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Lo Bello e Montante, i gemelli diversi

Lo Bello e Montante, i gemelli diversi sulla tormentata via della “CamExit”

La sorte dei big Confindustriali di Unioncamere

Di Mario Barresi |

Catania –  Nemmeno i più ferrati studiosi di gnoseologia confindustriale l’hanno ancora capito: ma quei due ci sono o ci fanno? Nemici, s’intende. Eppure stavolta i rapporti fra Ivan Lo Bello e Antonello Montante non sono il punto centrale. Perché dei due leader di Confindustria parliamo nei rispettivi ruoli in Unioncamere di presidenti nazionale e regionale. Lo Bello, fino a ieri, era presidente della Camera di Siracusa, dove l’assessore Mariella Lo Bello ha nominato commissario ad acta il dirigente regionale Dario Tornabene; Montante, presidente di Caltanissetta con mandato fino a maggio 2017, ha accettato di restare a capo di Unioncamere, «finché non sarà conclusa la riforma». E, dicono i suoi, «quando gli accorpamenti saranno completati, lascerà in anticipo anche la presidenza nissena».

Antonello e Ivan, gemelli diversi. Protagonisti della svolta antimafia di Confindustria e poi colpiti da inchieste giudiziarie: Montante per concorso esterno in associazione mafiosa a Caltanissetta (a giorni scadono i due anni delle indagini preliminari); Lo Bello per traffico di influenze nel filone siciliano dell’inchiesta sul petrolio dei pm Potenza.

Montante e Lo Bello: così uguali, eppure così diversi. Entrambi orgogliosi nella difesa da accuse «infondate e infamanti», ma con differenti modi di reagire nella gestione dei ruoli. Che però entrambi mantengono. Montante, dicendosi «nauseato dalle vicende siciliane», si sfoga con gli amici: «Non sono più candidato a nulla e non vedo l’ora di lasciare tutti gli incarichi per dedicarmi alle mie aziende». Anche perché è già pronta la successione a Sicindustria: i “saggi” hanno concluso le consultazioni, il successore (molto gradito al predecessore) sarà Giuseppe Catanzaro, oggi vice vicario. «È tutto un bluff, ci sarà un congelamento generale per almeno tre anni di tutto e di tutti», va dicendo Marco Venturi, ex confindustriale ed ex amico di Montante. In un tweet velenoso l’ex assessore regionale di Lombardo incalza: «Perché Crocetta e l’assessore Lo Bello non chiedono da un anno il certificato antimafia al presidente della Camera di Commercio di Caltanissetta». Un altro motivo di imbarazzo, oltre che di potenziale decadenza. Ma dall’entourage di Montante fanno sapere che «il problema non esiste».

Lo Bello, dal canto suo, è certo di «uscire presto a testa alta dall’inchiesta di Potenza». E ne ha tutto il diritto. Intanto, per blindare la sua presidenza nazionale di Unioncamere ha fatto due mosse. La prima è una modifica del regolamento associativo: il ruolo può essere rivestito anche da chi, come lui adesso, non è presidente di una Camera locale. Circostanza rivelata in un’intervista da Pietro Agen, presidente regionale di Confcommercio, e mai smentita da Unioncamere che però adesso fa sapere che si tratta di un «regolamento in vigore da almeno sette anni».

 E poi la CamCom di Siracusa ha deliberato (a quattro giorni dalla scadenza del mandato di Lo Bello) di uscire dall’accorpamento con Catania e Ragusa. Con gli stessi numeri schiaccianti con cui i suoi fedelissimi hanno votato il  divorzio last minute, dunque, il presidente uscente conta di essere rientrante. Meglio guidare una “Camerina” che restare fuori dalla Super Camera dove invece è scontata la vittoria dell’odiato Agen.

Ma Lo Bello, oltre all’ostracismo di Crocetta e dei grillini sulla delibera (anche se a Siracusa sostengono che, in assenza dei decreti attuativi della riforma Madia, hanno tutto il diritto di restare Camera autonoma), ha un altro problema. Legato soprattutto all’imbarazzo dentro Confindustria. Subito dopo l’inchiesta sul quartierino, era stato Giorgio Squinzi a scrivergli. Il 26 aprile dice a Lo Bello che, pur restando «garantista convinto», si permette di invitarlo a «un’attenta riflessione sulle conseguenze che questa complicata e triste vicenda potrebbe avere nell’iter della complessa Riforma in dirittura d’arrivo del Sistema Camerale». Seppur dopo una traduzione dal  “confindustrialese”,  il concetto è chiaro. Pur lasciando a Lo Bello «tutte le considerazioni di merito, che attengono alla tua sensibilità di uomo pubblico», Squinzi chiede all’allora suo vice «un momento di incontro con i sistemi associativi che Ti hanno supportato nell’elezione a Presidente, per una condivisione della situazione e delle possibili scelte conseguenti».

Lo Bello, quelle «scelte conseguenti», non le ha prese. Ma Squinzi, che difese a spada tratta Montante dopo le accuse di mafia, non è più il leader di Confindustria. Ora c’è Vincenzo Boccia. Che, dopo la tabula rasa iniziale sui vice siciliani, ha appena nominato Montante coordinatore del Gruppo tecnico “Reti di Imprese” a supporto del Consiglio di presidenza. Poca roba, rispetto alla delega sulla legalità creata per lui ai tempi di Emma Marcegaglia e mantenuta con Squinzi. Ma è pur sempre un segnale. Contrapposto al silenzio su Lo Bello. Un atteggiamento simile a quello del «Caro Ivan, ti scrivo…» di Squinzi? Non è dato saperlo. Ma in Viale dell’Astronomia – com’è invece risaputo – nulla cambia e tutto si trasforma. E le successioni non sono rivoluzioni. Mai.  COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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