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Procreazione assistita, in Sicilia è migliore

Procreazione assistita, in Sicilia è migliore ma costa troppo: quattro su dieci in fuga

In Lombardia ticket di 36 euro, nell’Isola u ciclo si paga 3mila euro

Di Rossella Jannello |

Catania. «È un paradosso – uno dei tanti – della Sanità siciliana. Il posto dove si registra per la Pma, la procreazione medicalmente assistita, il tasso più alto di «turismo sanitario», ma anche il tasso più alto di gravidanze rispetto ai cicli di fecondazione. Secondo l’ultima relazione del ministro Beatrice Lorenzin, a fronte di una media nazionale di 19,1% di gravidanze su cicli di Pma, in Sicilia la media schizza a 26,1%. Non è dunque il basso livello di successi, o la qualità dell’assistenza alla base della scelta di molte coppie siciliane di provare ad avere un bambino lontano da casa; il “motore” di questa scelta sembra essere invece squisitamente economico. In alcune regioni, come la Lombardia, a fronte di costi elevati, basta pagare un ticket di 36,15 euro e al resto pensa il rimborso di “mamma Regione”, qui bisogna spenderne circa 3mila.  

Un “pasticciaccio” tutto siciliano che si incastona nel pasticcio generale che riguarda le tecniche di Pma che non sono ancora entrare nei Lea, i livelli essenziali di assistenza. Insomma, è considerato una sorta di lusso e dunque non ci sono Drg (Diagnosis related group, cioè raggruppamento omogeneo di diagnosi) e non esiste n sistema di classificazione e finanziamento che comprenda esattamente i «passi» necessari per giungere al concepimento. Quindi, nessuna copertura specifica esiste per la Pma. Tuttavia, nel tempo, varie Regioni si sono attrezzate parcellizzando gli interventi come se non fosse un’unica sequenza e «piegandoli» al dettato di vari Prg, riuscendo così ad aggirare la mancanza. Non così la Sicilia.  

Ecco perché, secondo stime ufficiali del ministero risalenti al 2008, a fronte di una richiesta di di oltre 5mila cicli di Pma nella nostra Regione, in Sicilia se ne effettuano circa 3mila fra centri privati (la stragrande maggioranza) e pubblici. E il resto? «In Emilia Romagna (42,3%); la Toscana (36,2%); il Lazio (16,6%) e la Lombardia (18,9%) con un impatto non indifferente sui conti sanitari regionali». Il servizio sanitario regionale, insomma, a cose fatte, nel 64% dei casi è stato chiamato a sostenere impropriamente i costi dei Drg 365 o del Drg 359 o di entrambi. Mentre i pazienti pagavano soltanto i costi delle prescrizioni, «Adesso, in termini numerici – spiega il dott. Nino Guglielmino, direttore del Centro di riproduzione medicalmente assistita Hera e componente della Commissione regionale di monitoraggio della Pma in Sicilia – la mobilità sanitaria extraregionale è cresciuta ancora, ma i rimborsi si sono attenuati, soprattutto se richiesti in prospettiva. Ma è indubbio che nel tempo siano state erogate ingenti somme non dovute per prestazioni improprie. Un tema sul quale nel luglio scorso le associazioni di pazienti hanno fatto un esposto alla corte dei Conti regionale, ipotizzando un danno erariale.  

«Soprattutto – continua – a fronte della mancata definizione dei criteri di accesso alle tecniche di riproduzione assistita da parte dei pazienti siciliani». Una lunga storia questa cominciata ai tempi dell’assessore Massimo Russo (presidente Raffaele Lombardo) e continuata senza grosse novità fino ad ora. A Russo si deve la creazione di un network di centri pubblici e privati «dedicati» (attualmente 12, 6 pubblici e 6 privati fra Catania e Palermo) e la decisione di concedere un contributo alle coppie che avrebbero scelto la Pma in Sicilia. Contributo di mille euro a fronte di una tariffa minima di 3.178 euro imposta a tutti i centri siciliani.  

Non ci sono fasce di reddito e il contributo è limitato a 2000 cicli. Dopo, si va a tariffa intera. «Insomma – commenta il dott. Guglielmino – alle coppie conviene comunque recarsi fuori. E dire che la Regione, visto quanto spende, potrebbe tranquillamente dimezzare i costi e incentivare i pazienti a restare qui». Sui criteri di accesso alla Pma una decina di pazienti hanno presentato un ricorso, accolto dal Tar etneo venerdì scorso; fra breve si potrà leggere il dispositivo. «Quello che chiediamo all’attuale assessore alla Sanità – conclude Guglielmino – è un riordino dei criteri di accesso. Questa giungla danneggia tutti e soprattutto la Sicilia».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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