quel contesto c’era anche la presenza di appartenenti al Sisde. In particolare ricordo che c’era Bruno Contrada con cui una volta andammo anche a pranzo. Di Contrada avevo comunque sentito parlare da collaboratori di Falcone che mi avevano riferito, tra l’altro, di una diffidenza del magistrato verso di lui», racconta Petralia. Davanti ai giudici sono imputati di calunnia aggravata tre poliziotti che indagarono sull’attentato e che, secondo i pm, avrebbero creato a tavolino pentiti come Vincenzo Scarantino suggerendo loro una falsa verità sulla strage. Petralia, che ora è procuratore aggiunto a Catania, è indagato per lo stesso reato a Messina. «A tenere i contatti con Contrada sicuramente era il capo dell’ufficio, Gianni Tinebra. Vi fu un contributo informativo – aggiunge – da parte del Sisde. In che modo si sia sostanziato e quanto sia durato non lo so». “Il rapporto col Sisde, per quel che mi consta, lo teneva Tinebra», dice rispondendo al pm Stefano Luciani che gli chiede spiegazioni su alcune annotazioni trovate nell’agenda di Contrada relative a ‘indagini sulle stragì. Contrada, allora ex numero due del Sisde, è stato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa.
«Oggi è relativamente facile cogliere le criticità di quell’indagine. Ma allora c’erano i poliziotti che portavano elementi che avevano suscettibilità di sviluppo investigativo. Loro ci credevano e io non avevo gli strumenti per sospettare una malafede».
Il Procuratore aggiunto di Catania Carmelo Petralia, che dopo il ’92 ha indagato sulle stragi mafiose non sapeva dei «colloqui investigativi» con Vincenzo Scarantino, l’ex collaboratore che poi ritrattò tutto. A dirlo in aula è stato lo stesso Petralia. «Apprendo solo oggi dei colloqui investigativi con Scarantino», dice il magistrato, che all’epoca era stato applicato alla Procura di Caltanissetta. Si tratta dei colloqui investigativi avvenuti a Pianosa il 20 dicembre 1993, di Pianosa del 22 dicembre 1993, e a dire del 4 gennaio 1994 e del 28 gennaio 1994. Lo stesso vale anche per l’ex collaboratore Francesco Andriotta sentito il 23 dicembre 1993, il 9 gennaio 1994 e il 12 gennaio 1994. «Non sapevo di questi colloqui”, ha insistito il pm Petralia, indagato per calunnia aggravata con la collega Annamaria Palma.
«Le redini dell’indagine» sulla strage di via D’Amelio della Procura di Caltanissetta «erano nelle mani di Ilda Boccassini che aveva un rapporto assolutamente privilegiato con il dottor La Barbera» ha spiegato Petralia che poi è stato chiamato dai pm a dare spiegazioni delle telfonata intercorsa tra lui e il falso pentito Scarantino: «Nella telefonata registrata tra me e Vincenzo Scarantino» pochi giorni prima degli interrogatori e della deposizione dell’ex pentito del 24 maggio 1995 «dicevo a Scarantino di non preoccuparsi e di avere quei codici comportamentali che ogni collaboratore di giustizia deve avere. Non volevo prepararlo ma solo dargli dei chiarimenti». Con queste parole Petralia illustra il contenuto della telefonata registrata tra il magistrato e l’ex collaboratore.
La telefonata
Magistrati e investigatori interrogarono Scarantino l’11 maggio 1995, cioè tre giorni dopo la telefonata con il pm Petralia. Il 25 maggio il falso pentito andò in aula per la sua prima deposizione in corte d’assise.
«Spiegavo a Scarantino che iniziava la fase prodromica della deposizione -dice – e Scarantino era in una fase di stress. Come ogni pm che si è occupato di processi con collaboratori di giustizia, anche problematici, volevo spiegare a Scarantino che non doveva andare fuori dalle righe e che doveva evitare di replicare e di avere ad aver quei codici comportamentali che ogni collaboratore di giustizia deve avere». «Nel caso di specie prego di contestualizzare – dice ancora Petralia – stavamo parlando del primo processo della strage di via d’Amelio. E il soggetto era problematico».
Ma cosa si erano detti l’8 maggio 1995 Scarantino e Petralia? «Scarantino, ci dobbiamo tenere molto forti perché siamo alla vigilia della deposizione», diceva Petralia annunciandogli una visita con il procuratore Giovanni Tinebra e il capo della squadra mobile Arnaldo La Barbera. «Ci sarà tutto quanto lo staff delle persone che lei conosce, potrà parlare di tutti i sui problemi così li affrontiamo in modo completo e vediamo di dargli una soluzione. Contemporaneamente iniziamo un lavoro importantissimo che è quello della sua preparazione alla deposizione al dibattimento».
Ma cosa intendeva dire con “preparazione alla deposizione”? Oggi il magistrato spiega: «Quella che chiamo preparazione alla deposizione dibattimentale era solo un modo per dare a Scarantino dei chiarimenti e delle indicazioni sugli interrogatori successivi».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA