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VERSO LE ELEZIONI

I derby, la lista forte, il “fattore C”, i simboli a rischio e i pronostici: mappa ragionata delle Europee in Sicilia

FdI col vento in poppa, Fi una corazzata, rebus Lega. M5S premiato da Swg, il Pd resta in scia, Centristi e De Luca con il problema della soglia di sbarramento

Di Mario Barresi |

Si parte. Anche se ancora non si conosce il destino di almeno 5 delle 14 liste presentate alla Corte d’appello di Palermo per la circoscrizione Isole, la corsa delle Europee è cominciata. In palio otto seggi a Bruxelles fra poco più di un centinaio di candidati.

I derby nel centrodestra

Il sistema proporzionale puro mette i partiti del centrodestra, sempre vincente in coalizione in Sicilia nelle ultime competizioni, l’uno contro l’altro. Sarà un test importante anche per ridefinire gli equilibri del governo regionale, con l’annunciato rimpasto a due anni dall’elezione di Renato Schifani.

Fratelli d’Italia, con la spinta di Giorgia Meloni capolista, punta a confermarsi prima forza anche in Sicilia, anche se, a causa della concorrenza interna (soprattutto forzista), potrebbe andare sotto la media nazionale di circa il 30% dei sondaggi, pur superando il 18% siciliano alle Politiche. In questo caso scatterebbe un seggio pieno – il cui quoziente è pari al 12,5% – più il secondo assicurato dal resto più alto. Una proiezione realizzata da Swg (committente Azione) attribuisce a FdI addirittura tre seggi. Fra i favoriti l’uscente palermitano Giuseppe Milazzo, oltre al vincente della sfida vulcanica fra l’ex assessore regionale Ruggero Razza e il sindaco di Gravina Massimiliano Giammusso. La griglia finale, con Meloni fuori concorso, servirà anche a definire gli equilibri di forza nel partito in Sicilia. Da un lato l’ipotesi di un tandem Milazzo-Razza con Meloni in mezzo, benedetta dal ministro Nello Musumeci e dal presidente dell’Ars Gaetano Galvagno (ma bisognerà vedere i numeri reali di Palermo e Catania), dall’altro la lotta pancia a terra del senatore Salvo Pogliese, uno dei pochi meloniani con un forte seguito personale, per Giammusso. Le variabili in rosa sono l’assessora Elvira Amata (l’unica che avrebbe una deroga da Via della Scrofa per il “santino” anche senza la leader, grazie all’importante sponda nazionale di Manlio Messina) o la deputata dell’Ars Giusi Savarino.

Se il voto dell’8 e 9 giugno non fosse così “politico” come di solito accade alle Europee, la lista più forte, guardando ai singoli, la schiera Forza Italia, che potrebbe andare oltre l’unico seggio assegnato da Swg. Già basterebbe il “derby degli assessori” fra Marco Falcone ed Edy Tamajo, ma non bisogna dimenticare la capolista Caterina Chinnici. Fortemente voluta da Antonio Tajani, gode del “booster” dell’Mpa di Raffaele Lombardo: se l’uscente prendesse la metà dei voti d’opinione incassati nel Pd nelle ultime due tornate, potrebbe davvero aspirare al tris. Un possibile outsder, oltre al sardo Michele Cossa da non sottovalutare, è Massimo Dell’Utri, in quota Noi Moderati, soprattutto se riuscisse a convogliare parte di elettori della Dc rimasti orfani di simbolo e candidati.

La Lega è ben lontana dal robusto 22% nelle Isole che alle ultime Europe le fruttò due elette. L’obiettivo – non scontato, ma nemmeno impossibile – è confermare almeno un seggio, smentendo le previsioni di chi, come Swg, la quota a zero. Decisivo, in questo senso, sarà l’apporto dell’ex vicepresidente della Regione, Luca Sammartino, che, in attesa dei primi verdetti sull’inchiesta di Catania, ha comunque messo in moto la sua potente macchina elettorale per l’uscente ex meloniano Raffaele Stancanelli. Che parte favorito, pur con due fattori da soppesare: la consistenza dell’uscente capolista Annalisa Tardino, molto stimata da Matteo Salvini e comunque catalizzatrice dell’ala siciliano ostile a Sammartino, ma soprattutto l’effetto di Roberto Vannacci fra gli elettori di destra. Interessante, in chiave regionale, la sfida a distanza fra l’assessore Mimmo Turano e il senatore Nino Germanà; c’è l’incognita dell’innesto centrista di Ester Bonafede.

La rincorsa progressista

Il fronte progressista, sonoramente sconfitto in Sicilia nell’election day del 2022, potrebbe prendersi una rivincita anche grazie al sistema elettorale: non è impensabile, incrociando i vari dati a disposizione, che stavolta finisca 4-4.

Il M5S, pur lontano dal 30% di cinque anni fa, punta al doppio seggio anche con una decina di punti in meno. Una conferma che, al di là dei tre attribuiti da Swg (addirittura uno in più del 2019), sarebbe comunque un ottimo risultato. In prima fila parte la coppia scelta da Giuseppe Conte: Giuseppe Antoci, ex dem ed ex presidente del Parco dei Nebrodi scampato a un attentato mafioso, e Cinzia Pilo, spinta dalla neo-governatrice sarda Alessandra Todde. Ma gli attivisti siciliani, nelle consultazioni online, hanno espresso fiducia per Patrizio Cinque, ex sindaco di Bagheria. C’è anche lui, sostenuto da parte dei deputati dell’Ars, fra i favoriti, con l’ipotesi che una delle tre siciliane in lizza (la catanese Matilde Montaudo, la gelese Virginia Farruggia, molto cara al coordinatore regionale Nuccio Di Paola, e la saccense Antonella Di Prima) possa sfruttare la facilità di accoppiata donna-uomo per cambiare l’equilibrio.

Per il Pd è scontato il primo seggio pieno attribuito da Swg, ma è possibile anche il secondo. In lizza, al netto della capolista “virtuale” Elly Schlein, tanti aspiranti quasi tutti allo stesso livello. E così, oltre alla robustezza del tentativo di bis dell’uscente Pietro Bartolo, si dovranno misurare gli altri anche in base alle dinamiche interne delle “tribù” siciliane. Così il segretario regionale Anthony Barbagallo, assieme ad altri big, punta sul senatore siracusano Antonio Nicita, mentre – in attesa della resa dei conti al congresso siciliano post Europee – c’è un fronte (anche catanese) che si schiera con l’ex capogruppo all’Ars Peppino Lupo. Da tenere sott’occhio la giornalista “civica” Lidia Tilotta, scelta dal Nazareno, spinta dal voto d’opinione e sostenuta dal presidente dell’Antimafia Antonello Cracolici e non solo.

L’Alleanza fra Verdi e Sinistra Italiana punta a superare il 4% nazionale e anche smentire chi non le attribuisce, anche in caso di quorum, il seggio nelle Isole. L’alfiere siciliano di Avs è l’ex sindaco di Palermo Leoluca Orlando, frontman di una lista che contempla anche i candidati-simbolo Mimmo Lucano e Ilaria Salis, oltre che l’ex parlamentare dell’Ulivo Cinzia Dato.

Centristi e De Luca in bilico

La missione impossibile di Cateno De Luca, ancora in ospedale per una brutta polmonite mista a stress, sarà superare la soglia di sbarramento nazionale con la sua lista-patchwork Libertà. Il leader di Sud chiama Nord, seguito da Laura Castelli, è capolista anche in Sicilia (con l’ex deputata grillina Piera Aiello, l’ex assessore forzista e vicesindaco di Siracusa Edy Bandiera e il deputato regionale Ismaele La Vardera), dove può contare su uno zoccolo duro di consenso. Ma il problema è dallo Stretto in su.

Superare l’asticella del quorum è anche l’obiettivo (più a portata di mano) delle due anime “macroniane” del centro in Italia. Azione, con Carlo Calenda capolista, in Sicilia ci prova puntando molto su Sonia Alfano, ex eurodeputata figlia di Beppe, nostro cronista ucciso dalla mafia; in campo anche l’ex sindaco di Cinisi Giangiacomo Palazzolo.

Ci tenta, con più chance, anche Stati Uniti d’Europa, con l’ex parlamentare radicale Rita Bernardini ad aprire la lista chiusa da Matteo Renzi. In mezzo l’ex rettore di Palermo Fabrizio Micari, candidato governatore nel 2017, e l’ex deputato dem Francesco Calanna, oltre a Valentina Falletta, fedelissima del leader di Iv in Sicilia Davide Faraone. Non saranno della partita i due nomi di area renziana che sarebbero piaciuti alla Dc: l’ex sindaco di Agrigento e assessore regionale Marco Zambuto e l’avvocata Laura Abbadessa.

Il peso del “fattore C”

E queste due defezioni last minute (l’ultima è stata quella della moglie del magistrato Massimo Russo, già assessore di Lombardo, con il veto di +Europa) aprono l’unico interrogativo di queste Europee in Sicilia: che farà Totò Cuffaro? Dopo aver rinunciato allo scudo crociato nella scheda, l’ex governatore s’è dovuto rassegnare anche all’assenza di candidati riconducibili alla sua Dc.

E allora, mentre lui si dice «fuori Sicilia» in attesa di rompere il silenzio, sono poche le opzioni sul tavolo. Un consenso “ideologico” a Bernardini, in memoria delle comuni battaglie per i carcerati; un sostegno più mirato, in nome dello storico asse con Saverio Romano, al centrista Dell’Utri nella lista di Forza Italia, magari in tandem con l’assessora Bernardette Grasso per potersi “contare”. L’una ipotesi non esclude l’altra.

I cinque simboli a rischio

E infine i simboli a rischio. Fra chi ha presentato i documenti a Palermo è certa l’esclusione di Democrazia Sovrana Popolare di Marco Rizzo e Francesco Toscano per il mancato raggiungimento del numero minimo di firme. Ed è a forte rischio anche la presenza di quei simboli che, per essere esentati dalla sottoscrizione, hanno dichiarato l’affiliazione a una forza rappresentata a Bruxelles: altre Corti d’Appello hanno già bocciato Forza Nuova, Alternativa Popolare e Partito animalista-ItalExit (ammessa però nella circoscrizione Sud).

Ed è in bilico, nonostante il titanico rush finale, anche la lista di Michele Santoro. Per Pace Terra e Dignità in Sicilia «problemi» sui 15.333 certificati elettorali a corredo delle oltre 17mila firme raccolte, come ammette Frank Ferlisi, segretario palermitano di Rifondazione comunista. «La fretta potrebbe avere giocato qualche brutto scherzo, ma siamo fiduciosi: aspettiamo il responso definitivo dell’ufficio elettorale». Che, anche per le altre quattro liste in bilico, dovrebbe arrivare oggi.

m.barresi@lasicilia.it

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