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L'ANALISI

Gli stupri, i carnefici, le vittime e le radici del male: toglietegli l’Internet

Sarà un’utopica lotta contro i mulini a vento della modernità, molto poco politically correct: ma la bestialità dei social...

Di Mario Barresi |

Proprio quando il New York Times ci impartisce l’ennesima lezioncina (gli stupri di Caivano e Palermo hanno «evidenziato fratture culturali» in Italia: grazie della notizia) e il governo Meloni fa il duro a Parco Verde con un blitz tanto plateale nella forma quanto irrito nella sostanza (denunciati tre contrabbandieri di sigarette; i camorristi doc avevano già capito che non è più aria), si rischia di perdere il senso della realtà.

Il vortice di violenza sulle donne (nel 2023 un femminicidio ogni tre giorni) trascina con sé altri due temi delicati: le periferie abbandonate e la peggio gioventù. Il caso più emblematico è lo stupro del branco di Palermo. Sessismo-degrado-devianza: un triangolo nero che si autoalimenta succhiando da web e social. È dai siti liberamente consultabili dai bimbi delle elementari (per colpa dei genitori) che s’apprende come “sette contro una” sia un’opzione porno prima che una barbarie; è in chat che, con la vittima ancora a terra a implorare pietà, in tempo reale si viralizzano i video dell’“impresa”.

A tutti i livelli

Ed è qui che bisogna intervenire. A tutti i livelli. La ragazza di Palermo, la cui identità è stata preservata da (quasi) tutti i media, continua a esprimere la sua rabbia su Instagram, a favore di qualche migliaio di follower fra cui molti giornalisti. E le sue dirette si diffondono, in un “inoltra” talvolta perverso, fino a farla diventare una social star.

Intendiamoci: il coraggio della sua denuncia è un esempio per tutte e poi ha il pieno diritto di parlare come e dove vuole. L’ha fatto in tv con la lettera aperta a “Zona Bianca” e sarebbe libera di andare pure nel salotto di Barbara D’Urso, se non l’avessero smontato. È stata già trasferita in una casa rifugio, per tutelarla da gesti estremi, ma questa vittima ha bisogno di un altro livello di protezione. Anche da se stessa, se necessario, per evitare di essere violentata di nuovo dalla bestialità dei social. Perché le radici del male sono anche lì.

Sarà un’utopica lotta contro i mulini a vento della modernità, molto poco politically correct: ma ora è tempo di “toglietegli l’internet”. A chi può far male agli altri e a sé. A chi non sa usare strumenti dagli effetti diabolici. Quindi pure a qualche politico bimbominkia che straparla.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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