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Strappo con la Lega, Pogliese: «Ecco la verità sulla crisi in giunta»

Il sindaco: «La Lega non ha risposto alla mia proposta per tenere i due assessori. Nel 2023 in campo per il bis»

Di Mario Barresi |

Salvo Pogliese, dopo una giornata d’inferno, è esausto. Ma ha voglia di parlare. Di dire la verità. La sua verità. «Io posso avere mille difetti, ma ho un pregio su cui vado a morire: la lealtà, lealtà assoluta». Il sindaco di Catania rivela a La Sicilia quelle che in un comunicato ha definito «turbolenze politiche». Eufemismo: uno tsunami (in effetti mancava, dopo il dissesto, il terremoto, la sospensione, il Covid, l’eruzione, la cenere lavica, il ciclone Apollo…) con ripercussioni sugli equilibri del centrodestra regionale. Ma cos’è questa crisi? «Soprattutto una cosa che appare stucchevole agli occhi dei cittadini, che chiedono soluzioni ai problemi». Sì, ma ormai il pasticcio è lì,  spiaccicato sul tavolo. Addio Lega. «Io sono stato leale con loro. Hanno avuto un assessore e il presidente della più importante municipalità con l’1,7 per cento». Un equilibrio che salta. Non ora. Ma a marzo. Proprio all’indomani del compleanno di Pogliese. «Ero a Linguaglossa, per un weekend con la mia famiglia. E appresi dai siti, e non dall’interessato, che Alessandro Porto passava dall’Udc alla Lega». Una «anomalia» da sanare. Giro di telefonate coi vertici del Carroccio. «Parlai ovviamente con Porto, ma anche col segretario Minardo, e poi con l’altro assessore Cantarella e Carrà». La richiesta, dunque, risale a otto mesi fa: «Devo fare il rimpasto, ditemi chi dei due resta». Un’operazione che Pogliese riconduce sempre alla «lealtà», nei confronti della lista civica del neoassessore Andrea Barresi, che con il 5,7% e tre consiglieri era rimasta a bocca asciutta. «Avevo preso un impegno e l’ho rispettato».

Ma perché adesso e non a marzo? O cinque, tre, due mesi fa? È un’accelerazione dovuta, come sibilano i più perfidi fra gli alleati, al timore dell’imminente sentenza della Corte costituzionale sulla “sospensione della sospensione”? Magari per lasciare quanti più pogliesiani in caso di un nuovo trasloco da Palazzo degli Elefanti? «Emerite sciocchezze», sbotta il sindaco. Fiducioso dell’esito del giudizio, ma soprattutto certo che «tecnicamente e giuridicamente non c’è alcun nesso fra le due situazioni». E allora perché proprio ora?  «Ho preso una decisione che ho rimandato per mesi, soprattutto per rispetto della Lega, di Salvini e di Candiani». Quelli che, nel governo gialloverde, si spesero per il “Salva-Catania”. «Io a Matteo e a Stefano, così come alla Castelli, sarò grato a vita.  Pensi – ci racconta accalorato – che li citai persino allo Sheraton, nel mio discorso d’ingresso in Fratelli d’Italia, suscitando qualche mugugno. Più riconoscente di così…».

Ma non basta. Perché manca la goccia che ha fatto traboccare il vaso della pazienza. A ottobre il sindaco chiama Nino Minardo e lo mette alle strette sul gioco della torre: Porto o Cantarella, chi esce? La Lega, dopo un vertice nella segreteria di Luca Sammartino, risponde con una richiesta: il sindaco convochi «un tavolo di coalizione». Detto e fatto. Pogliese si trova davanti ai salviniani (vecchi e nuovi) e ai vertici del centrodestra. «Ho ribadito le ragioni di una decisione arcinota a tutti. Ma, quando la Lega mi ha chiesto di aspettare fino a dopo Sant’Agata le dimissioni di Porto che si candiderà all’Ars, anche se l’ineleggibilità scatta da aprile, ho fatto – rivela il sindaco – una controproposta molto chiara». Ed ecco l’exit strategy finora inedita: se la Lega avesse unito i suoi due consiglieri ai quattro (poi diventati tre) del gruppo sammartiniano d’opposizione di “Catania 2.0”, con «una dichiarazione di appartenenza alla maggioranza», Pogliese avrebbe mantenuto entrambi gli assessori. Una mossa che sorprende i leghisti (e che magari innervosisce i referenti di Raffaele Lombardo, forse timorosi di un’eventuale calo del loro peso proprio a Catania), sulla quale cala il silenzio. A Pogliese non arriva nessuna risposta ufficiale. Ma trapela l’esito della riunione del Carroccio etneo. In sintesi:  sì alla proposta, ma Pogliese ce lo chieda in ginocchio. Azzerando la giunta per dare alla Lega il vicesindaco (defenestrando l’odiato, dai neoleghisti, Roberto Bonaccorsi) e i due assessori. «Una proposta offensiva, per farsi dire no», che comunque il sindaco non riceve mai. E così, alla vigilia del rimpasto, parte un sms per Minardo: «Il tuo silenzio è eloquente». Risposta: la richiesta di convocare un tavolo. Un altro. Pogliese, a questo punto, ritira le deleghe a Porto, che «non è vero che l’ha saputo dalla stampa, perché gli ho fatto una telefonata di mezz’ora in viva voce con Bonaccorsi presente», precisa. Consapevole di tutti gli effetti collaterali: l’uscita della Lega dalla giunta, nonostante la speranza che «lo strappo si può ricucire»; le dimissioni di Cantarella, «un assessore che s’è speso con un impegno totalizzante sui rifiuti»; il cementarsi dell’asse Lega-Autonomisti, con i mal di pancia centristi di Udc e Cantiere popolare; e persino il vantaggio competitivo ai leghisti 2.0 che lavorano alla candidatura di Valeria Sudano. «So tutto, ho capito tutto», scandisce Pogliese. Che si congeda lasciandoci un dubbio e una certezza. Il dubbio: «Ma a Salvini hanno raccontato tutto? Ha saputo della mia proposta per tenere gli assessori?». La certezza: «Magari sarò presuntuoso, ma io sono certo che nel 2023 dirò la mia fino in fondo». Fiducioso nel  bis, «col centrodestra unito, senza dover forzare con altre formule…». Twitter: @MarioBarresi       COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA