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Emergenza rifiuti, ministro Galletti a Musumeci: «Non segua la pancia dei cittadini»

Di Mario Barresi |

Catania – In mattinata a Palazzo d’Orléans cala il gelo. Misto a un vento di tramontana che trascina una puzza nauseabonda di munnizza. «Le Regioni che non hanno chiuso il ciclo dei rifiuti non pensino che portarli fuori dal loro territorio sia una soluzione strutturale», dice il ministro dell’Ambiente in un’intervista pubblicata sul Resto del Carlino. Gian Luca Galletti si esprime sulla vicenda delle 15mila tonnellate di rifiuti indifferenziati da smaltire, per i quali il Lazio ha chiesto l’aiuto di altre Regioni, fra cui l’Emilia-Romagna. Ma sembra che parli a nuora perché suocera intenda. Tant’è che la copia della pagina di rassegna stampa finisce sul tavolo di Nello Musumeci. Con un passaggio sottolineato con l’evidenziatore, laddove il ministro commenta le dichiarazioni del governatore sul rischio collasso delle discariche dell’Isola: «Chi è capace di fare -striglia Galletti – ha risolto il problema, ma c’è chi ancora segue la pancia dei cittadini, non risolve il problema e lo scarica su altri. Per me è inammissibile».Tutt’altro che un bell’inizio di giornata, all’indomani della richiesta d’aiuto del presidente della Regione al governo nazionale. Ma subito, da Via Cristoforo Colombo, arrivano le prime precisazioni per smussare i toni. «Sulla dichiarazione dello stato di calamità ambientale chiesta dal presidente Musumeci, il ministro non ha competenza diretta», precisano dallo staff, poiché «si tratta di un commissariamento di Protezione civile che attiene a Palazzo Chigi». Ma sull’iter, riguardante soprattutto il game over della discarica palermitana di Bellolampo che rischia di mettere in crisi lo smaltimento di 1.300 sulle 5.800 tonnellate di rifiuti prodotti ogni giorno in Sicilia, dal ministero si mostrano comunque rassicuranti: non è da escludere che un vertice col premier Paolo Gentiloni, o magari con un suo delegato, «si svolga nei prossimi giorni», con il titolare dell’Ambiente che si farà «parte attiva affinché tutte le legittime richieste della Sicilia siano prese in considerazione».

Dal bastone alla carota. O quasi. Nel pomeriggio Galletti si esprime con maggiori dettagli sull’emergenza al di qua dello Stretto. «La situazione del ciclo dei rifiuti in Sicilia è molto grave ed è importante che la nuova giunta regionale ne abbia la piena consapevolezza. Come ho avuto modo di discutere con il presidente Musumeci, esiste un problema di gestione transitoria e uno di dotazione strutturale di un’isola, la più grande regione italiana, che smaltisce ancora in discarica il 90% dei rifiuti e ha percentuali di differenziata a una cifra». Poi un panorama nazionale e comunitario per essere più chiaro: «In Italia abbiamo realtà in cui la differenziata arriva al 90%, e quindi il problema discariche sostanzialmente non esiste. Come non esiste del resto in molti paesi europei, dove fra differenziata e recupero energetico – rammenta Galletti – hanno azzerato di fatto lo smaltimento in discarica». Con un amaro parallelismo: «Se accade in Svezia e in Austria, se accade in Veneto e in Toscana non si capisce perché non deve poter accadere in Sicilia», dice il ministro per il quale quindi «occorre affrontare l’emergenza per evitare il default igienico-sanitario, ma il nodo decisivo è fare ciò che fino a ieri non è stato fatto: realizzare gli impianti per attuare un corretto ciclo dei rifiuti». Un nervo scoperto: «Su questo fronte in Sicilia siamo quasi all’anno zero. Le soluzioni tampone possono essere accettate e necessarie solo in presenza di un programma di infrastrutturazione serio, concreto e da attuare nel più breve tempo possibile», conclude Galletti. Che, infine, concede un credito a tempo alla Regione: «Abbiamo fiducia nell’impegno del presidente Musumeci e vigileremo attentamente. I siciliani non possono più essere trattati come cittadini di serie B».

Fin qui l’ultimatum del ministro Galletti. Il quale parla di «dotazione strutturale», di «recupero energetico», di «impianti per attuare un corretto ciclo dei rifiuti», di «programma di infrastrutturazione». Senza mai pronunciare la parola-tabù: termovalorizzatori. Un destino che, al netto del risultato delle imminenti elezioni politiche (5stelle e LeU sono nemici giurati degli inceneritori), sembra ineluttabile. Tanto più che lo stesso ministro dell’Ambiente, in un iter in cui la Regione Siciliana non tocca palla, a fine novembre ha dato parere favorevole al progetto del colosso delle municipalizzate della Lombardia, l’A2a, che vuole riconvertire la centrale elettrica di San Filippo del Mela in un termovalorizzatore. Per il via libera definitivo, adesso, basta la firma dello stesso Galletti sulla Via (Valutazione d’impatto ambientale), per la quale manca solo un parere della Soprintendenza di Messina, sollecitato a inizio dicembre dal ministero dei Beni culturali. Ma, fanno notare da Roma, anche in in caso di parere negativo dell’ente siciliano, l’iter non si bloccherà: la scelta finale sarà assunta direttamente dal Consiglio dei ministri. Palazzo Chigi si assumerà la responsabilità politica di premere il tasto “on” su un termovalorizzatore contro il quale gli ambientalisti hanno già dichiarato guerra? Staremo a vedere. Intanto, negli uffici palermitani di viale Lazio, si studiano con attenzione tutte le carte sugli inceneritori. Esplicitamente non previsti dal piano rifiuti in vigore, quello varato dal governo Lombardo. Eppure oggetto d’interesse anche di aziende siciliane, fra le quali la Sicula Trasporti (che gestisce la discarica di Lentini), con più di un progetto nel cassetto.

In attesa di affrontare un problema che Musumeci vede comunque lontano (nel suo cronoprogramma i termovalorizzatori «dovrebbero servire a bruciare circa il 10 per cento di frazione residua dei rifiuti»), l’altra questione da affrontare è l’invio dei rifiuti all’estero. Più di un’ipotesi, nonostante Galletti abbia sconsigliato questa opzione, per il governatore che pensa alla Francia o alla Germania, come potenziali destinazioni da raggiungere attraverso le autostrada del mare. «Faremo un bando – ha detto – per il trasferimento dei rifiuti in discarica dai porti di Palermo, Catania, Messina e Augusta». Ma c’è più di un problema da risolvere prima di passare all'”export” d’immondizia siciliana. Superato il divieto di smaltire i rifiuti in un ambito territoriale diverso da quello dove sono prodotti (con la deroga ministeriale, sulla quale Musumeci ha spuntato una proroga di tre mesi da Galletti), il primo nodo è legato al costo. Lo smaltimento nelle discariche siciliane costa in media 110-120 euro a tonnellata. Per spedirli fuori regione il prezzo stimato dagli esperti è di circa 200 euro ai quali vanno aggiunti i 40 per il trattamento di biostabilizzazione indispensabile per portarli all’estero. Quindi: 240 euro, 120 in più a tonnellata. Che, moltiplicati per i circa 2,5 milioni di tonnellate che la Regione ipotizza di dover spedire nei prossimi 24 mesi fanno 300 milioni di euro tondi.

Chi paga? Anche se la Regione volesse, non ne ha la titolarità. Così come non l’hanno le Srr, società di regolamentazione rifiuti. Lo dice la parola: regolamentazione. E non gestione, invece affidata dalla legge 152/2006 alle società d’ambito, i 27 Ato che in Sicilia sono in eterna liquidazione, ovvero ai Comuni. Che, oltre a un debito di 1,8 miliardi sul dolente capitolo dei rifiuti, pongono un altro limite. Chi deciderà quali sindaci dovranno inviare i propri rifiuti all’estero e quali no? Nel groviglio di una riforma dei rifiuti con 27 Ato non del tutto morti e 18 Srr non del tutto nate è un rebus non indifferente. L’unica certezza è che i 150 milioni l’anno di “tassa” per il trasporto dei rifiuti dalla Sicilia all’estero finiranno tutti in un unico “cassonetto” per la raccolta differenziata: le tasche dei siciliani.Twitter: @MarioBarresiCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA