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Agriturismi, in Sicilia in pole position per la vacanza “dietro l’angolo”

Di Carmen Greco |

CATANIA – Quest’anno la vacanza “di prossimità” potrebbe limitare i danni del Covid-19 per le strutture ricettive delle aziende agricole. Un’opportunità di conoscenza del nostro territorio e dell’impegno di chi da sempre ha creduto nella terra e nel valore identitario della Sicilia rurale. Zone isolate di campagna, strutture familiari, posti letto limitati, spazi all’aperto, cibo sano e un turismo che, per la prima volta, sarà (seppure obtorto collo) “dietro l’angolo”. Gli agriturismi, almeno sulla carta – potrebbero essere la testa di ponte di un turismo tutto da ricostruire dopo la “botta” del coronavirus, ma un turismo possibile e “di prossimità”.

Infatti, al netto dei problemi economici che tutte le strutture ricettive in campagna stanno affrontando (in primis le prenotazioni di primavera sfumate) questo potrebbe essere il momento per il salto di qualità che da anni si evoca in Sicilia per un settore settore quello del turismo rurale, lento, ecosostenibile, green, relazionale, emozionale e così via aggettivando, che ha tutte le carte in regola per rappresentare l’alternativa agli affollamenti delle spiagge -carnai quest’anno molto complicate da fruire.

Gli agricoltori “che ospitano” sono persone che le maniche se le rimboccano da sempre. C’è da dire che qualcuno sarebbe pronto a ricominciare domani mattina, chi aspetta direttive dal Governo sul “come”, chi chiama a raccolta per una riflessione sulla capacità degli agro-locandieri di coniugare in questo difficile momento storico l’agricoltura fra valore economico e sostenibilità sociale e ambientale.

L’agriturismo Pizzolungo ad Erice

Un “sentiment” modulato diversamente a seconda della vocazione delle tipologie di agriturismi ma che parte da una comune consapevolezza, quella che in Sicilia l’agricoltura non si ferma e l’identità del territorio è un valore da proteggere. «Non voglio banalizzare – avverte Nicola Adragna, titolare dell’agriturismo “didattico” Pizzolungo ad Erice – ma noi non siamo come l’hotel che spegne la luce e chiude per tre mesi, noi siamo in campagna e gli spazi devono essere curati comunque. In questo momento tutto ciò che è stato fatto durante l’inverno, in termini di investimenti, è saltato assieme alla stagione. Se lei pensa che l’anno scorso da aprile a giugno abbiamo ospitato circa 1500 bambini delle scuole…». Diciannove ettari su cui sono “spalmati” una dozzina di appartamenti indipendenti, nell’agriturismo di Adragna si può vivere senza stare appiccicati l’uno con l’altro. «Confidiamo molto nel turismo regionale, speriamo che arrivi, anche perché le risorse che il nostro territorio offre sono infinite, dalla natura alla cultura. Le soluzioni ci sono. Abbiamo la possibilità di far cucinare gli ospiti all’interno degli appartamenti, e volendo mantenere la distanza fisica, siamo pronti a portare le colazioni in camera, ci sono spazi molto grandi, si potrebbe anche pensare ad orari diversi per la colazione all’aperto. Noi la nostra parte la stiamo facendo, non possiamo permetterci di abbandonare la campagna».

L’agriturismo Badiula a Carlentini

«Le mucche le devo mungere ogni giorno, l’orto va curato e l’agrumeto pure – gli fa eco Alfio Di Giorgio, titolare assieme ad altri tre soci di un grande agriturismo, Badiula, in territorio di Carlentini, quasi cento ettari da manutenzionare, 80 posti letto, un ristorante da 200 posti e l’80% di carne, formaggi e ortaggi a km zero che finiscono sulla tavola degli ospiti – l’agricoltura non si ferma. Qui il problema è la chiarezza, dobbiamo sapere con certezza quali linee guida adottare. L’idea di aprire con i separè a tavola per noi è del tutto improponibile, non conviene aprire in queste condizioni. Detto questo, non c’è dubbio che se non si potrà uscire dalla regione, il turismo interno potrebbe essere interessante per noi, abbiamo delle attrazioni che nelle altre regioni si sognano. Non ci manca nulla, abbiamo tutto, da Trapani a Portopalo, ci manca solo la chiarezza e questa deve arrivare non all’improvviso, da un giorno all’altro, dobbiamo avere il tempo di organizzarci. Il resto si vedrà».

Se lo spauracchio di perdere la stagione sembra dietro l’angolo, è la riflessione sull’”inizio del dopo” che arrovella da settimane Pinella Costa Attaguile, la presidente dell’Associazione “Gusto di Campagna che promuove la valorizzazione del mondo rurale siciliano. Nei giorni scorsi ha lanciato sul web una sorta di concorso di idee fra soci (e non) per proporre soluzioni all’attuale momento di crisi. «Questo – dice – potrebbe essere un grande momento di consapevolezza: intanto per cercare di capire come sopravvivere e poi, per i siciliani tutti, un’opportunità di conoscenza della nostra identità. La perdita economica è importantissima – ammette – ma quello che dobbiamo evitare è la perdita di valore, in senso assoluto, non solo economico. Qualche azienda purtroppo sarà costretta a chiudere, ma se noi riusciamo a fare un discorso di sistema, se riusciamo a non perdere il senso del nostro essere “terra terra” fatto di persone, di prodotti, di paesaggi, di luoghi da visitare, di bellezza, in una dimensione semplice di nuovo umanesimo, sarà più facile risalire la china. Quello che ci dobbiamo chiedere è: riusciamo a disegnare un rinnovato modello di sviluppo della Sicilia rurale nel dopovirus?».

L’immagine simbolo del manifesto di “Gusto di campagna”

Una domanda alla quale Nietta Bruno, titolare della masseria Bannata e presidente del Distretto turistico Dea di Morgantina – ha risposto già vent’anni fa, dando vita quasi in solitudine al suo agriturismo in territorio di Piazza Armerina. «Al di là quello che ci aspettiamo si faccia per noi – chiosa kennedianamente – vediamo cosa possiamo fare noi per il nostro territorio e la nostra regione. Questa situazione può farci capire una volta per tutte che dobbiamo lavorare insieme, abbiamo un’opportunità che mai si è presentata in tutti questi anni. Noi, qui al centro della Sicilia, siamo stati sempre marginali, prima c’è sempre stato il mare e poi l’entroterra, ma è così in tutti gli entroterra del mondo che hanno questa sorte. Chi va in Sardegna non pensa come prima cosa di andare a visitare l’entroterra, prima c’è il mare e poi, forse, visita anche l’entroterra. È un’occasione unica ma dobbiamo fare appello alle competenze, alle conoscenze, ai rapporti, all’etica del lavoro. Io mi sono preoccupata di assicurare ai nostri collaboratori il mantenimento del posto di lavoro, ho fatto di tutto per fare avere loro i 600 euro, sono tutti dichiarati, hanno dei diritti, e a giugno percepiranno la disoccupazione. È importante che gli imprenditori imparino a non fare nero, io benedico i contributi che ho versato perché i miei collaboratori non moriranno di fame e questo, secondo me, dovrebbe essere l’atteggiamento da condividere fra tutti gli imprenditori agricoli e tutti quelli che fanno agriturismo in generale».

Uno scorcio della Masseria Bannata

«Con questi presupposti, per il turismo di prossimità potrebbe essere la volta buona a patto però, di uscire da quell’aurea di mediocritas che ci ha avvolto da sempre. Come entroterra, ripiego siamo stati ma ripiego abbiamo accettato di essere. Io dico che è tempo di uscire dal vittimismo, di percorrere la strada del marchio territoriale, di imparare a “vedere” il posto dell’altro non come concorrente ma come compagno di cordata. Secondo me l’offerta turistica va riprogrammata, bisogna offrire una Sicilia interna di qualità ed eticamente organizzata, sia nei rapporti tra noi colleghi sia con chi arriva da fuori. Dobbiamo essere in grado di offrire cose semplici che ci identificano, lontane dalle offerte mistificate che si trovano su internet. I miei ospiti stranieri scelgono nell’orto quello che vorranno mangiare e questo li fa impazzire».

Twitter: @carmengreco612

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