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Catania, FdI punta su Trantino (ma Lega non molla su Sudano)

Di Mario Barresi |

«Ma lo sai che non ci avevo pensato? Può essere l’uovo di Colombo». Quando, giovedì scorso, Ignazio La Russa incontra Giuseppe Castiglione a Roma «per parlare in generale della situazione siciliana» viene in apparenza colto da una folgorazione. Perché il viceré meloniano di Sicilia riceve da un interlocutore al di sopra delle parti (e persino al di fuori dalla coalizione, in quanto deputato calendiano di Azione) un «consiglio spassionato e disinteressato»: risolvere la diaspora catanese proponendo Enrico Trantino come candidato sindaco, «una figura che unisce il profilo identitario della destra con quello personale di professionista serio e perbene».

Magari il mefistofelico La Russa quel nome l’aveva già in tasca e con Castiglione avrà finto interessato stupore, ma fatto sta che quando l’ex sottosegretario alfaniano – venerdì, durante un aperitivo subito dopo un evento organizzato dalla Fondazione Einaudi a Catania – ha raccontato l’episodio al diretto interessato, l’avvocato ha ricollegato un po’ di cose: «Ecco perché Ignazio oggi mi ha chiamato… Non lo sentivo da un po’».

Ciò non significa che la scelta di Trantino come «nome di sintesi» di Fratelli d’Italia per la candidatura a sindaco di Catania sia dovuto al “concorso esterno” di Castiglione. Anzi, c’è chi parla di un sondaggio last minute finito sul tavolo dei vertici di Via della Scrofa, con dati incoraggianti per Trantino, peraltro non inserito nella rosa di uno precedente. Ma l’aneddoto sull’assist a sorpresa contribuisce a capirci un po’ di più. Con l’avvocato figlio d’arte (il padre, Enzo, ex parlamentare Msi, è nel pantheon della destra siciliana) i meloniani escono dall’angolo.

Ed è ancora ’Gnazio, così come in piena estate per Renato Schifani alla Regione, a tirare fuori il coniglio dal cilindro. Trantino, col via libera di Giorgia Meloni, è stato ufficialmente proposto al tavolo regionale del centrodestra. La Lega, però, non molla: «Prendiamo atto del nome di grande rispetto avanzato da FdI ma restiamo sulla candidatura di Valeria Sudano», scandisce la commissaria regionale Annalisa Tardino. Nel vertice di Palermo la proposta dei meloniani riscuote l’entusiastico sostegno dell’Mpa di Raffaele Lombardo. «Siamo pronti a stampare i volantini dei nostri candidati con la scritta “Trantino sindaco”», notifica agli alleati l’astuto Fabio Mancuso. Mentre Carmelo Pace e Andrea Messina, emissari di Totò Cuffaro (che ieri pomeriggio aveva capito che in lizza ci fosse Trantino padre e non il figlio), continuano a esprimere la preferenza per Sudano. «Ma a questo punto decide la Lega».

Neutrale la posizione di Forza Italia. Il commissario regionale Marcello Caruso «prende atto» di una «figura autorevole e di altissimo profilo», ma ricorda che «la Lega ha da tempo avanzato un’altra candidatura qualificata». E dunque l’uomo-ombra di Schifani (il governatore è felice di non dover inghiottire da Meloni la candidatura di Manlio Messina e tutto sommato sollevato che non sia neppure Ruggero Razza) auspica l’ultimo passo avanti decisivo: «Entro le prossime ore siamo certi che si giunga a quella auspicata candidatura unitaria».

La nomination di Trantino, qualsiasi sia la genesi, ha l’effetto di trovare il miglior compromesso possibile fra i Fratelli di Catania. Salvo Pogliese, che ha spinto fino all’ultimo su Sergio Parisi, si ritrova in lizza un altro suo ex assessore, ma è comunque sollevato (Trantino «personalità autorevole e prestigiosa», dice) dal non averla data vinta a Razza. Che, deluso anche dal “fuoco amico” siciliano giunto fino a Roma (anche sottolineando la nomina ad assessora regionale della moglie Elena Pagana, che sarebbe stata «sul punto di dimettersi») fa buon viso a cattivo gioco: la scelta di Trantino è «una bella notizia», dice ringraziando, fra gli altri, il suo big sponsor Lombardo. Il quale, pur senza la sua prima scelta, comunque ottiene il «nome forte» per scongiurare l’ipotesi che Luca Sammartino possa prendersi Palazzo degli Elefanti. E anche Nello Musumeci, negli ultimi giorni riemerso con un netto endorsement per il suo ex assessore alla Salute, sbaglia a puntare il suo gettone alla roulette patriota, tanto più che i rapporti con Trantino non sono quelli di una volta. A vincere, nel borsino di FdI sotto il Vulcano, è il duo dei golden boy: Messina, in asse con Gaetano Galvagno, ottiene il duplice risultato di archiviare l’era Pogliese senza aprire quella di Razza, puntando su un quasi sessantenne che non fa più di tanto ombra alla loro ascesa parallela. Ma c’è una grana da risolvere. Perché Pippo Arcidiacono, altro ex assessore di Pogliese fra gli aspiranti, non intende farsi da parte: «Resto candidato».

E adesso che succede? La Lega prende tempo. Sicuramente più delle «ventiquatt’ore per chiudere l’accordo» di cui parlano alcuni big di FdI. Matteo Salvini, riferiscono fonti leghiste, «non ha mai parlato di Catania con la Meloni». Potrebbe essere oggi, in una pausa del Consiglio dei ministri, la prima occasione utile. Il Capitano, anche dopo le agenzie che rilanciano la candidatura di Trantino, sarebbe rimasto fermo: «Valeria, per me possiamo andare fino in fondo», la rassicurazione alla sua deputata. Ma adesso è una questione di prospettive. E di numeri. Non è passata inosservata, in ambienti leghisti, la sfida fatta trapelare dagli alleati. Con tanto di proiezioni sui risultati delle liste alla mano: almeno un 15% per quella di FdI, con altrettanto accreditato a quelle di Lombardo, più un ulteriore 10% fra Forza Italia e civiche. «Anche se con loro c’è Cuffaro, vinciamo al primo turno. E per noi, in termini di assessori da nominare e di consiglieri eletti, è anche meglio». Fino a che punto Sammartino «è pronto a rischiare di isolarsi anche alla Regione se non arriva al ballottaggio?», si chiede un raffinato meloniano. Il punto è proprio questo. Assieme a un altro: Meloni e Salvini sono davvero disposti a rompere su Catania?

Lo scopriremo presto. Così come conosceremo le prime parole da aspirante candidato di Trantino. «Sono sereno, purché non mi pubblichiate quell’orrenda foto dell’ultima volta», ironizza con La Sicilia in serata, mentre cena con la moglie e il padre. L’unica concessione pubblica è un post sui social. «Non è perché le cose sono difficili che non osiamo, ma è perché non osiamo che sono difficili». Citazione di Lucio Anneo Seneca. Quanto mai azzeccata, non c’è che dire.Twitter: @MarioBarresiCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA