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Cronaca

Oggi è Santa Barbara, martirizzata dal padre

Di Redazione |

È la martire del fuoco e la “regina” dei fulmini, ma Santa Barbara – che la chiesa festeggia oggi, 4 dicembre – è anche una delle prime donne vittima di “femminicidio” in famiglia, perché venne uccisa dal padre, per aver abbracciato il cristianesimo.

Santa Barbara è invocata contro la morte improvvisa (allusione a quella del padre, secondo la leggenda), proprio quella che potrebbe colpire chi fa un lavoro pericoloso come coloro che maneggiano espliosivi: gli artificieri, gli artiglieri, i carpentieri, i minatori, o chi ha a che fare con il fuoco e infatti è protettrice dei vigili del fuoco. Nelle navi da guerra il deposito delle munizioni è denominato “Santa Barbara”, proprio perché in ogni deposito di armi ed esplosivi c’è un’effigie di Santa Barbara. Il termine “santabarbara” è diventato un sostantivo per indicare un arsenale o un deposito di armi ed esplosivi.

Originaria della Turchia, dove era nata nel 273 d. C nell’attuale Izmit (all’epoca Nicomedia), era figlia di Dioscoro, collaboratore dell’imperatore romano Massimiliano Erculeo, che mal digeriva la conversione della ragazza. La famiglia si trasferì in Italia fra il 286 e il 287, a Scandriglia, oggi in provincia di Rieti, e qui Barbara distrusse gli dei raffigurati nella villa paterna. L’ira di Dioscoro la costrinse a fuggire per rifugiarsi in un bosco, ma venne catturata.

Il padre, allora fece costruire una torre per rinchiudervi la figlia – infatti nell’iconografia classica, Barbara è raffigurata con una torre – ma lei riuscì a fuggire passando miracolosamente fra le pareti della torre. Nuovamente catturata, Dioscoro la condusse davanti al prefetto Marciano che l’invitò ad abiurare la sua fede, ma lei si rifiutò. Venne flagellata, ma secondo la leggenda fu percossa con delle verghe che si trasformarono in piume di pavone.

Il prefetto Marciano ordinò, allora, che il suo corpo venisse avvolto da “vestiti” rozzi e ruvidi, tanto da farla sanguinare, ma durante la notte -secondo uno schema comune alle leggende agiografiche – Barbara ebbe una visione e fu completamente risanata. Il giorno seguente il prefetto la sottomise a nuove torture: sul suo corpo fece porre piastre di ferro rovente, ma le fiamme si spensero quasi subito. Barbara, portata nuda per le strade della città, ritornò miracolosamente vestita e sana, nonostante le continue torture.

A quel punto, il prefetto la condannò al taglio della testa e fu il padre stesso ad eseguire la sentenzacon la sua spada. Subito dopo venne colpito e carbonizzato completamente e di lui non rimasero neppure le ceneri.

L’imperatore Giustino, nel sec. VI, avrebbe trasferito le reliquie della martire dall’Egitto a Costantinopoli; qualche secolo più tardi i veneziani le trasferirono nella loro città e di qui furono recate nella chiesa di S. Giovanni Evangelista a Torcello (1009). Il culto della martire fu assai diffuso in Italia, probabilmente importato durante il periodo dell’occupazione bizantina nel sec. VI, e si sviluppò poi durante le Crociate. Se ne trovano tracce in Toscana, in Umbria, nella Sabina.

A Paternò, in provincia di Catania, Santa Barbara è la Patrona e viene per tre giorni festeggiata il 3-4-5 dicembre. La festa pare sia stata introdotta nel XIII secolo dai cavalieri dell’Ordine teutonico, dopo la peste del 1576 che aveva colpito la città.  La Santa viene festeggiata anche il 27 maggi festa del patrocinio di Santa Barbara o più comunemente Santa Barbara delle Rose, istituita in occasione dell’eruzione dell’Etna nel 1780. Si dice che in quell’occasione sul fronte lavico che minacciava la città, a Ragalna, venne portato un fascio di sorse rosse in omaggio alla Patrona e infatti le rose rosse ornano anche nella festa “invernale” il busto reliquiario della Martire. 

Ecco il filmato storico del 30 Aprile 1983 a Ragalna (che al tempo faceva parte del Comune di Paternò) quando la lava si arrestò davanti al busto reliquiario di Santa Barbara

Un’usanza legata a Santa Barbara, diffusa un po’ in tutta Italia e anche in Calabria, particolarmente nel cosentino, vuole che il 4 dicembre, giorno a lei dedicato, si raccolgano dei rametti di latifoglie (rametti di ciliegio o anche di melo, pero, prugno, nocciolo, e anche gelsomino o biancospino) si mettano nell’acqua e poi si pongano accanto al presepe per vederli fioriti a Natale. Per fare questo basta raccogliere con cura i rametti, fare alla base un taglio diagonale, oortarli in un ambiente riscaldato, immergerli in una vaschettta piena di acqua tiepida e lasciarli così per una notte.

Il giorno dopo si pongono i rami in un vaso con acqua a temperatura ambiente, si sistemano in un luogo luminoso e asciutto della casa, magari accanto al presepe, ricordandosi di cambiare l’acqua e di nebulizzare i rami con lo spruzzino un paio di volte a settimana. Se il trattamento è stato efficace, sui rami entro un paio di settimane compariranno le gemme e una meravigliosa fioritura avverrà proprio nei giorni di Natale.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA