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Celiachia, servono regole a garanzia del gluten free

Di Andrea Lodato |

E’ per questo, evidentemente, che l’Etnafood Academy di Catania, luogo destinato e dedicato ad incontri, degustazioni, sperimentazioni, dibattiti sul cibo, ha scelto di organizzare un convegno proprio su Celiachia e Ristorazione. Giovanni Trimboli ha messo insieme esperti, medici, tecnici e chef, che hanno affrontato la tematica della celiachia a 360°, fornendo anche valutazioni approfondite sul cosa sia davvero, consigli sui percorsi di diagnosi da fare, sulle dinamiche terapeutiche da seguire. Ma ponendo anche l’accento su alcune problematiche e, soprattutto, su alcuni vuoti normativi che rendono molto complicato rendere effettivi ed efficaci gli indispensabili controlli sulla sicurezza alimentare e sui protocolli da rispettare.

A spiegare che cosa è la celiachia è stato il dott. Massimo Spina, dirigente medico responsabile regionale per la celiachia infantile. E da lui è arrivato l’invito ad effettuare controlli che aiutino a capire se si soffre di questa patologia.

«Servono screening, che oggi si effettuano anche con molta facilità, soprattutto a chi presenta sintomi che in qualche modo possano far ipotizzare la celiachia, tanto più quando si ha una familiarità con la celiachia. In Sicilia oggi ci sono circa 15mila celiaci, ma, così come accade per il censimento nazionale, possiamo immaginare che siano molti di più. In tanti casi manca la diagnosi, in altri la celiachia non si manifesta palesemente, in altre situazioni ancora c’è chi, pur senza sapere di essere celiaco fa una dieta priva di glutine. E questi non entreranno mai nella statistica. Naturalmente ormai da tempo non parliamo più di celiachia come malattia, ma come uno stato per cui, dal momento in cui c’è la diagnosi e si comincia la dieta, il celiaco non può e non deve essere considerato un malato».

Ecco il primo punto. Il celiaco non è un malato, non deve stare, come detto, lontano dal cibo. Ha semplicemente bisogno di cibo non contaminato, cucinato in ambienti “sanificati” e da persone preparate. A vigilare su questo aspetto è l’Associazione Italiana Celiaci. Ha spiegato la presidente regionale siciliana, Giuseppina Costa: «Noi ci occupiamo dei corsi di formazione del personale che si occupa di preparare il cibo in locali pubblici. Naturalmente non basta questo, perché bisognerebbe poter seguire anche nei passaggi successivi la conservazione dei cibi, il fatto che siano separati da quelli con il glutine, che chi li cucina non abbia addosso o nelle mani forme di contaminazione. La sensibilità degli imprenditori del settore, però, sta crescendo e ci troviamo sempre più frequentemente con professionisti che conoscono la problematica e anche dopo i nostri corsi mantengono serietà e applicazione dei principi».

Il logo dell’Aic, la spiga sbarrata, è una buona garanzia, anche se non assoluta, ribadisce Giuseppina Costa. Anzi, in qualche caso ci sono stati persino ristoranti e pizzerie che abusivamente l’hanno utilizzato. Ma il punto sollevato dall’Aic, quello dei controlli successivi ai corsi di formazione, lo riprende Luigi Di Bella, consulente di igiene e sicurezza alimentare.

«Noi ci troviamo di fronte, ancora oggi, ad un vuoto normativo per cui, in effetti, i controlli specifici sugli alimenti gluten free, sulla conservazione, sui metodi di utilizzo e l’attenzione che viene messa nelle cucine, non hanno leggi di riferimento. E questo è un vuoto che andrebbe colmato».

Poi ci sono, per chiudere, esempi di ristoratori che credono nel gluten free e ci investono. Come Lucio Ferlito: «Ho realizzato nel mio locale un laboratorio separato per garantire la massima sicurezza ai clienti con questa problematica ma sta all’etica e alla sensibilità del ristoratore adottare accorgimenti tali da offrire un servizio sicuro al cliente celiaco proprio perché c’è scarsa conoscenza dei protocolli da seguire».

«La direttiva è ancora molto vaga e non fornisce strumenti precisi al ristoratore che voglia offrire un servizio sicuro al cliente celiaco – ha confermato il presidente della Fipe Confcommercio, Dario Pistorio – Da qui l’esigenza di informare i nostri colleghi perché dobbiamo aumentare la qualità della ristorazione ed essere in grado di accogliere i celiaci. Il celiaco, oggi, non si accontenta più della semplice bistecca e l’insalata ma, entrando in un ristorante, si aspetta un menù vario, di qualità e di essere trattato con le stesse modalità utilizzate per gli altri clienti».

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