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A Catania 8 milioni per i super scienziati contro i tumori al seno

Di Mario Barresi |

CATANIA –  È uno dei progetti più costosi e ambiziosi del new deal musumeciano sul Patto per la Sicilia. Non a caso è localizzato sotto il Vulcano; non a caso la regia è dell’assessore alla Salute, Ruggero Razza.

Ma, al di là della “geolocalizzazione” politica, i quasi otto milioni riprogrammati dalla Regione sembrano avere una destinazione virtuosa. Nome in codice: Bct, “Trattamento del Breast Cancer con radiosensibilizzatori in radioterapia convenzionale e protonterapia». Sciolti gli inglesismi e i termini scientifici, si tratta di un polo di ricerca sui tumori al seno, che si trasformerà in un «centro di valenza internazionale». E a regime, come si legge nella relazione del progetto, «l’obiettivo finale» sarà «portare alla fase di studio preclinico un nuovo farmaco per il trattamento del Breast Cancer da associare come radiosensibilizzante ai trattamenti di protonterapia», per poi «marcare» lo stesso farmaco con «elementi radioattivi» per «usi diagnostici e/o terapeutici con strumenti di imaging di tipo Pet-Tc».

Fin qui il valore scientifico. La Regione sosterrà una partnership tutta catanese: i Laboratori Nazionali del Sud (Lns), braccio di ricerca dell’Infn, Isituto nazionale di Fisica nucleare; l’azienda ospedaliera “Cannizzaro” (con l’Unità operativa complessa di Medicina nucleare e centro Pet); l’Università (con il Dipartimento di Scienze biomediche e biotecnologiche e con il Capir, Centro di servizi per la ricerca preclinica avanzata in vivo). Fra i nomi in prima linea nel progetto, da quanto trapela in ambienti universitari e scientifici, ci sarebbero Giacomo Cottone (ex direttore Lns-Infn che firmò la richiesta) e Francesca Catalano, direttrice dell’Uoc di Senologia del Cannizzaro, oltre che coordinatrice catanese di DiventeràBellissima.

A cosa servono i fondi che i compagni di viaggio hanno chiesto alla Regione? Quasi 5 milioni per l’acquisto di attrezzature e 3 milioni per supporto specialistico e spese tecniche. Un passaggio importante del carteggio allegato alla proposta di delibera dell’assessore Razza riguarda le risorse umane, legate a un non meglio identificato «partner privato da affiancare agli enti proponenti», che la Regione («per il tramite degli Assessorati competenti e del Dipartimento della Programmazione») si riserva «di individuare successivamente».

Dando per scontato che ci sarà una procedura di selezione con evidenza pubblica, il particolare che colpisce sono le «caratteristiche richieste». Il partner privato dovrà avere «pluriennale esperienza professionale e scientifica in ambito di ricerca preclinica in vivo», ma anche portare con sé «personale con esperienza pluriennale in tossicologia, chimica e farmacologia». Quest’ultimo requisito sembra evocare un identikit ben preciso: i ricercatori licenziati dalla Myrmex.

Il centro di ricerca tossicologica di Catania era stato ceduto dalla Pfizer alla società milanese Myrmex Spa dell’avvocato Gian Luca Calvi nell’estate del 2011 al costo simbolico di un euro. I 62 lavoratori sono stati tutti licenziati nel 2016. Da allora una lunga attesa che si facesse avanti un compratore a 13 milioni, fra fantomatici arabi e delusioni lungo gli ultimi tre governi regionali. Un’altra buona ragione, al netto del valore scientifico, per sperare che questi 8 milioni servano anche a recuperare cervelli di livello.

Twitter: @MarioBarresi

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