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Fiorellonella sua Siciliarisate,gage battute "catanisi"

Fiorello, nella sua Sicilia risate, gag e battute “catanisi”

"L'ora del Rosario" travolge il pubblico. Lo showman sempre divertente

Di Ombretta Grasso |

Catania – Fra Catania e Siracusa c’è tutto un mondo che gli è rimasto addosso. Lo stile di una battuta, la rapidità nel rubare un tic o una parola, lo sguardo furbo che ti appiccica. Da Martoglio ad Aristofane, dal bozzetto al tipo, da ‘mpare alla stepchild adoption, dal catanese che porta i turisti cinesi «peri peri», al teatro greco-romano che quasi lo commuove e incanta anche tutti noi. E ci fa sentire, dopo  una risata a gola piena, un po’ migliori. Eccolo Fiorello che torna con il suo spettacolo – lunedì e ieri, domani e venerdì al Metropolitan di Catania, tutto esaurito – L’ora del Rosario, stesso copione ma tutto diverso.  Perché cambia in ogni città, dove – prima di andare in scena – si diverte a esplorare il centro, a respirare la gente, a guardare con curiosità il mondo che lo circonda. Per tradurlo in una battuta e capirlo un po’ di  più.Istinto e copione, improvvisazione e talento. Un modo di divertirsi tutto siciliano, magari della costa est, intinto nella “liscia”, che sa ridere degli altri e di se stesso: lo spettacolo vero è Fiorello. Irresistibile,  travolgente, scatenato.

«U ciauro ra casa… »

«U ciauro ra casa… » ha scritto su Facebook. E lo show, dopo il consueto «peccatori, peccatori! Pentitevi, disgraziati! » che grida vestito da sacerdote prendendosela «con Satana che si è suddiviso in tanti piccoli telefonini», parte giocando in platea con il pubblico e prosegue con tanti spunti “catanisi”: modi di fare, nomi, posti, persone incontrate – che ritorneranno nel video conclusivo -, di cui coglie il lato comico, «ma chi è questo che fa hamburger ccà puppetta di cavaddu? Un genio! », passando per i ricordi di chi veniva dalla provincia, «e Catania era come dire andiamo a Los Angeles, ci accoglievano con la coperta di stagnola… », fino all’omaggio al catanesissimo mito Brigantony.Si ride delle cose semplici di tutti i giorni, di quello che succede in casa, in famiglia, con i figli. Si scherza come tra amici, da come fanno pipì gli uomini e le donne, agli invadenti social, «è più facile uscire di galera che da un gruppo di WhatsApp», al vegetariano Cremonesi «che ha un calo di clorofilla». Fiorello è goliardico, non dice parolacce, chiacchiera con il pubblico e questo lo fa sentire vero, “uno di noi”. E’ l’amico simpatico che fa le imitazioni e magari si mette a cantare. Ma non solo.

«A figghia fimmina»

Mentre racconta i suoi difetti, «c’ho messo nove anni per diplomarmi allo scientifico, ma ne so di più di uno che ci sta cinque, no? Papà mi ha detto: “se vieni promosso, ti compro il motorino”. E io: st’annu risparmiamo», le debolezze, «Dio ti punisce, vede come ti sei comportato e ti manda ‘na figghia fimmina», mentre fa strozzare di risate con i guai di noi italiani all’estero o elenca le parole chiave degli over 50 anni che vogliono restare gggiovani per sempre, facendo scattare l’immedesimazione, ne approfitta per una nota di costume, per citare coppie di fatto, per far arrivare a tutti – ma senza tirarsela – la meravigliosa arte di Lang Lang o di Roberto Bolle. Per ritrovare tutto questo il suo pubblico non smette di vederlo: in tanti lo avevano già applaudito a Taormina. Quelli che magari nel cuore della notte, appena tornati a casa, lo ringraziano su Facebook o commentano le sue foto della Villa Bellini («siamo incivili, non ci sono più neanche i cigni finti»).

Un gioco con il pubblico Lo spettacolo è un salto avanti e indietro, un gioco che si può interrompere per scherzare con qualcuno in platea o dietro le quinte. Si ride senza sosta, fino alle lacrime. Dei riti social quando muore qualcuno  famoso, «per me niente applausi al funerale, né post su Facebook con Rip, riposa in pace, e soprattutto niente speciale su “Porta a porta” con tanto di plastico o da Barbara d’Urso», delle star italiane che dipinge in pochi secondi, appena con un tono o un gesto, Vasco, Zucchero, Ramazzotti, Venditti, Ligabue, una Orietta Berti da apoteosi. Elogia il genio di Archimede, «un corpo immerso nell’acqua riceve una spintaverso l’alto… anche se da noi, un corpo che riemerge è un lavoro fatto male».

Omaggio al varietà

Si passa all’omaggio sentimentale al varietà anni 60, il tuffo nella nostalgia con i lustrini e l’orchestra, con la voce di Mina e il ritmo di Tony Renis. Quindi una esilarante carrellata di «marchi di riconoscibilità» di cantanti: Jovanotti con le sue «esse» che canta «l’estate addosso», l’urlo tipico di Al Bano («o è lui o è un’ambulanza»), le mosse di Tiziano Ferro («lo riconosci subito: o è lui o è uno zombie»). Voleva fare il cantante, confessa, ma non era abbastanza «riconoscibile». Meno male per noi che con le sue battute, le gag, le imitazioni, sia “solo”, un gigantesco e strepitoso Fiorello.          

Ombretta Grasso                                                   COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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