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L’assessore regionale Barbagallo invoca i prefetti: «Esentare i comuni turistici dall’accoglienza migranti»

Di Mario Barresi |

Sul turismo in Sicilia, però, sembra sempre di sentire la maestra delle Elementari: «Potrebbe fare tanto, ma non s’impegna». Perché, assessore, non riusciamo a decollare?

«Non è così. Secondo l’Osservatorio turistico nei primi sei mesi del 2017 si registrano 2,2 milioni di arrivi, con un +19% rispetto allo scorso anno, e 4,9 milioni di presenze, ovvero un +14,6%. E poi aumentano le strutture ricettive: +10% per un totale aggiornato di 6.876 unità a livello regionale».

Ma avere più alberghi non significa automaticamente avere più turisti. Bisogna sapere spendere i fondi, e non sempre la Regione lo sa fare.

«Un luogo comune. Nella nuova programmazione ci sono 484 milioni per nuove strutture o riqualificazione: punto ad arrivare a 10mila strutture. Oggi gli hotel a 5 stelle sono in mano alle multinazionali e di siciliano c’è solo la manovalanza, mentre io voglio un tessuto imprenditoriale siciliano».

Fiorente come quello degli abusivi?

«Anche su questo ho dato una risposta concreta. Nella legge di riforma sul turismo, fra l’altro, c’è una decisa stretta sugli abusivi. Ma è tutto fermo in quarta commissione, alla quale basterebbero due sedute per esitare il testo per l’Ars. Magari c’è qualche deputato sensibile alle pressioni dei signori del turismo in nero. Così come è fermo, dopo l’ok in commissione, il ddl sulle zone franche montane. I siciliani, però, queste cose devono saperle».

Devono sapere anche che i distretti turistici sono stati un fallimento.

«Lo sono stati per come furono concepiti: 26 distretti, ovvero ogni deputato e ogni amico degli amici se n’era fatto uno. Io ho fatto una scelta di campo: tutti gli studi ci dicono che la Sicilia è un’unica destinazione turistica e ha bisogno di un’unica strategia».

I distretti dicono che è stato l’assessore ad abbandonarli.

«Ho solo tagliato le galline dalle uova d’oro. Ogni distretto gestiva 1,5 milioni l’anno, slegato dal resto del sistema. Adesso si punta su sei temi. Il distretto balneare, che rappresenta il 40% del Pil turistico siciliano, quello enogastronomico, che cresce a doppia cifra. E poi il distretto culturale, che secondo i nostri studi dà la dimensione delle disastrose politiche del passato: è molto indietro, ma paradossalmente ci dà la dimensione di quanto si può crescere. Gli altri tre distretti tematici sono il naturalistico, che ho costruito dal nulla, il congressuale e il distretto del benessere, che raggruppa terme, eventi sportivi e golf. L’unico distretto tematico è quello delle isole minori, perché chi in Sicilia sceglie Eolie o Lampedusa, spesso, va solo lì».

Ma nell’era del booking online il turismo siciliano sul web è un disastro.

«Non è vero, perché non bisogna far confusione fra il sito istituzionale dell’assessorato e il portale visitsicily.info che promuoviamo in tutte le fiere all’estero e ha 244mila visitatori l’anno, con profili social ai primissimi posti in Italia. Il punto, anche qui, è che è facile pontificare sul turismo siciliano senza viverlo in prima linea…».

Che ci vuole dire?

«Che il turismo siciliano, spesso, è parte lesa di altre emergenze. Abbiamo subìto pesantissimi danni d’immagine da emergenze che esulano da noi. Penso ai rifiuti, per i quali, oltre ai controlli, urge una rivoluzione culturale. La notte prima del Giro d’Italia sull’Etna, dopo che il percorso era stato ripulito, feci un sopralluogo e fui io stesso a rimuovere un materasso… E poi quest’anno gli incendi. Calampiso, con le immagini degli sfollati in tv, ma anche Piazza Armerina con tre ordigni bellici esplosi in mezzo a una lingua di fuoco: sembrava la fine del mondo e io mi sono assunto la responsabilità di sospendere uno spettacolo a Morgantina. Che c’entra l’assessore al Turismo? Niente, anche se è vittima di eventi non casuali, ma frutto di un disegno criminale per danneggiare la Sicilia su cui urge un salto di qualità investigativo. Infine c’è l’altra emergenza che danneggia le nostre eccellenze…».

Quale?

«L’immigrazione. Non sono razzista e sono per l’accoglienza, ma con alcuni limiti di buon senso. Uno di questi non distribuire i profughi nei comuni turistici. Non si possono fare Sprar con decine di migranti a Taormina, a Bronte o nel patrimonio Unesco! I migranti vanno distribuiti altrove. Perciò chiedo ai nostri solerti prefetti di esentare dall’obbligo di accoglienza i sindaci dei comuni turistici siciliani».

Ma ogni comune, nel suo piccolo, si sente una capitale turistica: così si rischia che i sindaci fuggano dalle proprie responsabilità.

«La deroga riguarderebbe circa una cinquantina di comuni: tutti quelli sedi di siti Unesco, più quelli a evidente vocazione turistica. Non è difficile, secondo me si può fare. Sin da subito».

Twitter: @MarioBarresi

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