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Sentenza Cucchi, per la sorella Ilaria il baciamano di un carabiniere

Di Redazione |

ROMA – Le scuse alla fine di questa brutta storia di processi e dolore infinito sono arrivate. E sono arrivate proprio da un carabiniere, un uomo dell’Arma che ha imparato a conoscere la famiglia Cucchi in tutti questi anni di calvario giudiziario e umano. Così dopo che la corte ha pronunciato la pesante condanna a 12 anni per i carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, lui, carabiniere, non ci ha pensato molto e ha fatto quello che l’emozione gli dettava: è andato da Ilaria e le ha fatto il baciamano. Un baciamano che plasticamente è la “riparazione” per anni di indagini a vuoto che oggi sembrano riscattarsi in questa sentenza.

«L’ho fatto perchè finalmente dopo tutti questi anni è stata fatta giustizia», dice commosso mentre, in divisa, accompagna i genitori di Stefano, Rita e Giovanni, fuori dall’aula di Rebibbia. «Chi sbaglia paga e doppiamente se porti la divisa», dice asciutto rivendicando i venti anni nell’Arma, esattamente metà della sua vita. Da oltre tre anni è in servizio a Piazzale Clodio e ha assistito spesso ai tanti processi sulla morte di Stefano. A Palazzo di Giustizia e a Rebibbia. Così ha conosciuto la famiglia Cucchi e il loro dolore. «Ho assistito ai dibattimenti, a tutti quelli qui a Rebibbia, porto la divisa da venti anni e da tre anni e mezzo sono in servizio all’aula bunker. Mi sento in colpa per l’Arma ed è stata una forma di scusa, quei carabinieri condannati hanno infangato duecento anni di storia», dice tutto d’un fiato quasi volesse togliersi un peso. L’unica parola che scandisce è pero “scusa”, e lo fa sistemandosi gli occhiali, quasi a tradire un’emozione evidente.

E’ un storia anche di carabinieri quella di Stefano Cucchi, ma anche di carabinieri che con la loro volontà hanno voluto la verità. Come Francesco Tedesco, il primo a parlare del pestaggio in aula e a rompere il muro di omertà. Oggi è stato condannato a due anni e sei mesi per il falso ma assolto per l’omicidio. Anche lui si è tolto un peso. Anche lui durante il processo ha cercato un contatto con Ilaria stringendole la mano. “E’ finito un incubo”, ha detto oggi dopo la sentenza andando subito via. E anche il comandante generale dell’Arma, Giovanni Nistri, ha voluto esprimere «il dolore che oggi è ancora più intenso» dopo la sentenza «che definisce le responsabilità di alcuni carabinieri venuti meno al loro dovere, con ciò disattendendo i valori fondanti dell’Istituzione». «Sono valori a cui si ispira l’agire di 108mila carabinieri che, con sacrificio e impegno quotidiani, operano per garantire i diritti e la sicurezza dei cittadini, spesso mettendo a rischio la propria vita, come purtroppo testimoniano anche le cronache più recenti», conclude il comandante generale dell’Arma. Tra quei 108 anche chi ha rotto l’omertà e chi si è scusato con Ilaria.  COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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