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L'INCHIESTA

Regione, nel caos dei fondi Ue rispunta l’area agility per cani: tutti i progetti (ma è già scontro)

Braccio di ferro tra governo e Ars sui 774 milioni di Fsc . Progetti ai raggi X negli assessorati, domani scelte in giunta. Ma la classe dirigente siciliana è in grado di gestire i soldi di Pnrr e Ue senza “logiche da sagra”? Ecco perché sarà dura

Di Mario Barresi |

C’è anche la mitica «area verde attrezzata con percorso agility» nel quartiere Macchitella di Gela. Eppure, forse ricordando mesi di sfottò sull’opera – già inserita precipitevolissimevolmente dal governo Crocetta nel pantagruelico Patto per il Sud firmato dall’ex governatore con Renzi, officiante Alfano – la commissione Bilancio dell’Ars ha pensato di camuffare l’ingombrante déjà vu fra i 774 milioni del Fsc, sbianchettando le parole «per cani» (perché di questo si tratta) con l’aggiunta di un più vago «verde». Ma l’opera, già nell’infinito elenco vidimato alla Valle dei Templi nel 2016,  è sempre la stessa. Così come altre decine, che attraverso un copia&incolla seriale di celle Excel, rimbalzano da anni da un file all’altro, da un fondo all’altro, di utopia in utopia. Anche adesso, alla vigilia di una stagione irripetibile, nella quale in Sicilia arriveranno una cinquantina di miliardi di fondi extraregionali da Roma e soprattutto da Bruxelles, fra Pnrr e risorse della programmazione 2021/27.

La Regione può davvero permettersi di gestire questa storica fase con lo stesso approccio – sciatto, provinciale, elettoralistico – con cui si partoriscono gli emendamentucoli stile “tabella H” da far votare all’alba per favorire il sindaco-amico del paesino, l’associazione acchiappavoti o, nella più nobile delle ipotesi, il proprio collegio elettorale?

Chissà se questa domanda è quanto meno aleggiata, martedì scorso a Palazzo d’Orléans, quando s’è consumato lo scontro istituzionale fra governo regionale e Ars sull’utilizzo della prima anticipazione del Fsc (Fondo sviluppo e coesione), pari a circa 774 milioni su un plafond atteso di quasi 10 miliardi.

La giunta di Nello Musumeci aveva  patteggiato con la ministra del Sud, Mara Carfagna, che il piano dovesse contenere soltanto progetti esecutivi. E il governo ha blindato il budget: 142 milioni a Lavoro e famiglia, 71 alle Attività produttive, 61 all’Ambiente, 60 al Turismo, 49 alle Infrastrutture. Progetti definiti «immediatamente cantierabili», e dunque da poter subito mandare in gara, nonostante le schede tecnica allegate rivelino tempi che si dilatano fino al 2025. Ma nella seduta di giunta dello scorso 7 settembre arriva il tentativo di blitz dell’Ars: un nuovo elenco partorito dalla commissione Bilancio, in cui spariscono 37 delle opere dell’elenco deliberato dalla giunta lo scorso 1° luglio, aggiungendone 87 nuove. Facendo ballare di fatto 178 milioni.

La narrazione istituzionale ha un prequel politico. Qualche assessore informato (oltre che indignato)  racconta come la matrice dell’assalto alla diligenza del Fsc sia legata a una triplice alleanza forzista: i presidenti di Ars e commissione Bilancio, il guastafeste Gianfranco Miccichè e il raffinato Riccardo Savona (con il placet di decine di deputati regionali, compresi quelli delle integerrime opposizioni) con un “cavallo di Troia” d’eccezione in giunta, ovvero Gaetano Armao. Quest’ultimo molto interessato, rivela un suo collega, a ripescare i soldi per alcuni progetti dell’Arit (una trentina di milioni in tutto, dei quali 7,2  per il “Sistema telefonico unico regionale” e 5,6 per l’“Interoperabilità dei cartografici digitali”) rimasti senza copertura finanziaria.

«Gaetano, ma se dobbiamo montare tutto questo casino per i 30 milioni che t’interessano te, non è meglio che troviamo i soldi per te altrove e lasciamo tutto com’è?», la proposta di chi ha già fiutato il potenziale rischio di sconvolgere un impianto già consolidato. L’assessore all’Economia, anche a costo di rompere l’asse con Miccichè e Savona, sembra quasi giungere a più miti consigli. Ma la frattura fra i due Palazzi è ormai consumata. «I nostri progetti non si toccano», sbotta Musumeci provando a blindare le sue scelte. Ma qualche grillo parlante, in un momento di informalità della seduta, gli sussurra alcune necessità diplomatiche, fra cui quella di non rompere con lo zoccolo duro dell’Ars proprio quando nella coalizione si discute anche della sua ricandidatura nel 2022.

E così – torniamo al racconto ufficiale – sul tavolo finiscono i decorosi intenti che ammantano la richiesta di correttivo della commissione, ovvero la «riscontrata mancanza di documentazione comprovante caratteristiche di immediata cantierabilità ed attivazione» dei progetti del dipartimento Famiglia e Politiche sociali e dell’Ufficio speciale per la progettazione». In effetti è proprio l’assessorato del lombardiano Antonio Scavone a essere falcidiato dalla revisione dell’Ars: 90 milioni nei progetti «da eliminare»  (piattaforma regionale integrata dei servizi socio-assistenziali, Sicily Working Hub e Family social equity), assieme, fra gli altri,  ai 30 dell’ufficio progettazione, ai 10,8 della piattaforma per i rifiuti di Timpazzo a Gela, ai 10 del Cluster Sicilia (Attività produttive) e ai 3,3 del l’improcrastinabile “Sentiero Italia-Regione tratto Petralia Sottana-Piano Battaglia”.

La commissione presieduta da Savona esplicita anche la necessità di «una serie di interventi provenienti dalle singole realtà territoriali» per «consentire l’immediata immissione di risorse nel circuito produttivo, già duramente coplito dagli effetti della pandemia». Fra questi, leggendo l’elenco completo (sei pagine fitte fitte di progetti e relativi importi) si trovano, oltre al famigerato percorso agility e a 840 colombai per il cimitero a Gela, anche 250mila euro per il Jazz Festival di Castelbuono e quasi un milione per l’Opera Pia “Istituto Zirafa” di Agrigento, più fondi per strade interpoderali, parrocchie, campi sportivi. «Soprattutto in Sicilia dell’ovest – bisbiglia chi ha spulciato con attenzione la tabella – anche per riequilibrare la solita impostazione orientaleggiante e cataniacentrica di Musumeci e di alcuni suoi assessori».

E così si arriva a un compromesso. La giunta conferma la sua “lista della spesa” sui 774 milioni di Fsc, ma il presidente Musumeci (che «provvederà ad inviare agli assessori regionali e ai dirigenti generali interessati il format da compilare per attualizzare le schede degli interventi proposti») fa mettere per iscritto che «le opere pubbliche e acquisizioni di beni e servizi» devono essere «in possesso della progettazione di livello almeno definitivo». In caso di bocciature, «si terrà conto anche degli interventi proposti dalla commissione Bilancio», purché «rispondenti ai requisiti richiesti dall’Agenzia per la coesione territoriale». I progetti potranno essere ripescati nelle ulteriori fonti della programmazione 2021-27.

Nell’interstizio dello scontro fra governo e Ars, negli ultimi giorni, si moltiplicano le proteste. Dall’opposizione, con Michele Catanzaro (Pd) «profondamente amareggiato» per il taglio di 33 milioni per la rete idrica della sua Sciacca. Ma soprattutto dalla maggioranza, con il titanico scontro, sui 15 milioni per il cimitero palermitano di Ciaculli, fra la neo-leghista Marianna Caronia, indignata per il taglio dei fondi chiesti dall’Ars, e l’assessore Ruggero Razza (notoriamente competente in materia) che la rintuzza «basito», chiedendole di «presentare immediatamente le proprie scuse al presidente della Regione». 

Più di buon senso le parole di Alfio Mannino, segretario regionale della Cgil, che, denunciando «un atteggiamento irresponsabile sui fondi europei, fondato su logiche puramente elettorali e di convenienza politica» da parte di Musumeci e della giunta, lancia l’allarme: con quest’andazzo «non possiamo che temere il peggio per i fondi ben più consistenti del Pnrr».

Ecco, proprio questo è il punto. La classe dirigente siciliana è in grado di gestire con oculatezza le decine di miliardi che arriveranno nel prossimo quinquennio – quelle risorse che, come dice chi riesce a riempirsi con naturalezza la bocca di paroloni, «sono l’ultimo treno per cambiare il destino dell’Isola» – senza utilizzare la logica con cui si finanzia la sagra del pecorino e non quella della provola affumicata? Mannino suggerisce che il terreno decisionale diventi la commissione Ue dell’Ars, «in sinergia con le parti sociali». Una proposta saggia in teoria, ma rischiosa nella prassi di palazzi popolati più da lupi affamati che da disinteressati agnellini.

E intanto Armao nomina una “Cabina di regia finalizzata al monitoraggio sulle opere”, a capo della quale piazza  l’ex assessore autonomista Nicola Vernuccio, uno dei commissari Zes che il governo regionale ha indicato a Roma. L’organismo dell’assessore ha la missione di «promuovere forme di monitoraggio e collaborazione tra Presidenza del Consiglio, ministero per il Sud, Mise, Presidenza della Regione siciliana e soggetti attuatori con l’obiettivo di utilizzare al meglio le risorse stanziate nel Pnrr per la realizzazione in Sicilia di interventi strategici, pari a 266 milioni di euro, nel settore delle opere pubbliche, delle infrastrutture, della portualità, della digitalizzazione e altri settori fondamentali per l’isola». Vedremo. 

Ma adesso le prime risposte devono arrivare sul Fsc. Domani si farà il punto in giunta. E, se tutte le schede saranno disponibili, il governo Musumeci potrebbe anche deliberare l’elenco definitivo da inviare a Roma. Frutto, appunto, di una verifica tecnica, ma anche politica. Per le Infrastrutture, ad esempio, la proiezione è di «accogliere il 60-65 per cento dei 45 progetti indicati dall’Ars», che si aggiungerebbero ai 53 già apprezzati in giunta, facendo lievitare i fondi da 48 a 80-85 milioni.

Un dubbio, nella spasmodica attesa, si staglia all’orizzonte: che fine faranno i 400mila euro per l’”area verde attrezzata con percorso agility” (per cani), che la sgangherata Sicilia dei progetti Ue si trascina dall’era renzian-crocettiana fino a quella, più seriosa,  di Musumeci e Draghi?

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