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Ars, gara di solidarietà deserta: rispondono solo in 2 su 70

Di Mario Barresi |

Catania. «Caro collega…». Inizia così l’accorato appello del presidente Gianfranco Miccichè agli altri 69 deputati regionali dell’Ars. Una comunicazione istituzionale, certo. Come tante altre. Ma nella paginetta chiusa con firma autografa, su carta intestata della Presidenza dell’Assemblea regionale siciliana, stavolta c’era qualcosa di più.

Un invito. Un accorato appello alla generosità degli inquilini di Sala d’Ercole. Per dare un segnale – in tempi di antipolitica; ma anche, obtorto collo, di tetti ai dipendenti dell’Ars – di attenzione a ciò che succede fuori dal Palazzo. Dei Normanni.

L’intenzione di Miccichè, nella nota del 27 febbraio, è nobile. «A seguito dell’introduzione dei limiti stipendiali al personale dell’Assemblea regionale siciliana, il Consiglio di Presidenza, a maggioranza, ha deliberato, tra l’altro, di istituire il capitolo di bilancio da destinare ad iniziative di beneficienza (sic!, ndr) e sociali». Il capitolo si chiama “Iniziative per finalità sociali e di solidarietà”, «con dotazione prevista di euro 100.000».

Il che costituisce una parte della spending review dovuta ai tagli sui dipendenti dell’Ars. Che lo stesso presidente, in un’intervista a La Sicilia (nella quale rilanciava il suo credo: «Con stipendi bassi la classe dirigente sarà sempre scarsa») stimò in «meno di un milione di euro l’anno, dopo tutto il casino che è stato fatto…».

Onde ragion per cui, Miccichè scrive agli onorevoli: «Ho altresì deliberato di avviare una raccolta tra i deputati per devolvere una somma auspicabilmente di pari valore, alle medesime finalità di natura sociale e di solidarietà».

Un modo concreto per mostrare vicinanza ai dipendenti, costretti – bontà loro – a sopportare il tetto agli stipendi: 240mila euro lordi per i dirigenti, 204mila per gli stenografi, 193mila per i segretari, 148mila per i coadiutori, 133.200 euro per i tecnici e di 122.500 euro per gli assistenti parlamentari. Un sacrificio dal quale sono state escluse, dopo la trattativa dei sindacati, le indennità di funzione e mansione, corrisposte al personale in 12 mensilità, che oscillano da un minimo di 215 euro lordi (140 euro netti) per le categorie più basse a un massimo di 2.122 euro (1.273 euro netti) per quelle più alte.

«Se i lavoratori accettano i tagli, allora anche i politici possono dare un segnale». Questo il ragionamento emerso in Consiglio di presidenza. Da qui il gentile invito di Miccichè. Giammai un obbligo: «Pertanto, ove ritenessi di aderire a tale iniziativa – si conclude la lettera del presidente ai deputati – Ti invito a sottoscrivere il modulo allegato, indicando la somma che intendi elargire, e a trasmetterlo a questa Presidenza entro la data del 15 marzo così da poter effettuare nei termini di legge la conseguente variazione al bilancio interno dell’Assemblea».

Per somma «auspicabilmente di pari valore» il presidente dell’Ars intendeva 100mila euro. Che, divisi per i 70 deputati regionali, fanno poco più di 1.400 euro. Un’offerta una tantum. Una specie di Telethon con una cifra tutto sommato “sostenibile” per chi ogni mese ha una busta paga lorda che parte da 11.100 euro fra indennità e diaria.

In quanti avranno risposto alla chiamata del cuore? «Fino a qualche giorno fa, ben dopo la scadenza del 15 marzo, gli unici ad aver firmato il modulo eravamo io e il presidente Miccichè», ammette – piuttosto sconsolato – il deputato questore Giorgio Assenza (#DiventeràBellissima). Nient’altro da dichiarare? «Certo, se i numeri sono questi, la risposta è un po’ deludente…».

D’altro canto c’è chi gongola. Amaramente. Giancarlo Cancelleri, vicepresidente grillino dell’Ars, chiede a Miccichè di «mostrare l’estratto conto del capitolo di bilancio, perché sono convinto che non ci troveremo neanche un centesimo». Una vendetta, per il deputato del M5S che si dice «deluso, anche se non sorpreso» dalla risposta dei capigruppo dell’Ars alla sua proposta di tagliare gli stipendi e abolire i vitalizi anche per gli ex deputati. «Ma che volete che facciano, questi qui che non vogliono versare neanche 1.300 una tantum? Una legge per tagliare i privilegi non la voteranno mai… Qualcuno dice che così la politica sarebbe un lusso per i ricchi nobili? Nobili sì, ma d’animo. E se noi, anche tagliandoci gli stipendi, siamo diventati la prima forza politica in Sicilia e poi in Italia, vorrà pure dire qualcosa…».

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