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Tutta “colpa” dei Romani e della “lupercalia”

Alle origini della festa degli innamorati che originariamente si celebrava il 15 febbraio. Fu papa Gelesio ad anticiparla di un giorno nel 496 d.C.

Di Redazione |

La festa degli innamorati, così come oggi è intesa, deriva dagli usi di una “sfrenata” Roma del 496 dopo Cristo, quando erano in voga i “lupercalia” e cioè i riti pagani dedicati al dio della fertilità, Fauno Luperco.

Il clou della festa era il 15 febbraio, quando le matrone romane si offrivano, spontaneamente e per strada, alle frustate di un gruppo di giovani nudi o, al massimo, con un gonnellino di pelle stretto intorno ai fianchi, devoti al selvatico Luperco. Anche le donne in dolce attesa si sottoponevano volentieri al rituale, convinte che avrebbe fatto bene alla nascita del pargolo. Tramite le frustate di questi uomini, "regrediti" alla condizione ancestrale e divina della sessualità libera, le donne erano convinte di ricevere una benedizione che ne propiziava la fertilità.

L’allora Papa Gelasio I volle porre fine a questi festeggiamenti sfrenati, fondati su eccessi e trasgressioni, poiché si ponevano in contrasto con la morale e l’idea di amore dei cristiani. E per "battezzare" la festa dell'amore, il Papa decise di spostarla al giorno precedente – dedicato a San Valentino – facendolo diventare il protettore degli innamorati.

Esistono, però, molti Santi di nome Valentino e, al di là del fatto che tutti furono martiri, non si sa molto di loro. Solo due sono i più noti. Il primo, nato a Interamna (oggi Terni) nel 176, proteggeva gli innamorati, li guidava verso il matrimonio e li incoraggiava a mettere al mondo figli. La letteratura religiosa descrive il santo come guaritore degli epilettici e difensore delle storie d’amore, nonché “curatore” di tensioni e momenti infelici nella coppia: si racconta che abbia messo pace tra due fidanzati in litigio, offrendo loro una rosa.

Il secondo, invece, sarebbe morto a Roma il 14 febbraio del 274, decapitato. Per alcune fonti sarebbe lo stesso vescovo di Terni. Per altri – tesi più plausibile – sarebbe un altro martire cristiano. Per altri ancora, non sarebbe mai esistito. Ad ogni modo, si racconta che Valentino sarebbe stato giustiziato per avere celebrato il matrimonio tra la cristiana Serapia e il legionario romano Sabino, che invece era pagano. La cerimonia avvenne in fretta, perché la giovane era malata. E i due sposi morirono, insieme, nel momento in cui Valentino li benediceva. A chiudere il cerchio della tragedia sarebbe poi intervenuto il martirio del celebrante.

Ma anche la letteratura ha contribuito alla ricostruzione storica della festa degli innamorati. Il merito moderno di aver consacrato San Valentino come santo patrono dell'amore è da ascrivere a Geoffrey Chaucer, l'autore di “Racconti di Canterbury” che alla fine del '300, in onore delle nozze tra Riccardo II e Anna di Boemia, scrisse “The Parliament of Fowls (Il Parlamento degli Uccelli)”, un poema in settecento versi che associa Cupido a San Valentino. Che così divenne il tramite ultraterreno della dimensione dell'amore cortese.

Pur rimanendo incerta l'evoluzione storica della ricorrenza, già dai primi secoli del II millennio esistono riferimenti storici che testimoniano come la giornata di San Valentino fosse dedicata agli innamorati. Un esempio per tutti: la fondazione a Parigi, il 14 febbraio 1400, dell'Alto tribunale dell'amore, che era un'istituzione ispirata ai princìpi dell'amor cortese e con lo scopo di decidere su controversie legate ai contratti d'amore, ai tradimenti e alla violenza sulle donne.

La più antica "Valentina" di cui sia rimasta traccia, inoltre, risale al XV secolo e fu scritta da Carlo d'Orléans, all'epoca detenuto nella Torre di Londra dopo la sconfitta alla battaglia di Agincourt (1415). Carlo si rivolge a sua moglie (la seconda, Bonne di Armagnac) con le parole: «Je suis desja d'amour tanné, ma tres doulce Valentinée… (Sono già malato d'amore, mia dolcissima Valentina). Successivamente, nell'Amleto di Shakespeare (1601), durante la scena della pazzia di Ofelia (scena V dell'atto IV), la fanciulla canta vaneggiando: «Domani è San Valentino e, appena sul far del giorno, io che son fanciulla busserò alla tua finestra, voglio essere la tua Valentina».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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