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Boldrini: «Così Librino può guarire dal degrado. Questo è il vero “Ponte”»

Di Mario Barresi |

«Mi aspetto di trovare un quartiere pulsante, forse ferito ma combattivo e con anticorpi sufficienti per guarire. Librino, come molte altre zone di periferia, fa notizia per eventi delittuosi, per il degrado. Ma qui vive anche una maggioranza onesta di persone, qui ci sono più giovani, il nostro futuro. E, soprattutto, in questi quartieri si concentrano i principali problemi del nostro tempo. Primo tra tutti la diseguaglianza: un acido capace di corrodere la coesione sociale. Un problema non solo etico, ma anche economico e politico. E proprio dove c’è diseguaglianza ci devono essere le istituzioni, per ascoltare e trovare risposte insieme agli amministratori locali, per valorizzare i cittadini che ogni giorno sfidano incuria, spaccio, illegalità».

Quella di Catania è la sesta tappa di un suo viaggio nelle periferie urbane. Qual è il quadro che emerge?

«La mia iniziativa ha un significato politico e punta a riaffermare il valore delle periferie e del loro capitale umano. Ho intrapreso questa esperienza un anno e mezzo fa andando a Scampia, a Napoli, e poi allo Zen di Palermo, a Corviale e Tor Bella Monaca a Roma, a Quarto Oggiaro a Milano. Ho incontrato centinaia di donne e uomini, giovani e anziani accomunati dalla voglia di mettere in atto dei cambiamenti. Una energia che rappresenta il laboratorio più interessante per una nuova politica. Persone che passano dalla lamentela per ciò che non va all’azione collettiva. So che a Librino sono in tanti a praticare questo impegno. Visiterò il campo dove gioca una squadra di rugby, la biblioteca popolare, gli orti sociali. Sono convinta che chi si attiva per ottenere servizi idonei e aggregare le persone fa una politica più autentica delle riunioni di partito in cui si ragiona di formule elettorali».

C’è un gap notevole anche fra Nord e Sud. Perché la Questione Meridionale è tutt’ora così sottovalutata ?

«C’è ancora un distacco enorme tra il Nord e il Sud del Paese. Lo fotografano pochi, drammatici e impietosi dati. Nel 2016 in Sicilia il tasso di disoccupazione giovanile è stato del 57,2%. Nel Mezzogiorno le donne che lavorano sono appena il 31,3%. Sull’isola le famiglie che non riescono ad avere pasti adeguati o a pagare le bollette arrivano al 50%. Non c’è da aggiungere altro per capire che in Sicilia ci vuole una “grande opera”. E non intendo certo il Ponte di Messina. Credo che la vera “grande opera pubblica” nell’isola passi dal recupero e dalla riqualificazione delle periferie. Questo Parlamento sta facendo la sua parte. Nella legge di stabilità 2016, ha approvato il Piano straordinario per le periferie, finanziato con 2,1 miliardi di euro. A Montecitorio è stata istituita una Commissione d’inchiesta sulle periferie. Per contrastare la povertà è stato approvato un importante, anche se insufficiente, provvedimento sul reddito di inclusione».

Ha aperto un altro fronte delicato: il degrado nella piazza virtuale. Che legame c’è fra web e realtà? Cosa fare per arginare una deriva violenta?

«La rete è ormai parte fondamentale della nostra quotidianità. Per questo ho voluto istituire tanto una Commissione Internet quanto una Commissione dedicata a contrastare il discorso di odio, che in rete purtroppo dilaga. Sia chiaro: violenza e oscenità non li ha mica inventati Internet. Ma dobbiamo combattere l’atteggiamento secondo cui la rete sarebbe una zona franca nella quale si può insultare senza conseguenze o si possono spacciare falsità per far soldi o per demolire un avversario politico. Questo non è “libertà di espressione”. È violenza, è diffamazione, e va contrastata. Sia punendo questi abusi come quelli off line. Sia mettendo i violenti di fronte alle loro responsabilità: io l’ho fatto pubblicando i nomi di chi mi aveva scritto cose oscene o minacciose. Sia facendo crescere la consapevolezza dei cittadini: la campagna “BastaBufale” è nata per questo».

Catania, come tutta la Sicilia, è frontiera dell’accoglienza. Ma è anche l’ombelico mediatico delle polemiche sulla gestione dei soccorsi. Qual è il suo giudizio sul ruolo delle Ong?

«Se qualcuno ha commesso illeciti va punito. E i trafficanti di esseri umani vanno arrestati e colpiti con la durezza necessaria. Ma qui si è sviluppata una campagna tesa a colpevolizzare organizzazioni che meritano il ringraziamento di tutti. Perché fanno la cosa più importante: salvano vite umane. Le polemiche strumentali hanno finito per occultare questo dato essenziale. C’è stato un singolare rovesciamento, per cui deve “discolparsi” chi svolge un’opera preziosa, della quale c’è ancor più bisogno dopo la fine di “Mare Nostrum”. Le Ong sopperiscono a una carenza. Senza di loro molte persone potrebbero morire senza che se ne sappia nulla. E allora chiedo: non sarà che dà fastidio chi salva la vita ad altri esseri umani in mare? A volte ho l’impressione che l’obiettivo sia proprio di non sapere e non vedere, di non voler essere “disturbati” dalla realtà».

Anche sull’accoglienza dopo gli sbarchi ci sono molte ombre. Come blindare i centri per migranti da corruzione e mafia?

«In questi scandali ci sono due vittime: i migranti, sulla cui pelle lucrano taluni gestori dell’accoglienza, e la collettività, che vede finire nelle tasche di questi figuri soldi che l’Italia destina all’accoglienza. Mi auguro che chi si è voluto arricchire facendo della solidarietà uno sporco affare sia colpito in modo esemplare. Ma non può passare l’equazione accoglienza uguale ‘ndrangheta o mafia. Quando la mafia mette le mani su un’area della sanità, non per questo pensiamo di chiudere gli ospedali pubblici. Si deve impedire alla criminalità di infiltrarsi».

Twitter: @MarioBarresi

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