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FRANCESCA FERRO E PIETRANGELO BUTTAFUOCO. GIOVEDÌ 8 DUE IMPERDIBILI APPUNTAMENTI TEATRALI

Di ottavio cappellani |

IL DOLORE PAZZO DELL’AMORE

ZO ORE 21.00

di Pietrangelo Buttafuoco tratto dall’omonimo libro edito Bompiani

con: Pietrangelo Buttafuoco, Mario Incudine e Antonio Vasta regia: Mario Incudinemusiche originali: Mario Incudine e Antonio VastaProduzione: Terra di Mario Incudine e Compagnia dell’Arpa

I canti di un unico canto, un “cunto” che è un tuffo nel passato dell’autore Pietrangelo Buttafuoco, imbevuto innanzi tutto delle tradizioni della sua terra, la Sicilia, restituite con passione di antico cantastorie, per cristallizzare quelle storie, quei canti, e farne la rappresentazione di un mito sopravvissuto ai tempi bui del mondo.Ecco leggende e personaggi che emergono da quei luoghi e da quel tempo: le preghiere che portano doni e dolcetti; i diavoli, gli angeli, i re, le ninfe, le regine e i vescovi di una mille e una notte che prima di essere un libro è il teatro della vita popolare, in cui passato e presente si mescolano in un rabbioso andirivieni. E allora la storia si fa prossima: irrompe l’anno della sovversione, il terremoto del Belice e l’altro terremoto delle rivolte studentesche e operaie e negli anni ottanta le storie parallele di mafiosi e di commissari di polizia, che lasciano il segno.Ma soprattutto c’è l’amore, e “all’amore bisogna credere, sempre. Anche quando ci fa pazzi di dolore”. Anche quando l’amore è una lettera d’addio che distilla malinconia. Così prendono vita il musicante che suona per passione e sa perdersi nella pazzia e trasformare il dolore in musica; la signorina Lia, la zia che non ritiene alcun pretendente degno di lei e amministra la memoria di famiglia curando album di fotografie; lo zio Angelino, elegante cappellano militare che viaggia e frequenta il bel mondo e che, grazie all’amore per Dio, diventa l’uomo della gioia in una terra di lupi. La narrazione di Buttafuoco si fonde e si alterna alle ballate di Incudine che intreccia una tessitura di note e parole che vanno dalla voce lontana dei carrettieri siciliani alle melodie delle serenate, fino ad arrivare alla Sicilia di oggi con le sue nuove parole e con la sua nuova musica sempre senza tempo

LO STERMINIO

Giovedì 8 dicembre, alle 18:45, negli spazi del “Teatro ABC” di Catania (Via Pietro Mascagni, 92), andrà in scena la commedia “Lo Sterminio” di Francesca Ferro, con la regia di Francesco Maria Attardi

Una cena, cinque amici, quattro risate scandite da ricordi, confessioni, equivoci che conducono la serata verso il confronto, trasformando l’apparente atmosfera di complicità in un furibondo scontro verbale dall’irresistibile ritmo comico.

I protagonisti sono messi singolarmente alla berlina, si concederanno senza filtri mettendo in dubbio vedute politiche, condizioni sociali, credenze popolari e

soprattutto rapporti familiari. Una commedia, appunto, nella quale i valori, le scelte personali, il calore familiare, l’amicizia e la fiducia saranno amaramente messi in discussione da un banale e innocente scherzo, che darà il via ad un vero e proprio sterminio.

“Lo Sterminio è qualcosa di più della classica commedia basata su ritmi incalzanti, freddure o situazioni grottesche – ha tenuto a precisare il regista Francesco Maria Attardi –, al suo interno nasconde un gran lavoro sugli interpreti, i rapporti fra loro sono chiari, limpidi, decisi. Abbiamo voluto chiarire sin dall’inizio il peso scenico dei protagonisti; l’impianto scenografico propone in chiave minimalista un living di una famiglia borghese di sinistra, la stanza è priva di pareti e lascia intravedere sullo sfondo un palazzo, come se le dinamiche familiari fossero spietatamente messe a nudo davanti ad una vetrina sociale. Come le migliori commedie sanno fare questo spettacolo offre molti spunti di riflessione, uno di questi riguarda il sempreverde argomento della maschera pirandelliana che spingerà i protagonisti ad affrontarsi faccia a faccia, sfociando nella diatriba tra ciò che si è veramente e ciò che si manifesta all’esterno, tra l’essenza e la forma e la frantumazione dell’io. Inoltre credo molto, probabilmente per deformazione professionale – ha chiosato lo stesso Attardi –, nell’alternanza fra teatro e video, quest’ultimo visto non solamente come supporto scenotecnico ma come vero e proprio elemento indissolubile dell’impianto drammaturgico.”COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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