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“Caporalato”, sequestrati beni per dieci milioni a un imprenditore di Paternò

Di Redazione |

La Direzione Investigativa Antimafia di Catania ha sequestrato, su ordine del Tribunale etneo e su proposta del direttore della Dia Nunzio Antonio Ferla, beni per oltre 10 milioni di euro a un imprenditore agricolo di Paternò, accusato di aver costituito un’associazione, operante a Paternò e in Romania, per il reclutamento di manodopera rumena per l’impiego nelle campagne paternesi, in assenza delle garanzie minime di tutela spettanti ai lavoratori, secondo le forme e modalità del cosidetto “caporalato”.

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Il patrimonio sequestrato comprende un’impresa individuale ed una società operanti nel settore agricolo, rapporti bancari, numerosissimi immobili ubicati tra la provincia di Catania e Messina e una decina di automezzi.

I beni sono stati sequestrati a Rosario Di Perna 61 anni, di Raccuja ma domiciliato in Paternò. L’imprenditore era già stato colpito, insieme al figlio Calogero e ad altri indagati di nazionalità rumena, da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nel 2015 dal Tribunale di Catania nell’ambito dell’operazione denominata “SLAVE”, perché accusato di aver costituito un’associazione, operante a Paternò e in Romania, preordinata al reclutamento di manodopera rumena per l’impiego nelle campagne paternesi, in assenza delle garanzie minime di tutela spettanti ai lavoratori, e costringendo anche le numerose vittime a subire condizioni lavorative vessatorie con violenze e minacce, implicite ed esplicite. Le vittime erano collocate in alloggi di fortuna, privi delle condizioni minime di abitabilità (senza acqua corrente, senza energia elettrica, senza servizi igienici, senza riscaldamento). L’operazione Slave portò all’arresto di nove persone accusate di associazione a delinquere dedita al “capolarato”.

Rosario Di Perna, ritenuto il capo dell’organizzazione delinquenziale ha anche nel suo “curriculum” condanne per truffa all’Inps, furto continuato e usura, reati per i quali è stato anche sottoposto a misure cautelari emessi dal Tribunale di di Catania.

I beni sono stati sequestrati applicando le norme antimafia, che permettono di avviare indagini finalizzate all’aggressione dei patrimoni illecitamente accumulati anche per coloro che si macchiano dei reati di caporalato.

E la Dda di Catania ha indagato sui Di Perna con la Dia etnea che ha svolto accertamenti patrimoniali non solo su Rosario Di Perna ma anche sul conto del figlio Calogero titolare di un’impresa e cointeressato in una società inserita nel settore del commercio all’ingrosso di prodotti ortofrutticoli.

Gli accertamenti patrimoniali hanno evidenziato che Rosario Di Perna non ha risorse lecite idonee a giustificare gli investimenti effettuati e, nel contempo, una cospicua e generalizzata sproporzione tra i redditi dichiarati ed il patrimonio posseduto.

Il Tribunale di Catania ha così ordinato il sequestro del patrimonio riconducibile a Di Perna. In particolare, sono stati sequestrati diversi rapporti bancari in corso di quantificazione, otto automezzi, due aziende – la Difruit Srl di Paternò, operante nel settore del commercio all’ingrosso di prodotti ortofrutticoli e la ditta individuale Di Perna Calogero operante nel settore delle colture agrumicole -, venti fabbricati e 48 appezzamenti di terreno a Paternò, Belpasso, Biancavilla, Ramacca, Floresta e Patti per una estensione totale di oltre 50 ettari.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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