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“Postino” dei boss, Nicosia si difende: «Millantavo e basta»

Di Redazione |

PALERMO – Sostiene di aver millantato un potere che non aveva Antonello Nicosia, esponente dei Radicali Italiani arrestato lunedì per associazione mafiosa. L’indagato ha risposto al gip che deve convalidare il provvedimento di fermo emesso dai pm a suo carico e nei confronti del boss di Sciacca Accursio Dimino e di tre presunti favoreggiatori mafiosi. Nicosia, che oltre a parlare di progetti di estorsioni e omicidi, entrava nelle carceri per avere contatti coi boss, sfruttando il ruolo di collaboratore parlamentare della deputata di Italia Viva Giusy Occhionero, ha sostenuto che quelle registrate dalle microspie degli inquirenti erano solo millanterie e che nessuna azione concreta aveva mai fatto seguito alle «chiacchiere” registrate. Nicosia ha poi definito «inopportune» le parole offensive usate verso il giudice Falcone e le espressioni di stima riservate al boss latitante Matteo Messina Denaro.

Al gip ha risposto anche il boss Dimino che pur ammettendo i suoi rapporti con Cosa nostra – è già stato condannato due volte per mafia – ha detto di aver cessato il suo legame con l’associazione criminale dopo il 2016, data della sua ultima scarcerazione. Il gip, che ha sentito anche i tre favoreggiatori, dovrà decidere nelle prossime ore sulla convalida. 

La Procura di Palermo ha inoltre delegato i carabinieri ad acquisire alla Camera dei Deputati la documentazione relativa al rapporto di collaborazione tra la parlamentare Giusy Occhionero e Antonello Nicosia, fermato lunedì con l’accusa di associazione mafiosa. L’uomo aveva un contratto da collaboratore parlamentare grazie al quale entrava nelle carceri di massima sicurezza con la deputata e aveva contatti con boss detenuti. Il rapporto professionale sarebbe cessato nei mesi scorsi, ma dalle indagini è emerso che i due continuavano a sentirsi. Occhionero, interrogata ieri, ha raccontato di aver conosciuto Nicosia tramite i Radicali Italiani che, non avendo un proprio un deputato alla Camera, le avevano suggerito di assumerlo per avere la possibilità di fare ispezioni nelle carceri. Una prerogativa legittima che, però, il collaboratore aveva usato per i suoi scopi: avere contatti coi capimafia e portare all’esterno informazioni.

La parlamentare e il Radicale si sono incontrati a Palermo e hanno avvitato una collaborazione e un rapporto personale. L’uomo veniva retribuito con 50 euro al mese. Una cifra simbolica perché, come emerge dalle intercettazioni, lo scopo della collaborazione, per Nicosia, non era certo il guadagno mensile. «Non è tinta (brutta ndr), non è bona, ma è Parlamentare», commentava con un amico il Radicale alludendo al vantaggio tratto dal rapporto. Ai pm che ieri le chiedevano come mai avesse assunto l’indagato, nonostante i suoi precedenti penali – una condanna per traffico di droga, tre per ricettazione e una per appropriazione indebita – Occhionero ha risposto sostenendo che alla Camera nessuno fa controlli sui collaboratori. Nonostante il contratto fosse scaduto a maggio perché la donna, insospettita dal singolare curriculum del collaboratore ne aveva accertato la falsità, il tesserino era rimasto nella disponibilità di Nicosia.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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