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Terme di Sciacca, dagli antichi greci all’abbandono: marcia su Palermo

Di Massimo Dantoni |

SCIACCA – Dalle proprietà taumaturgiche delle «stufe» di San Calogero, decantate anche dagli antichi greci, all’abbandono da parte della Regione e al degrado attuale con un patrimonio unico che rischia di andare irrimediabilmente perduto. E’ la storia delle Terme di Sciacca.

La marcia a piedi fino a Palermo annunciata oggi dal sindaco Francesca Valenti per protesta contro lo stallo in cui si trova lo stabilimento termale (di proprietà della Regione) arriva a 6 anni di distanza dalla chiusura del del Grand hotel e delle stufe vaporose, decisa dall’allora esecutivo guidato da Rosario Crocetta. Il motivo: le puntuali perdite economiche, che la Regione non poteva più coprire. Da quel momento in avanti sono stati diversi i tentativi dell’assessorato all’Economia di individuare un imprenditore privato a cui affidare i beni in concessione, attraverso bandi pubblici che, tuttavia, sono andati regolarmente deserti.

Recentemente, nel tentativo di rilanciare le Terme di Sciacca e anche quelle di Acireale, Nello Musumeci ha provato a coinvolgere l’Inail, nella speranza di riuscire a promuovere un investimento sul patrimonio termale.

Le Terme di Sciacca nel corso degli anni, soprattutto grazie alla convenzione (poi soppressa) con il Servizio Sanitario Nazionale, hanno infatti rappresentato uno dei siti più frequentati in tutta Italia per le cure termali anche per le sue naturali acque salso-bromo-iodiche e l’unicità delle stufe vaporose che si trovano nelle grotte naturali del Monte Kronio (o San Calogero).

E’ una storia millenaria, quella delle Terme di Sciacca, che si associa a quella della stessa città, affondando le radici addirittura al tempo dei greci, quando (secondo la leggenda) il mitologico Dedalo sperimentò per primo le qualità terapeutiche delle grotte vaporose di San Calogero. Fu negli anni Trenta del ventesimo secolo che gli stessi cittadini di Sciacca finanziarono la realizzazione dello stabilimento per le cure attraverso la sottoscrizione di un azionariato popolare. Ne scaturì una gestione pubblica delle Terme in capo al comune.

Tuttavia, nel 1954 la Regione siciliana avocò a sé sia quel patrimonio, sia quello delle Terme di Acireale, creando così due aziende regionali, anche se i rispettivi bilanci potevano essere approvati grazie a contributi pubblici «a pareggio», che da un certo momento in poi (anche per le norme europee) sarebbero finiti. Trascorreranno cinquant’anni prima che, alla fine del 2004, il patrimonio confluisse all’interno di una società per azioni, ritenendo che fosse quella la strada per permettere alla Regione di porre fine alla funzione imprenditoriale. Eppure, 17 anni dopo la «Terme di Sciacca Spa» esiste ancora, sia pure con una liquidazione tuttora in corso, gestita dal funzionario della Regione Carlo Turriciano.

Il resto è storia recente, quella che ha visto le ultime due amministrazioni comunali cercare di convincere la Regione a intervenire per far ripartire le Terme, in un’ottica più moderna, quella dove alle funzioni terapeutiche si possano associare quelle del fitness e del turismo del benessere. Ma 6 anni di chiusura nel frattempo hanno visibilmente degradato il patrimonio, fatto anche di un parco pubblico e di piscine con acqua sulfuree, tuttora abbandonate al loro destino. Alla “marcia» della città a Palermo in programma a partire da martedì prossimo la comunità affida le sue residue speranze di ripartenza.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA