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A Milano l’Expo, in Sicilia l’ex-ponte

A Milano l’Expo, in Sicilia l’ex-ponte

Di Carlo Anastasio |

Ma dov’è finito il pugnace schieramento che avversava a gran voce, e a volte rumorosamente, il Ponte sullo Stretto? Sparito il Ponte (dalle opere già avviate, poi dalle opere in attesa e infine quasi persino dalle ipotesi), sono spariti anche i suoi pubblici nemici. Sembrano essersi dissolti, fatta salva la sgargiante eccezione di Renato Accorinti, sindaco di Messina. Alcuni si saranno aggregati ad altre campagne del no, del genere No-Tav, No-Muos, No-Euro: c’è infatti una specie di compagnia di giro di militanti di qualsiasi rifiuto. Altri, i conservatori delle cose come stanno, si saranno semplicemente acquietati per la mancata costruzione in sé: costoro sono quelli che vedono sotto una luce funesta ogni nuovo, significativo manufatto, appartengono alla genia di chi si opponeva alla realizzazione della Tour Eiffel, di chi in precedenza forse aveva contrastato l’edificazione del Partenone, e di chi in futuro probabilmente contesterà l’installazione della prima stazione scientifica permanente su Marte. Tutti questi, gli alfieri del No-Purchessia e i maniaci del Non-Fare, meglio perderli che trovarli. Ma il resto, gli oppositori ragionevoli del Ponte, che fine hanno fatto? Eppure proprio adesso dovrebbero mostrarsi e alzare la voce, proprio ora – anche rumorosamente, all’occorrenza – dovrebbero passare alla cassa del successo della loro crociata. Il progetto del Ponte è stato accantonato non solo per causa loro, ma certo anche per la loro forte opposizione. E dunque proprio loro avrebbero l’obbligo di coscienza di farsi sentire, di chiedere un contraccambio per la Sicilia, ora che ogni giorno di più si vede come sia immensa la distanza tra l’Expo di Milano e l’ex-Ponte di Messina. Ben altre erano le premesse. A parte questioni ambientalistiche ed estetiche quanto meno opinabili, e alcune indubbiamente campate in aria più della campata unica del Ponte, a parte allarmismi su catastrofi sismiche che cozzavano contro la scienza e la tecnica delle costruzioni, il nucleo delle proteste era sostanzialmente di opportunità economica. Si diceva: invece che destinare tanti miliardi di euro a un’infrastruttura faraonica, utilizziamo le stesse risorse per mettere in sicurezza il territorio e migliorare e potenziare le scadentissime infrastrutture esistenti, strade e ferrovie soprattutto. Ebbene, qualcuno in Sicilia ha visto qualcosa di quanto si propugnava? Semmai il contrario. La precarietà del territorio, bene che vada, non è diminuita. Le strade, anche quelle appena inaugurate (vedi il viadotto Scorciavacche), vanno a pezzi. Le ferrovie sono sempre meno un’opzione di viaggio e trasporto, secondo lo schema del cane che si morde la coda: il sistema-treno è inefficiente, quindi lo si usa di meno, quindi esso viene ridotto e impoverito, quindi lo si usa ancora di meno. E qualunque siciliano voglia o debba raggiungere mete lontane, ma che potrebbero essere a portata di buone linee ferroviarie, sa quanto caro gli costa il monopolio di fatto degli aerei. L’Expo 2015, pur tra scandali e ritardi, è una realtà: aprirà i battenti fra meno di un mese. Il Ponte avrebbe dovuto essere completato nel 2016: se i lavori fossero andati secondo i programmi, già oggi il suo cantiere sarebbe uno straordinario spettacolo non tanto dell’ingegneria quanto dell’ingegno umano, un’attrattiva grandiosa per gli stessi visitatori dell’Expo. E invece niente. E i fieri avversari del gigantesco collegamento sullo Stretto tacciono, chissà se soddisfatti. Singolare vittoria la loro: mentre Milano con l’Expo diventa il centro del mondo, la Sicilia non ha il Ponte che sarebbe stato il più avanzato del mondo, e in compenso non ha nemmeno nient’altro.

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