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Gli alleati impresentabili  di Meloni e Salvini  in Europa

Di Salvo Andò |

Sembra che la Meloni sia alle prese con crescenti difficoltà in Europa, una volta fallito il tentativo di intestarsi la creazione di una destra europea, in grado di mettere insieme Ppe e partiti conservatori. Il suo progetto è fallito a causa delle resistenze opposte dai popolari. Era del resto prevedibile che i popolari non avrebbero mai ripudiato  l’eredità  politica dei padri del popolarismo europeo –  personalità come Adenauer, Schuman, De Gasperi, padri fondatori dell’Ue – per creare un’aggregazione politica dall’incerta cultura liberal-democratica e tendenzialmente euroscettica.

La Meloni, venuto meno il progetto a cui lavorava da tempo, sta cercando adesso di trovare nuovi interlocutori politici che possano sottrarla ad una paralizzante solitudine. Ha riscoperto tante affinità culturali con Orban, il leader antieuropeista che predica la democrazia illiberale e, soprattutto, manifestato nei confronti dell’Ue atteggiamenti di disincanto che sembravano definitivamente dismessi. Si tratta di un posizionamento all’interno dell’Ue che potrebbe portarla a condividere le ingenerose critiche mosse all’Europa dai regimi che hanno dato vita al gruppo di Visegrad, che hanno scelto di entrare in Europa perché costretti dallo stato di necessità più che dalla volontà di fare i conti, una volta per tutte, con un passato politico caratterizzato dalla negazione di ogni libertà politica.

Non si comprende bene, considerato l’impianto valoriale del processo di integrazione, quali affinità vi possano essere tra questi regimi e un Paese, come l’Italia,  fondatore dell’Unione Europea sin dal 1951.

Inoltre, questi autocrati antieuropeisti manifestano un incondizionato sostegno al regime di Putin, da cui la Meloni meritoriamente ha preso le distanze, solidarizzando con la resistenza Ucraina e condividendo le scelte fatte dall’Ue, anche in polemica con i putiniani italiani.

C’è anche da considerare che alcuni Paesi del gruppo di Visegrad hanno condiviso le posizioni antiitaliane espresse In Europa dai falchi del rigore, ritenendo l’Italia inaffidabile, sul piano di una rigorosa gestione dei conti pubblici e, quindi, non meritevole degli aiuti cospicui ad essa destinati.

Tenuto conto di ciò, non pare saggio, da parte della Meloni, competere con Salvini sul terreno dell’antieuropeismo. Il leader del Carroccio non ha nulla da perdere intestandosi la crociala contro Bruxelles. Non gode di grande considerazione a livello internazionale. La Meloni, invece, ha molto da perdere. Non pare che l’euroscetticismo possa risultare utile per acquisire consensi, soprattutto tra gli elettori che rifiutano la radicalizzazione del conflitto politico. Salvini ormai rappresenta il vero leader della destra pura e dura ed è in competizione con la Meloni, accusata di essere tiepida nell’offensiva anti europeista, di interpretare, insomma, i sentimenti di una destra governista, imborghesita e poco barricadera.

E’ questa un’ottima occasione, per la Meloni, per smarcarsi da Salvini.  In campagna elettorale Salvini porterà in giro la Le Pen, presentata come campione della destra decisa di mandare all’aria il processo di integrazione. Si tratta ormai di un Carroccio molto diverso da quello creato da Bossi, il quale spiegava spesso, parlando della natura del suo partito, che la Lega non ha nulla a che vedere con il fascistume. Ed è significativo che stiano adesso  emergendo all’interno del partito segnali di insofferenza  verso lo  smarrimento identitario subito dalla Lega. La Meloni non imiti Salvini contrapponendo alla Le Pen postfascista Orban. 

Una cosa pare certa. La premie ha avuto un’apertura di credito in Europa assai ampia sin dall’inizio del suo mandato. Non sarebbe certo lungimirante perdere tanta  fiducia per fare la concorrenza a Salvini sul terreno di un  antieuropeismo rozzo e demagogico.

La  nostra politica estera  pare ondivaga. L’Italia è l’unico Paese dell’area euro che non ha ancora ratificato il Mes. La Meloni ha spiegato ai  suoi partner europei che in Parlamento non ci sono i numeri necessari per la ratifica. Ma un governo che invoca la comprensione dei propri interlocutori europei per giustificare la fragilità  della maggioranza che lo sostiene inevitabilmente è destinato  a contare sempre meno all’interno dell’Ue. Evocare congiure contro l’Italia ordite da perfidi alleati europei, è controproducente. Ed è anche  smentito dai fatti, se si considera che personalità politiche italiane, che sono state ai vertici della Repubblica, come Draghi e Letta, proprio in questi giorni sono candidati ad assolvere ad  importanti incarichi, su designazione della Commissione europea perché apprezzati per la loro competenza e autorevolezza.

L’Italia può essere protagonista, insieme ai grandi Paesi europei, del  rilancio del processo di integrazione, destinato a fare dell’Europa un attore globale. E’ difficile, però, che ciò possa accadere se  i maggiori partiti di governo porteranno  in giro nelle nostre piazze personaggi come Le Pen e Orban.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA