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M5s, Conte pronto a rompere col Pd anche in Sicilia: e ora la Chinnici potrebbe ritirarsi

Il leader nazionale dei grillini interverrà online all’assemblea regionale del movimento, alle 18,30 all’hotel San Paolo di Palermo

Di Mario Barresi |

Oggi deciderà Giuseppe Conte. Per sé e per gli altri. Non soltanto la strategia del M5S in Sicilia. Ma anche, più o meno indirettamente, il destino del Pd  e  della candidatura di Caterina Chinnici. Il leader nazionale interverrà online all’assemblea regionale del movimento, alle 18,30 all’hotel San Paolo di Palermo, davanti a  «oltre mille persone, fra  presenti fisicamente e collegati da remoto».

Conte dovrà decidere cosa fare dell’alleanza col Pd in Sicilia. E magari comunicarlo ai suoi, dopo averli ascoltati. Nuccio Di Paola l’ha già fatto: nove assemblee provinciali con eletti, amministratori  e attivisti, per analizzare i risultati alle primarie e sondare gli umori sul da farsi. Nella base prevale la linea dura: rompere con i dem, a maggior ragione dopo lo sfregio di accogliere Di Maio, e andare da soli anche alle Regionali. I deputati dell’Ars sono per il rispetto del patto «per non  consegnare la Regione alle destre».

L’ha ripetuto più volte il referente regionale, in sintonia con quasi tutto il gruppo e anche con Giancarlo Cancelleri,  passato da una posizione interna di rottura  a una pubblica di apertura al Pd. Ma non c’entrano nulla le voci tendenziose sulla corsa del sottosegretario nella lista Chinnici. «Resto nel movimento, farò campagna elettorale per Regionali e Politiche. E non mi candido a nulla. Anzi, a pensarci bene – ironizza Cancelleri – c’è l’elezione del mio condominio a Catania, ma la vicina del secondo piano è forte…». Altro discorso, con Chinnici eletta, sarebbe un posto in giunta, senza infrangere regole grilline. Ma è un discorso  prematuro.  

Anche perché a Roma in molti sono convinti che oggi Conte farà saltare tutti i conti. «Il presidente ha le idee chiare: con l’election day è arduo stare col Pd in Sicilia». Il verdetto, magari corroborato dalle voci degli attivisti siciliani, potrebbe essere emesso oggi stesso. E c’è già il piano B: la candidatura in solitaria. Quella naturale sarebbe di Barbara Floridia, seconda alle primarie. La sottosegretaria smentisce un eventuale disimpegno («chi lo pensa non mi conosce»), ma in incontri riservati ha esternato la preferenza per il secondo mandato a Roma. Non è detto che una cosa escluda l’altra: il leader potrebbe chiederle un altro sacrificio, ma col paracadute al proporzionale del Senato. Senza Floridia in campo, due le alternative: lo stesso Di Paola o Luigi Sunseri.

E il Pd? Aspetta. Non può fare altro. Anthony Barbagallo è  vittima di una specie di maledizione: prima la rottura Conte-Letta a  pochi giorni dalle primarie, ora lo strappo di Calenda proprio quando il campo siciliano era  spianato ai centristi. Il segretario regionale segue l’ammirevole linea della coerenza: difendere l’accordo col M5S e provare a estenderlo ad Azione, +Europa e Iv.

Il primo punto, nonostante la copertura del Nazareno, dipende da Conte, anche se qualche deputato regionale rivela una «improvvisa distanza»  all’Ars. «Tanto non siamo più alleati», la risposta grillina a divergenze tattiche di opposizione.

E il punto 2 è messo a rischio dal terzo polo. Confessa Fabrizio Ferrandelli, fino a ieri corteggiato per un ticket con Chinnici; «Aspettiamo che si chiarisca il quadro romano, ma quello siciliano non può essere avulso». Ed è ipotizzabile un candidato terzopolista: pronto  l’ex grillino Giorgio Trizzino, ma c’è chi pensa al sindaco di Siracusa, Francesco Italia.

Ma il vero dramma, se il campo progressista si disintegrasse, sarebbe nel Pd. Senza M5S né centristi, costretto a correre con il solo Claudio Fava (rinsavito dalla tentazione di ritirarsi, sta lavorando alle liste) che chiede più sprint alla vincitrice delle primarie. Ma il colpo di scena potrebbe arrivare proprio da Chinnici. «Caterina non può fare la corsa solitaria di testimonianza se salta lo schema del campo progressista», scandisce uno fra i dem più vicini all’eurodeputata. Il ritiro? Resta ancora una parola tabù. In un partito in cui c’è però chi si porta avanti con la fantasia: in tal caso la chiamata per la “supplenza di ferragosto” non potrebbe che arrivare allo stesso Barbagallo.

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