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IL CASO

Embargo al petrolio russo e crisi al petrolchimico siracusano: «Silenzio del governo». Lavoratori in agitazione

Lo stop all'«oro nero» russo determinerebbe a chiusura degli impianti Isab che attingono solamente a quel greggio

Di Massimiliano Torneo |

Stato di agitazione e richiamo alla mobilitazione di tutti i lavoratori e dell'intera comunità provinciale per la Fiom. Per la Uilm l'appello, da ultima spiaggia, ai governi nazionale e regionale perché intervengano: “Va trovata una soluzione alternativa all’approvvigionamento di greggio proveniente dalla Russia". Ancora giornata di mobilitazione al petrolchimico siracusano, tra riunione dei delegati Fiom Cgil e coordinamento provinciale Uilm.

Ordine del giorno: la crisi del petrolchimico e la batosta già arrivata dalla crisi ucraina, con l'ostruzionismo commerciale verso la Isab, "colpevole" di gravitare nel gruppo della russa Lukoil, e che arriverà definitiva con l'annunciato embargo Ue al petrolio russo. Stop che, secondo le stesse categorie industriali della provincia, determinerebbe la chiusura degli impianti Isab che attingono solamente a quel greggio. Con conseguenze nefaste per tutta l'area e per i suoi circa 10mila lavoratori tra interni e indotto (51% del pil provinciale).

Gli appelli di queste settimane al governo soprattutto nazionale, affinché prima rassicurasse i fornitori della Isab-Lukoil sull'assenza di sanzioni e poi perché trovasse alternative all'embargo molto prossimo del greggio russo, sono caduti nel vuoto. E ancora ieri, proprio mentre si rinnovava il clima sindacale di mobilitazione, nessun accenno alla particolare situazione di quest'area industriale da parte del ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti. L'occasione c'era. Al convegno "Nuovi scenari economici globali: le sfide da superare per l'Italia 2030", alla presenza del ministro, è intervenuto Paolo Gentiloni, commissario europeo per l’Economia.

Dell'embargo sul petrolio russo Gentiloni ha detto: "È una decisione ragionevole e avrà un impatto sulle nostre economie ma su quella russa sarà molto maggiore. La nostra proposta – ha aggiunto – è arrivare a un embargo a seconda dei prodotti tra 6 e 9 mesi, perché rendersi indipendenti dal petrolio russo non si fa in 24 ore e perché farlo in 24 ore potrebbe avere un impatto sui prezzi del petrolio a livello internazionale forse contraddittorio rispetto ai nostri obiettivi". Poteva essere occasione per il ministro Giorgetti per fare un distinguo su eventuali decisioni governative sull'area industriale siracusana, così fortemente dipendente dal greggio russo. E invece il ministro si è limitato, in termini generali, a auspicare "nuovi target di decarbonizzazione" visto che "ora, al processo di trasformazione subentra un fattore imprevisto, l'impazzimento dei prezzi dell'energia che rende insostenibili i conti economici". Con il suggerimento "che le decisioni assunte pochi mesi fa impongono una riflessione su modi e tempi in cui deve avvenire la decarbonizzazione, altrimenti i vecchi settori industriali, già stressati rischiano la chiusura e se chiudono non riaprono più".

Nel frattempo a Siracusa i lavoratori Fiom proclamavano lo stato di agitazione e richiamavano "alla mobilitazione tutti i lavoratori e l'intera comunità provinciale, perché ora è il tempo dei fatti". La necessità di un piano energetico pubblico: "Il Petrolchimico di Siracusa – secondo i segretari generali regionale e provinciale Fiom, Roberto Mastrosimone e Antonio Recano – è la rappresentazione plastica della necessità di definire un piano strategico di interventi strutturali, indicando chiaramente i settori strategici e gli obiettivi, i tempi e le coperture finanziarie da utilizzare per politiche industriali che siano in grado di dotare l’Italia di una vera autonomia energetica e dare al Petrolchimico un futuro sostenibile".

Una “rivoluzione energetica” capace di tenere insieme ambiente, lavoro e sicurezza. "Il Petrolchimico Siracusano – ancora i vertici Fiom – ha le caratteristiche e le potenzialità, se abbandona la sua ideologica “impronta fossile”, per utilizzare le nuove opportunità rappresentate dall’idrogeno, e dalle rinnovabili in un mix energetico da utilizzare nel processo produttivo della raffinazione e della chimica come migliore opzione di decarbonizzazione. Occorre, però, riportare il futuro del Petrolchimico in mani pubbliche, sostenere investimenti per la riqualificazione delle produzioni, la riconversione delle aree dismesse, la riqualificazione e il potenziamento di Punta Cugno e Marina di Melilli".

Per Mastrosimone e Recano “la migliore risposta al silenzio del governo è assumere la responsabilità di partecipare, il percorso è chiaro, occorre costruire un fronte comune capace di imporre il cambiamento, vincendo la sfiducia e la rassegnazione e dimostrando che il territorio ha la capacità e la forza di rendere possibile ciò che sembra impossibile, raggiungere l’obiettivo di non perdere un solo posto di lavoro e creare nuovo sviluppo". La segreteria provinciale della Uilm nelle stesse ore lanciava un appello affinchè i governi nazionale e regionale intervengano per evitare conseguenze pesanti sugli assetti produttivi ed occupazionali nel petrolchimico siracusano.

"Va trovata una soluzione alternativa all’approvvigionamento di greggio proveniente dalla Russia. Inoltre chiediamo – ha detto il neo segretario provinciale Giorgio Miozzi – che si pongano al centro dell'agenda del governo, in prospettiva i temi della politica industriale, degli investimenti della riconversione energetica, delle bonifiche e dell'utilizzo delle energie rinnovabili. Temi sui quali non si può più perdere tempo e per i quali occorre dare risposte alle aziende, ai lavoratori e ai territori, ricordando soprattutto che la zona industriale di Priolo garantisce ogni anno oltre il 40 per cento di prodotti petroliferi raffinati e sostiene il pil regionale”.

Indispensabile per i sindacati "un incontro con il Mise e la presidenza della Regione Siciliana prima che diventi troppo tardi”. Lunedì 16, vertice in Prefettura richiesto dalla deputazione locale del M5s: "Per analizzare la questione – spiegano – e tornare a sottoporre al governo la necessità di intervento. Il paventato blocco europeo delle importazioni di petrolio dalla Russia avrebbe una conseguenza diretta e disastrosa per l’intera Sicilia. Con la chiusura dello stabilimento Isab-Lukoil collasserebbero l'intera zona industriale di Siracusa, il porto di Augusta che movimenta ogni anno milioni di tonnellate di merci, con pesanti ripercussioni sul futuro occupazionale dei circa 10mila lavoratori del settore, diretto e indotto". COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA