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Mafia, duro colpo a due clan dell’Acese. Scatta blitz dei carabinieri: 18 arresti

Di Redazione |

CATANIA – Duro colpo dei carabinieri di Catania a due “gruppi” criminali storici che operano nella provincia etnea con 18 arresti eseguiti la notte scorsa. Tra i destinatari del provvedimento anche l’ex deputato regionale siciliano Nino Nicotra, indagato per concorso esterno alla mafia e voto di scambio per un appoggio elettorale nel 2012.

Al centro dell’inchiesta “Aquilia” della Procura distrettuale di Catania indagini del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Catania le dichiarazioni di collaboratori di giustizia che hanno ricostruito l’organigramma di due «gruppi» storici della “famiglia” di Cosa nostra di Catania: quelli di Acireale e di Aci Catena, già riconducibili al boss Sebastiano Sciuto, detto “Nuccio Coscia”, recentemente scomparso per cause naturali.

Oltre all’ex deputato regionale e sindaco di Aci Catena Raffaele Pippo Nicotra, di 62 anni, i carabinieri hanno arrestato: Fabio Arcidiacono di 34 anni, Fabrizio Bella di 54, Cirino Cannavò di 46, Fabio Vincenzo Cosentino di 40, Gianmaria Tiziano Cosentino di 37, Danilo Tommaso Failla di 39, Salvatore Nunzio Fonti di 48, Camillo Grasso di 50, Mariano Massimino di 32, Mario Nicolosi di 42, Camillo Pappalardo di 48, Concetto Puglisi di 37, Giuseppe Rogazione di 44 e Santo Paolo Scalia di 44. Tre provvedimenti cautelari sono stati notificati in carcere a indagati già detenuti per altra causa: Rodolfo Bonfiglio di 38 anni, Antonino Francesco Manca di 40 e Stefano Sciuto di 36.

Un impulso alle indagini è arrivato dalla collaborazione, avviata nel luglio del 2015, da Gaetano Mario Vinciguerra, ex reggente del gruppo di Aci Catena, che ha ricostruito anche un elenco dettagliato delle imprese commerciali costrette, da anni, a pagare il «pizzo». Scoperte estorsioni, consumate e tentate, nei confronti di otto imprenditori locali, alcune delle quali durate diversi anni, per agevolare il clan.

Fatta luce anche sul tentato omicidio di Mario Giuseppe Tornabene, già responsabile del “gruppo” di Giarre, avvenuto a Fiumefreddo di Sicilia il 28 agosto 2007. Secondo due “pentiti” avrebbe «disatteso gli accordi economici intrapresi con il boss Sciuto». E all’agguato avrebbe partecipato anche il figlio del capomafia, Stefano Sciuto, già detenuto ad Asti per altri reati, con complici ancora da identificare. Tornabene fu raggiunto da tre colpi di pistola all’addome, che, fortunatamente, non avevano seguito, a causa della pronta reazione della vittima, che riusciva a fuggire.

Parallelamente, carabinieri della compagnia di Acireale acceso i fari su tre persone, vicine agli stessi “gruppi”, indagate per furto, estorsione aggravata, e in particolare nel settore delle auto rubate, attraverso il cosiddetto «cavallo di ritorno», spacco di droga e detenzione di armi.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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